E se ‘reinventassimo’ il fuoco anche in Italia?

Quali sono gli insegnamenti e le analisi di Amory Lovins, tracciate nel suo libro "Reinventare il fuoco", che potrebbero essere trasferite in Italia e nella nostra politica economica, energetica e industriale, dove mancano strategie di lungo periodo? Alcune riflessioni di Gianni Silvestrini presentate nella seconda parte dell'introduzione.

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Abbiamo presentato ieri il nuovo libro di Amory Lovins “Reinventare il fuoco” (Edizioni Ambiente), con l’ausilio di una parte dell’introduzione di Gianni Silvestrini. Sempre nella stessa introduzione il direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia prova a trasferire l’approccio di Lovins al nostro contesto. Pubblichiamo qui questo intervento che intende dimostrare quanto sia ormai impellente avere una capacità di visione di lungo periodo pragmatica in tutti i campi dell’attività umana a partire dalla politica, così come dal mondo degli affari.

… Può essere utile, a questo punto, riflettere sulla trasferibilità dell’approccio di Lovins nel nostro contesto.

Alcuni elementi sembrano facilitare la transizione. Non abbiamo un potere centrale ostile o indifferente come in molte occasioni è stato il Congresso degli USA, ma al contrario operiamo in una comunità allargata molto attiva. L’Europa, già protagonista del Protocollo di Kyoto, ha infatti fissato autonomamente propri obiettivi di riduzione al 2020 e per la metà del secolo prevede la totale decarbonizzazione della produzione elettrica. Vengono dalla UE gli impegni vincolanti sulle rinnovabili, il taglio delle emissioni di CO2 per le automobili, la previsione di nuovi edifici a consumo energetico “quasi zero”.

Se l’Unione Europea rappresenta un importante stimolo, la situazione diventa meno esaltante su scala nazionale. Da noi è infatti finora mancata – con significative eccezioni – una visione di lungo periodo sia da parte del mondo delle imprese che di quello politico.

La lettura di contributi come quello di Lovins può quindi essere molto utile per far intravvedere che un altro futuro è indispensabile se non si vuole rimanere schiacciati dalle rovine del sistema esistente.

Caliamo alcune suggestioni del libro nella nostra realtà.

Partiamo dai trasporti, un settore nel quale scontiamo una monocultura, quella dell’auto, in forte difficoltà, e una struttura di mobilità collettiva debole e inadeguata.

La produzione di autoveicoli si è dimezzata in Italia dalla fine degli anni 90 a oggi, passando da 1,8 milioni di autovetture a 840.000.  E inizia a scricchiolare anche lo stesso uso dell’auto. Lo scorso anno i consumi di benzina e gasolio si sono ridotti dell’1,3% e secondo l’ultimo rapporto Censis-Aci negli ultimi tre anni si è registrato un calo netto dell’impiego dell’auto dell’8%. Crollano le vendite di autoveicoli: -9% nel 2010, -11% nel 2011, -21% nei primi tre mesi di quest’anno. È il modello italiano di mobilità, basato sul trasporto individuale motorizzato, a essere più esposto agli aumenti del prezzo dei carburanti e ad andare in crisi.

Sul fronte della produzione, la nostra industria è storicamente assente dai modelli elettrici. Marchionne ha recentemente affidato a un twit la notizia che la Chrysler inizierà a produrre entro la fine del 2012 una versione elettrica della FIAT 500. Naturalmente negli stabilimenti del Michigan e non a Termini Imerese….

Eppure, la mobilità elettrica potrebbe ridurre la dipendenza dal petrolio e contribuire alla stabilizzazione della rete a fronte della rapida diffusione delle rinnovabili non programmabili (23.000 MW solari ed eolici previsti alla fine del 2012). La competitività di questi veicoli sarà peraltro più facilmente raggiungibile in Italia, con costi della benzina doppi rispetto agli USA. Se, come probabile, i modelli elettrici e ibridi si imporranno, l’industria italiana sarà costretta a rincorrere.

Oltre a ripensare tecnologie e modelli, vanno esplorate nuove strade. In un periodo di crisi vanno sostenute anche le soluzioni soft che costano poco e portano lavoro. Prendiamo il car sharing. Secondo l’Aci, l’11% dei cittadini è interessato a utilizzare questo servizio che per Frost&Sullivan rappresenterà nel 2016 in Europa un business di 2,6 miliardi di euro con 5,5 milioni di utilizzatori. Ogni veicolo  sostituisce da 5 a 15 auto: si liberano spazi nelle strade e si riducono i consumi di carburante.

In Italia il servizio di car sharing, che coinvolge per ora solo 12 città, potrebbe essere fortemente potenziato dando reddito e occupazione. Inizia a prendere piede anche il bike sharing. Insomma, alternative al possesso dell’auto, poco costose, che potrebbero espandersi rapidamente in presenza di decisi segnali di attenzione dalle istituzioni.

Sul fronte della mobilità quindi si nota un’opacità di strategie innovative del costruttore nazionale e un grande potenziale di soluzioni soft di mobilità.

Passiamo ad altro settore in crisi, quello dell’edilizia che è entrato nel sesto anno di recessione, con investimenti calati del 21% tra il 2007 e il 2011. In realtà, il comparto presenta dinamiche molto differenziate. La riqualificazione degli edifici infatti cresce, attenuando la crisi. I miliardi investiti nella ristrutturazione del settore residenziale lo scorso anno sono stati il doppio rispetto a quelli per la nuova edilizia. Se a questi si aggiungono gli investimenti nel fotovoltaico sugli edifici, da soli nel 2011 superiori a quelli destinati al nuovo residenziale, si comprende come stia rapidamente cambiando la fisionomia del mondo delle costruzioni.

Da un lato, le caratteristiche del nostro parco – con il 55% degli edifici realizzati più di 40 anni fa, percentuale che arriva al 76% nelle aree metropolitane – evidenziano gli enormi spazi per la riqualificazione energetica. È stato calcolato che questo processo consentirebbe di sfruttare un giacimento di risparmio energetico analogo per dimensioni agli 8 miliardi di metri cubi di gas naturale estratti annualmente nel nostro Paese.

Per quanto riguarda la nuove costruzioni, l’intero settore edile subirà una radicale trasformazione per essere pronto alla sfida europea che prevede dal 2021  prestazioni “nearly zero energy”.

Dunque, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili rappresenteranno due potenti driver per dare respiro e prospettive al settore dell’edilizia.

E veniamo al comparto industriale, per il quale sono molto gli spunti utili contenuti in “Reinventare il fuoco”.  L’intensità energetica di questo settore, stazionaria tra il 1990 e il 2003, ha visto segnali positivi solo negli ultimi anni. Esistono però ancora notevoli margini di miglioramento. L’evoluzione dello schema dell’Emissions Trading stimolerà interventi in questa direzione e la Direttiva europea sull’efficienza energetica imporrà un’ulteriore riduzione dei consumi.

Ma, soprattutto, la nostra industria deve saper annusare il vento e posizionarsi sui nuovi fronti che si stanno aprendo. La rivoluzione energetica che si è avviata richiede infatti una molteplicità di tecnologie innovative e la disponibilità di servizi al momento inesistenti. Prospettive interessanti per il comparto manifatturiero, molto forte nel nostro Paese.

L’attuale crisi può rappresentare un’occasione per abbandonare schemi obsoleti e aprirsi verso soluzioni nuove che possono riguardare interi settori.

Prendiamo la petrolchimica, in grave difficoltà per la concorrenza internazionale dei Paesi asiatici e di quelli arabi. L’unica alternativa alla chiusura viene dalla reinvenzione di una chimica in grado di competere su piani diversi. 

“Quando il vento soffia forte c’è chi si nasconde dietro un muro e chi costruisce mulini a vento” dice un antico proverbio cinese. Un esempio che prefigura l’invenzione di nuovi futuri viene da un accordo tra Eni e Novamont. A Porto Torres verranno chiusi impianti senza mercato, verrà bonificata l’area e avviata la prima bioraffineria al mondo per produrre monomeri per bioplastiche e oli lubrificanti a base vegetale sfruttando la spremitura dei semi di cardo. Nel 2013 si avvierà nelle aree vicine all’impianto la coltivazione di cardo sui primi 6mila ettari migliorando le prospettive economiche degli agricoltori del luogo. Un esempio positivo che potrebbe essere replicato in altre aree chimiche in crisi.

E passiamo infine a un comparto nel quale la rivoluzione invece è già in atto, quello della produzione elettrica. Due degli scenari elettrici analizzati in “Reinventare il fuoco”, quelli con il nucleare e con il carbone, hanno poca rilevanza nel contesto italiano. La corsa verso le rinnovabili appare la più plausibile, anche per la spinta dell’Europa. E la presenza di una forte capacità di impianti a ciclo combinato a gas rappresenta una sponda efficace alla crescita verde, grazie alla rapidità di risposta alle richieste della rete di queste centrali.

Negli ultimi 5 anni l’elettricità da rinnovabili italiana è  passata dal 16% al 26% dei consumi. Quest’anno il solo fotovoltaico coprirà oltre il 6% della domanda elettrica.  Un cambiamento che impone agli operatori tradizionali, in difficoltà per questa inaspettata esplosione,  un ripensamento delle strategie.

Lo sviluppo delle rinnovabili, unito alla stagnazione della domanda, sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali, mettendone a rischio la possibilità di rimanere in esercizio” ha dichiarato recentemente il presidente dell’Enel Andrea Colombo.

Le compagnie elettriche rischiano di essere spiazzate dalla rapidità della trasformazione del mercato che indebolisce la loro posizione dominante. Per mantenere un ruolo significativo dovranno diversificare le attività. Verrà premiata la capacità di interagire con la generazione rinnovabile. Potranno entrare nel mercato delle smart grid e degli accumuli. E naturalmente potranno avere uno spazio nella diffusione delle tecnologie verdi.

Una cosa però è certa: il peso dei grandi gruppi, a iniziare dall’Enel, è destinato a diminuire. Almeno 350.000 impianti che utilizzano sole, vento, biomasse e acqua sono di proprietà di singoli cittadini, imprese, enti locali e la quota è destinata a crescere. Il fatto che per alcune tecnologie, come il fotovoltaico, si avvicini rapidamente la grid parity consentendo una diffusione senza incentivi apre infatti scenari molto interessanti. Una democratizzazione del sistema di produzione che si sposa con l’aumento della sicurezza e la competitività del Paese.

Come si vede, tutti i nostri comparti sono in evoluzione. Si potranno cogliere le opportunità offerte dalla rivoluzione che è partita, oppure esserne travolti. Nella nostra difficile situazione, la lettura dello splendido “Reinventare il fuoco” potrà offrire interessanti spunti che spaziano dalle nuove politiche da attivare al sistema elettrico da reinventare, dalle strategie industriali da reindirizzare al comparto edilizio da trasformare. Soprattutto, ci aiuterà a elaborare visioni di possibili futuri, l’elemento che forse più manca al nostro Paese.

 

Reinventare il fuoco. Soluzioni vincenti per il business della nuova era energetica, di Amory B. Lovins (pp. 352, 28 €, ISBN 978-88-6627-031-7). Il volume si può richiedere a Edizioni Ambiente.

I Soci di Kyoto Club, in regola con le quote associative, potranno fare richiesta gratuita della pubblicazione scrivendo a: [email protected]

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