Ricette anticrisi in concreto. Messaggio alla vecchia Europa

Sono soprattutto i Paesi extra europei che hanno buone performance sui mercati globali ad aver puntato da anni nello sviluppo e nella produzione delle tecnologie pulite e rinnovabili, come una parte importante della loro politica energetica, economica e industriale. Un report ci mostra la classifica di queste vendite in 25 Paesi.

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Dopo il fallimento di ogni tipo di accordo o compromesso internazionale sul clima a Rio, con una crisi che si fa più profonda e dalle conseguenze ancora imprevedibili, a cominciare da quelle sull’economia europea, vale la pena citare un recente rapporto di Roland Berger Strategy Consultants, commissionato dal WWF International, e intitolato ‘Clean economy, living planet’ (pdf), alla sua terza edizione. Questo report di 76 pagine classifica 25 Paesi in base alle vendite nel 2011 delle tecnologie energetiche pulite che essi producono. Il documento ci dice che è la Cina a guidare questa classifica, ma che i Paesi che stanno spingendo già da alcuni anni su questa strategia stanno trovando anche una ricetta valida per affrontare l’economia stagnante e la disoccupazione.

Lo studio riporta come, in termini di valore totale delle vendite di queste tecnologie, la Cina rappresenti il mercato più grande, seguita da Stati Uniti e Germania. In termini di vendite di tecnologia pulita, ponderate in base alle dimensioni dell’economia, si può invece notare che è la Danimarca al primo posto, seguita da Cina e Germania. Di contro, nella classifica totale delle vendite, gli Stati Uniti si sono classificati al 15° posto nella categoria ponderata. Nel complesso, mentre le vendite da parte dei produttori in molti Paesi dell’Asia e dell’America hanno continuato a crescere, l’industria europea ha mantenuto le vendite stabili o addirittura in calo.

“La volontà politica è ciò che separa i vincitori dai perdenti nell’economia pulita del futuro, ed è questo che la classifica dimostra – dice Mariagrazia Midulla, responsabile Clima e Energia del Wwf Italia – i loro Governi hanno investito e ora i vincitori stanno ricevendo vendite, posti di lavoro e tecnologia. L’Italia è un esempio paradigmatico: le energie rinnovabili sono una realtà che conta sempre di più, ma manca un piano industriale e una strategia energetica che ponderi scelte e rafforzi il ruolo della green economy nello sviluppo futuro. Invece di pensare a come attuare la transizione, da noi si cede alle pressioni delle lobby energetiche tradizionali, e con la politica del ‘sor Tentenna’ non si arriva da nessuna parte”. Anche se da noi per esempio il Governo Monti sembra piuttosto e maldestramente volitivo: basterebbe pensare alla sua posizione sugli incentivi alle rinnovabili e all’efficienza energetica da una parte, e alla liberatoria per le trivellazioni alla ricerca degli idrocarburi, dall’altra.

I primi cinque Paesi in più rapida crescita di produzione per il 2010-2011 sono stati Taiwan (+36%), Cina (+29%), India (+19%), Corea del Sud (+19%) e Stati Uniti (+17%).
Interessante il profilo della Corea del Sud che inizia a raccogliere i frutti della sua strategia ‘low carbon’ della crescita nazionale lanciata da Lee Myung-Bak nel 2008, anche come parte di un pacchetto di salvataggio finanziario. Secondo il rapporto la Corea del Sud ha designato le tecnologie pulite come motore per la crescita successiva, un pacchetto che comprende ricerca e sviluppo e obiettivi in materia di uso di energie rinnovabili ed efficienza energetica.

L’analisi rileva che nel 2011 le vendite globali del settore delle tecnologie pulite sono aumentate del 10% arrivando a quasi 200 miliardi di euro. Tuttavia, rispetto al 2010, del 2011 la crescita del valore delle vendite è molto meno equamente distribuita tra i Paesi. Entro il 2015 il settore dovrebbe rivaleggiare con il petrolio e il mercato del gas, quando la dimensione del mercato previsto potrà essere compresa tra i 240 e 290 miliardi di euro.

I Paesi che guadagnano una posizione forte nella produzione di tecnologie pulite oggi hanno la prospettiva migliore di capitalizzare la forte crescita prevista nel futuro. In effetti, si legge nello studio, “i Paesi che stanno registrando buone performance sui mercati globali hanno capito che la tecnologia pulita è una parte importante della loro politica energetica, economica e industriale. Queste nazioni stanno sostenendo il settore delle tecnologie energetiche pulite a lungo termine, politiche che generano gli investimenti ecologici. Incentivano i settori giusti e ora stanno raccogliendone i frutti”.

Anche se la transizione verso un sistema energetico più pulito non potrà essere l’unica soluzione per un pianeta con 7 miliardi di essere umani, ma servirà anche un radicale cambiamento sempre più diffuso del modello di sviluppo, sappiamo che esaurimento delle risorse, cambiamenti climatici e ripetute crisi economiche saranno quei fattori che interagiranno tra loro e influenzeranno profondamente e negativamente la nostra esistenza. Procedere con le teorie e le strategie del passato non potrà portarci a nulla di positivo. Purtroppo vecchi pensieri (unici) sono ancora all’opera in Europa e nel nostro Paese. E questo non ci fa ben sperare, ma è anche quello che dovrebbe spingere l’opinione pubblica a chiedere di cambiare le attuali classi dirigenti con altre caratterizzate da una moderna sensibilità alla vera sostenibilità ambientale ed economica.

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