Le complicazioni del kWh low cost da rinnovabili

In Germania, come in Italia, le rinnovabili stanno tenendo basso il prezzo dell'elettricità, ma gli effetti sono diversi e non sempre positivi. I tedeschi si trovano a vendere energia a basso prezzo alla Francia nucleare, ma in casa i produttori elettrici da gas sono in crisi e non riescono più a sostenere gli investimenti necessari.

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Le energie rinnovabili stanno tenendo basso il prezzo dell’elettricità in borsa in Germania, con effetti diversi e non sempre positivi. Succede che si esporta più elettricità verso la Francia ‘nucleare-dipendente’, dove ora il kWh in costa più caro che dal vicino tedesco. Ma l’altro lato della medaglia è che gli operatori dell’energia convenzionale tedeschi, colpiti dalla concorrenza a costi marginali nulli di fotovoltaico ed eolico, non riescano più ad avere quei margini di guadagno necessari a fare gli investimenti che servirebbero al sistema elettrico nazionale, con il gas che purtroppo accusa il colpo più del carbone.

Ad aprile, mostrano i dati della Borsa elettrica europea, l’EPEX, il prezzo del megawattora – sia in termini di prezzo base che di media mensile del prezzo nel picco di domanda – è stato significativamente più basso nella zona Germania – Austria, paesi ad alta penetrazione delle rinnovabili, che nelle “atomiche” Francia e Svizzera.

Il contenimento del prezzo dell’energia ad opera delle rinnovabili in Germania sta raggiungendo proporzioni importanti: nel 2011 ha ridotto il prezzo del kWh in Borsa del 10%, in gran parte per merito del fotovoltaico che produce a costi marginali nulli durante il picco di domanda diurno (la stessa tendenza che si sta verificando in Italia, si veda Qualenergia.it, Quei 400 milioni che il fotovoltaico fa risparmiare in bolletta).

Effetti che con ogni probabilità aumenteranno nei prossimi mesi, più assolati, e con il crescere delle installazioni di impianti a fonti rinnovabili: nel primo trimestre 2012 la produzione da eolico in Germania è cresciuta del 35% rispetto all’anno precedente, arrivando a 15.682 GWh e quella da fotovoltaico del 40% raggiungendo circa 3.900 GWh; nel 2011 si erano installati oltre 7,5 GW di fotovoltaico e oltre 2 GW di eolico (senza contare quello off-shore).

Dato che la maggior parte degli scambi transfrontalieri avviene per questioni di prezzo e non di carenze di offerta, con il prezzo del kWh tedesco “calmierato” da sole e vento, sta accadendo (e la tendenza verosimilmente si accentuerà) che la Germania esporta elettricità sempre di più (specie nelle ore del picco diurno): l’opposto rispetto a ciò che qualcuno paventava succedesse quando la Germania l’anno scorso ha deciso di spegnere il 40% della sua potenza nucleare.

Il secondo effetto del contenimento, da rinnovabili, del prezzo elettrico in Germania c’entra invece con la convivenza con le fonti convenzionali e specialmente delle centrali a gas più moderne: proprio il tipo di impianti che, data la grande flessibilità e modulabilità della produzione, sarebbero l’ideale per compensare la non programmabilità di sole e vento. Un problema rilevante anche in Italia (Qualenergia.it, Picco prezzo kWh ‘anti-rinnovabili’, l’Autorità indaga).

Semplificando potremmo dire che per colpa della concorrenza delle rinnovabili gli impianti a cicli combinati a gas vengono fatti lavorare troppe poco per essere redditizi (si veda quel che spiega G.B. Zorzoli a Qualenergia.it). A questo si aggiunga (per la Germania, dato che in Italia di nuovi cicli combinati non ce n’è bisogno) che i bassi prezzi del MWh in Borsa scoraggiano nuovi investimenti: secondo quanto riporta l’agenzia Reuter per permettere di costruire nuovi cicli combinati servirebbe un prezzo di almeno 75,80 €/MWh, in Germania siamo invece sui 50.

Quanto il problema in Germania stia diventando grave lo ricorda un articolo di oggi di Renewables International: E.On aveva in programma di costruire 5 nuove centrali a gas solo in Baviera, ha annunciato che ha abbandonato l’idea. Addirittura gli ultimi piani sarebbero di spegnere 3 di quelle che sono già in servizio. Secondo RI si tratta di un messaggio esplicito per chiedere al Governo che venga pagata anche la capacità di riserva: ossia che a impianti flessibili come quelli a gas, oltre alla produzione, venga riconosciuto il servizio di bilanciamento che danno al sistema elettrico, compensando la non prevedibilità delle altre fonti. E’ il cosiddetto capacity payment  sul quale – l’annuncio è di oggi – il Governo tedesco presenterà prima della chiusura estiva del Parlamento le sue proposte. Un tema caldo in questo periodo in cui il sistema elettrico – quello tedesco, ma anche italiano – si vede sconvolto dal nuovo massiccio apporto di produzione da eolico e fotovoltaico.

È chiaro infatti che la transizione al low carbon non sarà sostenibile se, come accade ora, gli impianti più flessibili, quelli a gas, subiscono la concorrenza delle rinnovabili più di altri, meno utili a compensarne l’intermittenza e più inquinanti, come le centrali a carbone.

Lo scorso anno un impianto a gas a Großkrotzenburg – spiega RI – ha lavorato solo 65 ore, lo 0,7% della sua capacità, mentre la più vicina centrale a carbone ha funzionato per il 68% delle sue possibilità. Lo stesso fenomeno sta accadendo in Italia (Qualenergia.it, L’ETS e la competizione tra rinnovabili e fossili in Italia), dove la concorrenza delle rinnovabili, specialmente del fotovoltaico, durante il picco di domanda diurno spinge spesso fuori mercato gli impianti a gas, che hanno un costo di produzione più alto, mentre quelli a carbone restano accesi. Lo confermano i dati sul fuel mix italiano diffusi oggi dal GSE: 2,4% in meno dal 2010 al 2011 per il gas, quasi 2 punti in più per il carbone.

In qualche modo questa tendenza andrà corretta. Magari tenendone conto nell’ancora latitante strategia energetica nazionale o grazie ad una carbon tax? E’ un controsenso che nella fase della concorrenza con le rinnovabili, tra cicli combinati e centrali a carbone la spuntino queste ultime, gli impianti peggiori per emissioni di CO2, causa di danni sanitari (Qualenergia.it, I conti sporchi del carbone) e che inoltre sono anche quelli che meno possono contribuire alla gestione del sistema elettrico complessivo.

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