I conti “truccati” delle emissioni cinesi

La quantità di gas serra che il mondo produce potrebbe essere molto più grande di quel che si pensava. Non solo gli ultimi dati rivedono il conteggio al rialzo, ma a questo si dovrebbe aggiungere la sottostima sistematica delle emissioni da parte cinese: manca all'appello un quantitativo di emissioni pari a quelle di tutta l'Africa.

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Mentre sul fronte dei negoziati per il clima, l’ultimo capitolo scritto a Rio+20 si è concluso con molte belle parole e nessun impegno concreto, arrivano brutte notizie sul fronte del conteggio delle emissioni. La quantità di gas serra che il mondo produce potrebbe essere molto più elevata di quel che si pensava. Due sono le notizie che lo fanno pensare. Una è che secondo gli ultimi dati forniti dall’agenzia per l’energia USA (EIA), il totale delle emissioni mondiali di CO2 sarebbe superiore di oltre 1,2 miliardi di tonnellate a quanto finora stimato dall’Agenzia internazionale per l’Energia (IEA). L’altra notizia – che renderebbe ancora più grande la sottostima – è che il principale emettitore mondiale, la Cina, finora avrebbe fornito dati sistematicamente e significativamente sbagliati per difetto.

Partiamo dai nuovi numeri forniti dall’Agenzia per l’energia USA: nel 2010 (ultimo anno per cui i dati sono disponibili) le emissioni sono state di 31,8 miliardi di tonnellate di CO2, e non di 30,6 come riportato dalla IEA. Dal 1992 le emissioni, dunque, sono cresciute del 48% e dal 2009 al 2010 sono aumentate del 6,7%, nonostante la crisi economica mondiale.

A questo si aggiunga l’inquietante scoperta sulla Cina presentata in un recente studio pubblicato su Nature. I conti del gigante asiatico, che da solo pesa per un quarto delle emissioni mondiali, sembra infatti siano sbagliati per difetto e non di poco. Nei dati ufficiali cinesi, secondo lo studio, mancano all’appello 1,4 miliardi di tonnellate di CO2. Per dare un’idea, è un volume pari circa al quantitativo di emissioni del quarto emettitore mondiale, il Giappone, o alla somma di quanto emettono tutti gli Stati africani.

A non tornare nei conti cinesi è la differenza, specialmente sulle emissioni del termoelettrico, tra i dati forniti a livello centrale e la somma di quelli che vengono dalle varie province. Se i dati dell’agenzia per l’energia USA ci dicono che la Cina nel 2010 ha emesso 8,3 miliardi di tonnellate di CO2 (il 15% in più dell’anno prima e il 240% in più del 1992), quelli ufficiali del Governo cinese parlano di circa 7,7 miliardi, ma – qui la sorpresa – se andiamo a sommare i dati forniti dalle varie province cinesi si scopre invece un totale di circa 9,1 miliardi di tonnellate.

Tra i dati ufficiali cinesi e quelli che si ottengono sommando i dati provinciali ci sarebbe appunto un gap di 1,4 miliardi. Non convince gli autori dello studio uscito su Nature la spiegazione di Pechino, per cui questo sfasamento è dovuto all’uso di diversi fattori di conversione; il problema, ribattono, si potrebbe risolvere standardizzando il metodo usato per riportare i dati. Insomma, serve assolutamente maggiore trasparenza: è ovvio che per ridurre le emissioni sia essenziale prima di tutto avere dati aderenti alla realtà e di cui la comunità internazionale si possa fidare.

Intanto non ci resta che provare ad aggiornare il conteggio globale in base a quanto emerge dal nuovo studio. Se al dato sulle emissioni cinesi della EIA americana sostituiamo quello “reale” fatto con i numeri che vengono dalle province cinesi, il totale mondiale delle emissioni 2010 sale da 31,8 miliardi di tonnellate di CO2 a 32,6. Abbiamo dunque già sforato abbondantemente la quantità massima di emissioni annuali al 2020 per riuscire a mantenere il riscaldamento globale entro i 2 °C. Secondo i calcoli dell’International Energy Agency, infatti, per mantenere la concentrazione di CO2 entro le 450 ppm e dunque avere discrete probabilità di non superare la soglia di riscaldamento dei 2 °C, la quota dei 32 miliardi di tonnellate/anno dovrebbe essere raggiunta solo nel 2020 ed essere poi progressivamente ridotta.

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