I nodi irrisolti dell’obbligo rinnovabili negli edifici

Sono passate tre settimane dall'entrata in vigore degli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici nuovi o sottoposti a “ristrutturazioni rilevanti”. Ma i dubbi su come vada messo in pratica restano molti, al punto da comprometterne l'efficacia. Ne parliamo con Giuliano Dall'O', esperto di edilizia sostenibile.

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Sono passate tre settimane dall’entrata in vigore degli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici nuovi o sottoposti a “ristrutturazioni rilevanti”, ma diverse osservazioni critiche non hanno ancora trovato risposta.

Dal 31 maggio, infatti, secondo la normativa, contenuta nell’articolo 11 e nell’allegato 3 del Dlgs n. 28/2011,  per i consumi per “riscaldamento e raffreddamento” degli edifici sottoposti all’obbligo viene previsto che a regime, nel 2017, i consumi di energia termica debbano essere coperti da fonti rinnovabili per il 50%.  A questa cifra si dovrebbe arrivare gradualmente, con vincoli intermedi: il 20% a partire dal 31 maggio scorso, e il 35% dall’inizio del 2014. Per quel che riguarda l’elettricità invece è obbligatorio installare una potenza da rinnovabili che varia in base alla superficie dell’edificio moltiplicata per un coefficiente che aumenta in tre scaglioni da qui al 2017: 1 kW ogni 80 mq entro il 2013, 1 kW ogni 65 mq fino a fine 2016, 1 kW ogni 50 mq dal 2017 (Qualenergia.it, In vigore da oggi l’obbligo di rinnovabili negli edifici).

Quanto sarà difficile rispettare questi obblighi e che risultati potranno dare? Abbiamo chiesto un parere a Giuliano Dall’O, docente di Fisica Tecnica Ambientale presso il Dipartimento Best del Politecnico di Milano ed esperto di efficienza energetica, green building e certificazione energetica.

Professor Dall’O’, cosa ne pensa dell’obbligo entrato in vigore il 31 maggio scorso.

Manca qualche linea guida che definisca come si calcolano le quote percentuali. Ci sta lavorando il Cti (Comitato termotecnico italiano) insieme al ministero, e dovrebbero uscire tra qualche settimana, ma non è una cosa semplice.

Perché?

Nel decreto viene indicata una percentuale e basta. C’è da capire come renderla valutabile, quali regole utilizzare per verificare se quella quota è stata raggiunta o no. Ma il documento su alcuni punti dà spazio a diverse interpretazioni.

Ci faccia degli esempi.

Per esempio per il fotovoltaico non si capisce se va calcolato su un bilancio mensile o annuale. Solo in quest’ultimo caso, si può contare sulla possibilità di cedere energia alla rete elettrica in certi periodi dell’anno per recuperarla in altri.

Quindi nel frattempo come comportarsi?

Nella fase transitoria i professionisti si fanno una propria valutazione e presentano un progetto. Quando usciranno le regole si adegueranno. Al momento la normativa è più spostata verso la responsabilità del progettista.

Gli obblighi previsti per il fabbisogno termico non possono essere assolti tramite impianti da fonti rinnovabili che producano esclusivamente energia elettrica che alimenta, a sua volta, dispositivi o impianti per la produzione di acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento.

Il decreto su questo punto, molto importante, non è chiaro. Non si capisce se è possibile utilizzare il fotovoltaico per alimentare una pompa di calore. Questo passaggio è scritto molto male. Per me è chiaro che va reso possibile, anche perché se così non fosse possiamo chiudere baracca e burattini.

A volerlo interpretare, come legge questo passaggio?

L’interpretazione ufficiosa è che loro volevano scrivere che l’energia elettrica da fonti rinnovabili non può essere utilizzata per il riscaldamento diretto o per riscaldare l’acqua per utilizzo sanitario. Ed è giusto: già non ha senso fare queste operazioni con l’energia elettrica da fonti fossili, figuriamoci con le rinnovabili. Ma questo non c’entra con l’abbinare il fotovoltaico a una pompa di calore che, se utilizzata, moltiplica il rendimento ed è già conveniente.

In generale, giudica troppo o poco ambiziosi gli obiettivi del decreto?

Io dubito fortemente che gli obiettivi programmati possano essere raggiunti con una normativa così sbilanciata sulle rinnovabili. Bisognerebbe puntare molto di più sul recupero dell’efficienza energetica degli edifici. Ma dubito si possa arrivare al 50% solo con le rinnovabili. Già facciamo fatica ad arrivare al 20%.

Che suggerimenti darebbe in merito?

Ci potrebbe essere un’indicazione per cui, quando questi numeri percentuali diventano più pesanti, le agevolazioni possano puntare più sull’efficienza energetica. I miei dubbi non sono tanto sul primo step da raggiungere ma sui successivi. L’Emilia Romagna ha detto che partirà direttamente col 35%, e sono curioso di sapere come farà. O si gestisce in modo intelligente il fotovoltaico consentendo il bilancio annuale che permette di sfruttare la rete, o la vedo difficile considerando che, trattandosi di sole, la produzione non è omogenea durante l’anno. Se mi tolgono la possibilità di utilizzare la rete come serbatoio è un grosso problema.

In conclusione le sembra che le misure adottate non siano sufficienti?

Ho l’impressione che abbiano messo una cifra senza fare una verifica con calcoli e simulazioni. Non escludo che nei prossimi mesi ci potrebbe essere un aggiustamento alla norma. Nel frattempo non vorrei essere nei panni di un progettista.

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