Le rinnovabili termiche tra decreto, obblighi e detrazioni

Il decreto rinnovabili termiche, atteso da 9 mesi, inizia a prendere forma in bozza solo ora. A oggi per le rinnovabili termiche e l'efficienza energetica, tra Decreto Sviluppo e obblighi per i nuovi edifici, le misure non sembrano così soddisfacenti. Ne parliamo con Stefano Casandrini, responsabile del settore rinnovabili di Assotermica.

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Le rinnovabili termiche e l’efficienza energetica, a parità di spesa incentivante, sono molto più convenienti rispetto alle elettriche. Nelle audizioni dell’Autorità per l’Energia, come pure nei decreti ministeriali sulle rinnovabili elettriche, la questione ritorna spesso a galla. Eppure da quasi un anno il settore attende di avere un sistema incentivante che permetta di guardare avanti: il decreto sulle rinnovabili termiche, atteso da fine settembre 2011, inizia a prendere forma solo ora (Qualenergia.it, Prende forma il decreto rinnovabili termiche).

Nel frattempo per termiche ed efficienza arrivano novità non sempre positive: il recente Decreto Sviluppo svuota di senso le detrazioni del 55% (Qualenergia.it, Detrazioni del 55%, dove andremo a finire?) mentre l’obbligo di rinnovabili nei nuovi edifici, entrato in vigore il 31 maggio, non sembra convincere gli operatori (Qualenergia.it, I nodi irrisolti dell’obbligo rinnovabili negli edifici). Ne parliamo con Stefano Casandrini, responsabile del settore rinnovabili di Assotermica.

Il 31 maggio scorso è entrato in vigore l’obbligo di rinnovabili negli edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti. Come valutate l’efficacia della misura per lo sviluppo delle rinnovabili termiche?

Come sottolineava anche Giuliano Dall’O’ nell’intervista da voi pubblicata di recente, l’obbligo di rinnovabili ha come limite obiettivi forse troppo ambiziosi e dall’applicabilità non ben definita. Oltre a questo, io mi soffermerei però sul fatto che con la nuova normativa viene a mancare l’obbligo sugli edifici ristrutturati sotto ai 1.000 metri quadrati. Introdotta con il decreto 311/2006, è stata infatti spazzata via dal decreto Romani (da cui deriva l’obbligo entrato in vigore, ndr). Ci si è concentrati sui nuovi edifici, dando come giustificazione il fatto che da soli gli ambiziosi obblighi per i nuovi sarebbero bastati. Ma gli edifici nuovi in percentuale sono molto pochi e per di più restano spesso invenduti, non producendo in pratica nessun risparmio. Secondo noi sarebbe stato meglio avere obblighi meno ambiziosi, per esempio la copertura del 50% del fabbisogno per acqua calda sanitaria, ma validi per l’esistente.

Quali misure si potrebbero pensare per favorire interventi sull’edilizia esistente?

Oltre agli obblighi ci sarebbero altri meccanismi a costo zero per lo Stato. Per esempio, il terzo conto energia fotovoltaico prevedeva un bonus sulla tariffa incentivante per il FV se si facevano in parallelo interventi di efficientamento, come migliorare la coibentazione, installare un impianto di solare termico o una pompa di calore. Questo strumento è stato poi cancellato con il quarto conto energia e non se ne capisce il motivo, dato che produceva molti vantaggi: permetteva di accedere alla leva bancaria per realizzare gli interventi, dato che c’era la garanzia dell’incentivo al fotovoltaico e, per quel che riguarda il solare termico, da una parte evitava la cannibalizzazione dello spazio sui tetti da parte del FV, dall’altra riduceva i costi di installazione visto che i due impianti, il termico e il fotovoltaico, potevano essere montati contestualmente.

Ci sono poi le detrazioni fiscali del 55% per gli interventi di riqualificazionne energetica. Come sappiamo, con il Decreto Sviluppo vengono portate al 50% e confermate fino a giugno 2013, mentre contestualmente le detrazioni per le ristrutturazioni ordinarie salgono dal 36 al 50%.

Come avevano mostrato le simulazioni ministeriali mostrateci l’anno scorso, le detrazioni del 55% anche se spalmate su 5 anni non avrebbe comportato dissesti per le casse dello Stato. Ora non solo restano su 10 anni e confermate solo fino a giugno 2013, ma si sono uniformate alle detrazioni ordinarie, portate al 50%. Chiaramente ciò va a discapito dell’efficienza energetica perché, a parità di incentivo, i cittadini tendereranno a fare interventi che non richiedono di presentare certificazioni, puntando dunque sulle ristrutturazioni ordinarie anziché sulla riqualificazione energetica. Si sarebbe potuto almeno differenziare tra i due tipi di ristrutturazione permettendo di detrarre in 5 anni anziché in 10 le spese per l’efficienza energetica. Speriamo che la norma possa essere cambiata in tal senso.

Veniamo al decreto rinnovabili termiche per come sta prendendo forma: vi convince?

Il conto energia termico riempie un vuoto di incentivazione per il settore pubblico, che non aveva accesso alle detrazioni del 55%. Ma nella versione attuale ha diversi punti critici. Uno è il numero chiuso per le domande con il tetto di spesa annuo di 700 milioni di euro, che genera incertezza e frena il mercato. Un altro è la disparità di trattamento tra le tecnologie. Per esempio le pompe di calore a gas ed elettriche sono ammesse all’incentivo anche per i privati, mentre i generatori a condensazione solo per i soggetti pubblici. Per la stessa tecnologia in questo modo si hanno trattamenti assai diversi a seconda se colui che richiede l’incentivo sia un privato o un ente pubblico: nel caso di una caldaia a condensazione nel pubblico ci sarà un Conto Energia termico su 5 anni, nel privato resterà la detrazione IRPEF prorogata solo per i primi 6 mesi del 2013 e con detrazioni spalmate in 10 anni. Tornando all’obbligo di rinnovabili nei nuovi edifici, poi, gli incentivi in questione sono applicabili solo per la parte di produzione che eccede la quota obbligatoria: resta da capire come si potranno calcolare. Facile che per assolvere all’obbligo di rinnovabili nei nuovi edifici senza complicazioni molti preferiscano ricorrere al teleriscaldamento, che secondo la legge può anche non essere da rinnovabili.

Ritiene adeguato il livello di incentivazione proposto dalla versione attuale del decreto termiche?

No. Per esempio un sostegno di 2 anni per le pompe di calore è assolutamente insufficiente rispetto a un periodo di payback naturale per la tecnologia che senza incentivi si aggira sui 10-15 anni. Lo stesso dicasi degli incentivi che si stanno delinenando per il solare termico: l’incentivo è troppo basso e oltretutto un sistema da 1 mq e uno da 5 mq hanno lo stesso incentivo in valore assoluto, ma una resa ben diversa. Chiediamo di portare il valore incentivato almeno a 100 euro/mq all’anno per un periodo di 5 anni. Con il 55% il payback si riportava su livelli ragionevoli, ma un Conto Energia per i soli primi 2 anni con i livelli di remunerazione/incentivazione previsti è molto meno attrattivo. Peraltro un intervallo di remunerazione così breve non rende neppure attrattivo dal punto di vista finanziario l’appoggio dell’investimento da parte del settore bancario.

Quanto sono state coinvolte le associazioni del settore nella stesura del decreto? E secondo voi, quando sarà presentato?

Alcune idee incorporate nella versione attuale del decreto sulle rinnovabili termiche partono da esigenze sollevate ancora un anno fa da associazioni come la stessa Assotermica e Assolterm: permettere agli enti pubblici di realizzare impianti incentivati su edifici esistenti e avere un incentivo, il conto energia termico, che rendesse tecnologie come il solare termico attraenti come il fotovoltaico. Tutti i tecnici sanno che energeticamente il solare termico è molto più conveniente rispetto al FV, solo che il termico non dà direttamente un flusso di cassa, ma un risparmio in bolletta ed è dunque meno bancabile. Si trattava di correggere questo, cosa che però non è stata fatta nella versione attuale del decreto. Riguardo alla consultazione con le associazioni, dal ministero ci hanno risposto che verrà fatta quando si avrà una versione “quasi definitiva” del testo: una cosa che fa un po’ ridere. Se il testo è infatti già “quasi definitivo” la consultazione rischia di essere una pura formalità e i margini per chiedere modifiche molto scarsi. In circostanze analoghe abbiamo addirittura rifiutato di essere consultatati, per poterci appellare in seguito. Non è comunque questo il caso, poiché preferiamo vedere la parte mezza piena di questo bicchiere. Per quel che riguarda i tempi, dieci giorni fa lo si dava in arrivo entro 15 giorni, ma ho motivo di credere che si dovrà attendere ancora un po’. Credo che lo stiano ancora limando anche se i margini di modifica non dovrebbero essere così ampi.

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