Idroelettrico: è ora di pensare in piccolo

CATEGORIE:

Vengono dal settore eolico le tecnologie che stanno guidando la crescita del mini-idroelettrico. Nonostante le difficoltà autorizzative, i piccoli impianti aumentano e il potenziale italiano è alto. Chiusa l’era delle grandi centrali, è scoccata l’ora dei piccoli

ADV
image_pdfimage_print

Quando si tratta di produrre energia dall’acqua, piccolo è meglio. Gli impianti di piccola taglia possono diventare il futuro della generazione idroelettrica, ma in Italia il potenziale di questa tecnologia è ancora ampiamente sottosfruttato e, nonostante i progressi tecnologici e gli incentivi, le complicazioni degli iter autorizzativi sono ancora un ostacolo. Eppure qualcosa si muove.

Si stima che il territorio italiano abbia una potenzialità idroelettrica annua di circa 65 TWh e la produzione energetica lorda da questa fonte, già nel 2000, era pari a circa 44 TWh ed è rimasta quasi stabile tanto che nel 2011 ha pesato per circa 46 TWh. Sembrerebbero quindi non esserci grossi margini di sviluppo per un settore che, sempre nel 2000, contava 16.641 impianti, che nel 2009 erano diventati 17.721. Le cose però sono parecchio diverse se si considerano le potenzialità degli impianti con una potenza compresa tra i 5 KW e i 10 MW.

“È finita l’epoca dei grandi impianti idroelettrici. – ci spiega Lorenzo Battisti, esperto di sistemi di generazione di energia e professore associato all’Università di Trento – Se parliamo di siti di grandi dimensioni, quelli più interessanti, in Italia, sono praticamente tutti utilizzati e in più, da un punto di vista ambientale, non è più possibile fare quel tipo di interventi sul territorio. Al contrario, da qualche tempo, sia enti pubblici che privati stanno mostrando interesse verso impianti su piccoli corsi d’acqua o su rilasci di centrali esistenti e si stanno facendo strada tecnologie per cercare di sfruttare questo tipo di situazioni”.

Il passaggio tecnologico è fondamentale per lo sviluppo del settore: questa tipologia di impianti, infatti, garantisce prestazioni migliori se utilizza un tipo di turbine diverso da quello usato negli impianti di grossa taglia. “Stiamo assistendo a un progressivo passaggio da turbine idrauliche che funzionano a velocità di rotazione fissa, ad altre a velocità variabile. – prosegue Battisti – Si tratta di tecnologie che sono state sviluppate nel settore eolico e che consentono di incrementare i rendimenti e rendere le turbine più flessibili e quindi adatte a macchine ad acqua fluente, ovvero il tipo di impianti che tipicamente viene realizzato su corsi d’acqua la cui portata varia a seconda delle stagioni. Anche i rilasci da parte di impianti esistenti presentano caratteristiche di variabilità della portata e del carico idraulico. Con queste nuove tecnologie, la macchina è in grado di adattarsi a condizioni variabili”.

Progressi tecnologici che, uniti a politiche di incentivazione che favoriscono la piccola taglia (per l’idroelettrica di potenza inferiore a 3 MW ci sono valori particolarmente incoraggianti alla produzione e vendita di energia), hanno reso possibile la recente crescita del mini-idroelettrico: dai 1.633 impianti del 2001, nel 2010 l’Italia è arrivata a 4.060 piccole centrali.

Tuttavia il processo autorizzativo presenta qualche difficoltà: “A differenza del sole o del vento, fonti liberamente disponibili, il cui utilizzo non è preclusivo per altri ed è quindi soggetto solo ad autorizzazione, l’acqua è soggetta a concessione d’uso. – chiarisce Lorenzo Battisti – E autorizzare una ditta privata all’utilizzo di una risorsa preziosa come l’acqua è un passo sempre molto delicato, che va valutato con attenzione”.

Evitando il rischio di svendere le proprie risorse idriche, l’Italia potrebbe trovare un potente acceleratore delle rinnovabili nell’ambito del mini-idroelettrico. Lungo la nostra penisola, infatti, ci sarebbero ben 10.000 piccoli salti d’acqua potenzialmente utilizzabili. A dirlo è Frendy Energy, un’azienda che ha di recente messo in funzione nel Novarese una centrale da 1GWh annuo di produzione, sfruttando un sistema di turbine che permette di utilizzare salti d’acqua di appena due metri. Si tratta di un impianto la cui particolarità sta nel sistema di piccole turbine fisse, la cui sola rotazione è responsabile della regolazione del flusso e sulle quali è applicato un inverter che cede energia alla rete.

Racconta Rinaldo Denti, amministratore delegato dell’azienda: “Abbiamo scelto di concentrarci sugli impianti di piccola taglia perché è un settore poco coperto dai grandi operatori che finora adattavano soluzioni non studiate ad hoc, a tutto discapito del rendimento e del risultato finale. Abbiamo quindi individuato la nicchia dei piccoli salti nei canali irrigui, sviluppando soluzioni a 360 gradi  con colossi come ABB, Simin, Icet: dalla turbina stessa, agli organi idraulici, al software. Grazie agli incentivi la redditività risulta interessante e le potenzialità sul solo territorio italiano, tra piccoli salti, barraggi e canali irrigui, sono immense”.

La tecnologia è matura e le possibilità non mancano: la rivoluzione dei piccoli impianti è pronta a scalzare le grandi centrali, il cui pesante impatto su paesaggio, flora e fauna aveva finora fatto conquistare all’idroelettrico il primato di fonte rinnovabile più osteggiata dagli ambientalisti.
Spesso integrati in sistemi idrici già esistenti, poco visibili e poco ingombranti, gli impianti di piccola taglia rappresentano la svolta verso un’idroelettrico più sostenibile.  

ADV
×