Decreto rinnovabili termiche, in arrivo con modifiche

L'attesissimo decreto sugli incentivi alle rinnovabili termiche arriverà a brevissimo, “entro fine settembre, primi di ottobre” e vi si stanno apportando modifiche sui punti critici. Lo anticipa a Qualenergia.it Enrico Bonacci del Ministero per lo Sviluppo Economico, con il quale abbiamo parlato della misura e dei suoi aspetti più controversi.

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Anche nella recente bozza di Strategia Energetica Nazionale, le rinnovabili termiche e l’efficienza energetica sono definite come prioritarie in una contrapposizione, secondo alcuni artificiosa, con le elettriche. Eppure, mentre i tagli e i freni al fotovoltaico e alle altre elettriche si sono già concretizzati, con effetti pesantissimi, le termiche ancora attendono un decreto che stabilisca come incentivarle; decreto che tarda da quasi un anno e che, per come sta prendendo forma, sembra deludere il settore. Ai margini di un convegno sull’argomento nell’ambito di ZeroEmission 2012 a Roma, abbiamo aaaaabbia chiesto notizie a Enrico Bonacci che al Ministero per lo Sviluppo economico si occupa proprio delle misure per promuovere le rinnovabili termiche e l’efficienza energetica.

Dottor Bonacci, iniziamo con la domanda che tutti si stanno facendo: il decreto doveva essere emanato a fine settembre 2011, la primavera scorsa sono circolate diverse bozze e si diceva che sarebbe stato pronto a breve, quando arriverà e perché questo ritardo?

Il decreto dovrebbe vedere la luce a brevissimo: entro il mese di settembre o ai primi di ottobre. Le difficoltà sono state legate alla sovrapposizione di questo meccanismo con le detrazioni fiscali del 55% per l’efficienza energetica. Nella visione del MiSE questo dovrebbe essere l’unico strumento a occuparsi delle rinnovabili termiche di piccola taglia, attualmente incentivate anche con le detrazioni fiscali.

Stando alla bozza diffusa a fine giugno (Qualenergia.it, Il decreto rinnovabili termiche prende forma, ndr), il supporto alle termiche che si delinea sembra deludere gli operatori del settore. Molte tecnologie non sarebbero incentivate a sufficienza. Per fare l’esempio del solare termico si passerebbe da un incentivo che copriva il 55% dell’investimento a uno che, con le tariffe attualmente proposte, ne coprirebbe appena il 25-35% (si veda qui, ndr), stando ai calcoli di Assolterm, l’associazione italiana del solare termico.

Abbiamo modulato gli incentivi leggermente al ribasso rispetto al 55% perché va considerato che il conto energia termico ha il vantaggio di erogare l’incentivo – a seconda della tecnologia – in 2-5 anni, laddove la detrazione è spalmata su 10 anni. Il tempo di rientro dell’investimento si riduce così notevolmente. Riavere il 45-50% della spesa in 2 anni, a mio parere, è assolutamente competitivo rispetto a vedersi restituire il 55% in 10 anni.

C’è una possibilità che nella versione finale vengano rimodulate sia le tariffe per le varie tecnologie che il tetto di spesa complessivo di 700 milioni di euro,che, secondo le associazioni, è troppo limitato, generando incertezza e freno al mercato?

È assolutamente possibile, dato che le concertazioni con gli altri ministeri sono ancora aperte. Il tetto di spesa è calibrato sull’espansione del mercato di queste tecnologie e non vuole essere un tetto di spesa limitante, bensì una cautela per evitare che la pressione sulle bollette del gas sia troppo alta.

Altra critica che abbiamo raccolto sul decreto, per come sta prendendo forma, è quella sulle tabelle. Il fatto che si incentivino gli impianti per classi di taglie anziché in proporzione all’energia prodotta rischia di generare distorsioni. Per fare un esempio: dato che un impianto di solare termico da 1 mq e uno da 5 mq, che presentano costi nettamente diversi, riceverebbero la stessa entità di incentivo, c’è il rischio che chi dovrà dimensionare gli impianti si preoccupi meno dei reali fabbisogni energetici e più della taglia dell’impianto che riceverebbe un maggior incentivo con la minor spesa.

Sicuramente questo aspetto andrà ritoccato e pesato molto bene, perché il problema esiste. Inizialmente eravamo partiti con un modello di calcolo continuo, basato su formule diverse per ogni tecnologia, siamo passati poi a un sistema discreto, cioè a tabelle, per una questione di semplificazione e di fruibilità della misura. È chiaro che bisogna cercare un compromesso tra semplicità ed efficacia, abbiamo ricevuto le segnalazioni delle associazioni e ci stiamo lavorando.

Torniamo alla sovrapposizione con le detrazioni del 55%. Come ci hanno fatto notare da Assotermica (Qualenergia.it, Le rinnovabili termiche tra decreto, obblighi e detrazioni, ndr), si rischia di avere trattamenti diversi per la stessa tecnologia a seconda se colui che richiede l’incentivo sia un privato o un ente pubblico: nel caso di una caldaia a condensazione, nel pubblico ci sarà un Conto Energia termico su 5 anni, nel privato resterà la detrazione del 55% prorogata solo per i primi 6 mesi del 2013 e con detrazioni spalmate in 10 anni. Come rimediare?

Sul 55% ci sono problematiche che andrebbero risolte. Andrebbe fatta una differenziazione tra i vari interventi e un’imposizione di costi specifici. Con il nuovo decreto introdurremo dei paletti alla spesa per renderla più coerente a quelli che sono i prezzi del mercato e questo dovrebbe essere accompagnato da analoghe modifiche sulle detrazioni fiscali.

Visto anche l’accenno che se ne fa nella bozza di Strategia Energetica Nazionale, dunque, possiamo attenderci a breve una riforma e una stabilizzazione delle detrazioni per l’efficienza energetica?

Noi lo auspichiamo, ma non possiamo fare previsioni. Dipende dalla copertura economica e dall’importanza che altri ministeri vorranno dare a questa misura.

Al momento però le detrazioni per l’efficienza energetica sembrano svuotate di senso, dato che saranno verosimilmente snobbate in favore delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie semplici, portate dal 36 al 50%. Avere innalzato gli sgravi per l’edilizia “normale” dal 36 al 50% significa che, a parità di spesa per lo Stato, si produrrà molto meno risparmio energetico. Qual è il senso di questa misura?

Noi come MiSE ci siamo sempre espressi sul fatto che una differenza così ridotta tra le due detrazioni avrebbe mortificato la promozione degli interventi di efficientamento energetico, che a fronte di un 5% di detrazione in più devono soddisfare requisiti molto più stringenti. Vedremo cosa succederà dopo il giugno 2013.

L’efficienza energetica e le rinnovabili termiche, se danno ovvi benefici ambientali ed economici per il sistema paese, da un altro punto di vista fanno anche un danno economico al bilancio statale: diminuiscono il consumo di gas e con esso le entrate dovute alle accise relative e alla partecipazioni statali nelle aziende energetiche come Eni. Al Ministero si valuta questo aspetto quando si decide quanto e come sostenere efficienza e rinnovabili?

Assolutamente sì. Nello specifico, per esempio, i soggetti interessati sono spinti a investire nel settore con interventi propri tramite il meccanismo dei certificati bianchi.

Restano comunque due interessi impossibili da conciliare: quello a promuovere l’efficienza energetica e quello a far sì che i consumi energetici non scendano troppo.

È chiaro. Diciamo che a livello europeo ci siamo impegnati a raggiungere certi obiettivi che sono ben noti da anni, noi cerchiamo di raggiungere questi obbiettivi facendo sì che l’impatto sia sopportabile per i grossi distributori.

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