La città ‘dannosa’ che diventa smart

  • 23 Maggio 2012

Un nuovo concetto e un metodo per trasformare il nostro modo di vivere nelle città. Nuove soluzioni, sistemi, tecnologie per migliorare la qualità della vita urbana. Dal lavoro per "prodotti", a quello per "esigenze" espresse, in questo caso, dalle città. Un articolo del professor Roberto Pagani e un convegno di Kyoto Club per il 5 giugno a Roma.

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Il 5 Giugno 2012, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, Kyoto Club organizza a Roma il convegno Smart Cities” e coglierà l’occasione di presentare il nuovo Gruppo di Lavoro “Smart Cities”.
Al centro dell’incontro “Smart Cities” i metodi di lavoro innovativi, che sfruttano momenti di condivisione tra città, mondo produttivo e ricerca nell’individuazione di metodi, soluzioni e percorsi verso la smart city.
Il convegno favorirà il confronto tra casi studio nella definizione di criteri applicativi e nell’individuazione di risposte specifiche alle esigenze delle città: un fondamentale strumento metodologico. Aiutando a superare la logica con cui lavorano le imprese private: dal lavoro per “prodotti”, al lavoro per “esigenze” espresse, in questo caso, dalle città.

Sul concetto di Smart Cities, di seguito un articolo di Roberto Pagani del Politecnico di Torino, pubblicato sulla rivista QualEnergia con il titolo “L’urbe diventa smart”.

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SMART CITIES è una delle importanti “piattaforme” avviate dalla Commissione Europea per la ricerca, lo sviluppo e l’attuazione di programmi di trasformazione e innovazione nelle città e nei territori, finalizzati allo sviluppo economico, sociale e ambientale dei nostri paesi. Analizziamone alcuni concetti e le sfide che la piattaforma pone alle nostre città. Smart City è costituita da un mix di interventi tecnici e procedurali, pervasivi a tal punto da coinvolgere un gran numero di aspetti del processo decisionale urbano.

La piattaforma Smart Cities incentiva un nuovo ruolo della ricerca, vicina alla gestione innovativa della città, ispiratrice di visioni e progetti, di nuove infrastrutture, di una nuova convivialità sociale. Forse non è ancora chiaramente percepito, ma oggi i ricercatori e i professionisti innovativi sono chiamati a un grande sforzo per allestire e sperimentare su larga scala nuove soluzioni, sistemi, tecnologie per il miglioramento della qualità di vita nelle nostre città. Smart Cities sta attivando questo processo di forte valorizzazione della ricerca e del ruolo degli innovatori nelle nostre società. Il nuovo ruolo della ricerca – e del ricercatore – si traduce in un’irrinunciabile opera di stimolo all’innovazione, in soluzioni progettuali affrontate in team con le tecnostrutture comunali, in indispensabili rapporti con l’industria e con i partner privati, della cui capacità di innovazione i ricercatori fungono da garanti. Ruolo, dunque, strategico per le Università.

L’innovazione di città

Crescono nel mercato le società di servizi energetici che innovano non solo nelle forniture energetiche alternative, ma anche in forme di gestione intelligente. La possibilità tecnica di consorziare utenti, interi edifici o quartieri, affinché la fornitura energetica negoziata risulti costante, assimilabile a una mono-utenza, libera i gestori delle reti dall’impegno di garantire, indistintamente a tutti, potenze differenziate e di picco. Ciò si traduce in cospicue economie energetiche ed economiche. Profonde innovazioni, dunque, già identificabili, entrano nei nostri contesti urbani, ma non sono esclusivamente tecnologiche.

La piattaforma Smart Cities tende ad ampliare responsabilità, coralità e penetrazione dell’innovazione nei tessuti urbani. La fertilizzazione incrociata di esperienze tra i responsabili comunali, professionisti e ricercatori, costruttori e industrie, sta costituendo un punto di forza metodologica delle proposte. Se questo processo organizzativo riuscirà a imporsi, assisteremo a una reale innovazione per tutte le città coinvolte nella piattaforma. Da qualche tempo definisco Smart City come un “frattale”, un algoritmo che genera forme in continua replicazione e in sempre più pervasiva espansione. Difficile, ma esaltante, ambizioso, innovativo.

Partnership di città

L’approccio Smart City dipende dallo sviluppo del capitale umano e professionale e coglie ogni occasione per sviluppare competenze e capacità locali, coinvolgere gli operatori che vivono e operano localmente, promuovere il concetto di partnership e di cooperazione su obiettivi precisi. Smart Cities contribuirà a prefigurare nuovi strumenti di finanziamento, con un ruolo catalizzatore nel sostegno dei programmi di trasformazione urbana.

Le Smart Cities dovranno creare speciali “entità” nelle città, per gestire i programmi di trasformazione urbana radicali, legati agli ambiziosi obiettivi ambientali, energetici, economici con le ricadute sociali e culturali. Smart Cities stimolerà l’avvio di progetti pilota in ogni città pioniera, che possano istruire i processi, divulgare i metodi, i parametri di riferimento, le soluzioni innovative e consentire l’espansione dell’innovazione.

Design di città

In Smart Cities le volontà delle amministrazioni comunali si fonderanno con le capacità del sistema professionale e produttivo per trovare e implementare soluzioni tecniche a forte valenza ambientale, con un nuovo ruolo per il design di città.

Nuovi materiali biomimetici, fotocatalitici, organici, entrano sul mercato dell’edilizia. Soluzioni digitali e domotiche consentono telegestione, razionalizzazione, nuova informazione. In parallelo crescono le capacità progettuali per qualificare il progetto innovativo e sostenibile; per integrarlo nell’architettura delle città, senza isolarlo a “caso campione”, a volte dal discutibile risultato estetico.

Le Smart Cities devono assecondare le innovazioni e direzionarle in modo mirato, come “agopunture” sul tessuto urbano. Molte agopunture realizzano il passaggio dalla tattica alla strategia di terapia e cura.

Complessità di processo

Ogni giorno, le città si confrontano con la gestione di problemi complessi di trasformazione urbana, non affrontabili singolarmente e non risolvibili con soluzioni esclusivamente tecniche. Smart Cities realizza un passaggio critico, dalla “gestione dei progetti” alla “gestione del cambiamento”, per la cui attuazione occorrono idee, visione, capacità e tempestività.

Un modello dove gli asset immateriali contano di più di quelli materiali. L’industria ha aderito con notevole entusiasmo a Smart Cities. In tutta Europa l’industria è alla ricerca di soluzioni innovative per affrontare mercati nuovi, in grande evoluzione. Le città europee possono costituire vere e proprie piattaforme di sperimentazione: “living labs” su cui verificare in scala reale le applicazioni, confrontarle, misurarle negli impatti sociali ed economici, proporle su ampia scala al mercato interno e alle prepotenti economie emergenti. Queste importanti espressioni di interesse dell’industria europea si fondano sulla crescente sensibilità dell’opinione pubblica, dei media, della politica locale e internazionale sulla questione dei cambiamenti climatici. La responsabilità delle città si avvicina al 70% di questi effetti a scala planetaria, per una par-te consistente attribuibile all’edilizia.

Quartieri a gestione intelligente, fonti rinnovabili decentrate e centralizzate, eco-building, info-mobilità, combustibili alternativi, nuovi veicoli, reti intelligenti, soluzioni decentrate, sono ambiti di sviluppo dall’impatto potenzialmente rivoluzionario sui nostri tessuti urbani, ma al tempo stesso sulle nostre strutture di governo, su quelle professionali, sui nostri sistemi formativi e di ricerca. Sfida per le città. Sfida di un’epoca. Sfida per la ripartenza delle nostre economie.

Un metodo

Smart Cities è l’occasione per far maturare un insieme di metodi di governo urbano e di buone prassi: soluzioni olistiche, articolazione degli interlocutori, necessaria integrazione. Pochi riescono a governare con competenza queste dinamiche complesse. Le “competenze” sono le risorse più importanti. Metodi di condivisione decisionale aiutano nella gestione della complessità. Non usarli significa perdere pezzi di complessità e ridurre il potenziale della decisione. In questo senso, parlare di sostenibilità nei progetti urbani significa operare in modo comprensivo, collegato tra gli attori, creando visioni condivise e gestendo le trasformazioni in modo partecipato. Le tecnologie innovative sono parte del quadro. Da sole non riescono a fare la differenza. Si deve poi proporre un metodo, un modo nuovo di gestire decisioni in cui la città si mette a disposizione, in una logica win-win con il privato: vince il pubblico se vince il privato, vince la collettività, ma anche l’individuo.

Per rappresentare il concetto di Smart Cities adotto uno schema interpretativo, già proposto da Carlo M. Cipolla per altri suggestivi campi di applicazione. Si tratta di un diagramma che esprime il vantaggio individuale in rapporto al vantaggio collettivo, in un sistema cartesiano che, nel mio adattamento, rappresenta alcune variabili urbane. Il quadrante ++ (vantaggio individuale/vantaggio collettivo) mostra la situazione di una “scelta intelligente”, che unisce gli ingredienti di vantaggio individuale a quelli del vantaggio collettivo. È il luogo in cui è bene essere: la strategia win-win. È la città smart, che unisce il vantaggio del singolo cittadino a quello di tutta la comunità.

Il quadrante -+ (svantaggio individuale/vantaggio collettivo) indica una scelta lungimirante, fino al limite della sprovvedutezza, in quanto diseconomica sul piano individuale. Chi opera tali scelte è dotato di proiezione verso la collettività, lungimiranza. Se applichiamo questo concetto a una città, la definiremo “città-pioniera”.

Il quadrante +- (vantaggio individuale/svantaggio collettivo) identifica lo stato di una “scelta piratesca”, che privilegia il vantaggio individuale a scapito della collettività. Semplice il parallelismo sul mezzo di trasporto privato, che peraltro tutti utilizziamo. Siamo tutti un po’ pirati. Se ci riferiamo alla città, definiremo quest’area del diagramma come la situazione della “città approfittatrice”.

Il quadrante — (svantaggio individuale/svantaggio collettivo) rappresenta la scelta più rischiosa, o meglio quella più stolta: autopunirsi a tal punto da ottenere contemporaneamente un proprio svantaggio individuale e uno svantaggio per la collettività è un atteggiamento stolto. Queste scelte sono spesso condizionate o inconsce, in questo senso si mantiene in carattere di stoltezza. Per una città, il proprio danno individuale è semplice da realizzare, è sufficiente adottare strategie “more of the same”: impianti termici del patrimonio pubblico obsoleti, mobilità pubblica inquinante, infrastrutture di smaltimento costose e inefficaci. Al danno per la collettività si accoppia il danno individuale e il giudizio sarà quello di “città-dannosa”.

Il diagramma può essere utilizzato per rappresentare e confrontare la qualità ambientale di città antagoniste o per confrontare una città con se stessa, nel tempo. Se, per esempio, utilizzassimo: un indicatore in grado di sintetizzare lo stato di benessere economico della città, tipo il “prodotto lordo pro-capite”; un indicatore in grado di sintetizzare la qualità ambientale della città, tipo il “livello di produzione di CO2 pro-capite”; potremmo quantificare e posizionare le città indagate, inserendo il PIL pro-capite sull’asse delle ascisse, che assumerà la denominazione di “vantaggio individuale”, mentre sulle ordinate rappresenteremo il livello pro-capite di emissioni di CO2, sotto il nome di “vantaggio per la collettività” (figura 1).

Indicatori di questo tipo aiuteranno a collocare e misurare gli sforzi delle città per raggiungere migliori livelli di sostenibilità nel medio periodo. Utilizzando questo strumento per valutare alcune soluzioni energetiche e tecnologie delle nostre realtà urbane, ne potremmo derivare indicatori utili per le strategie e per gli indirizzi futuri. L’esercizio è qualitativo, tuttavia orientativo (figura 2).

Nel quadrante ++ troveremo collocati la casa passiva o l’edificio a elevata efficienza energetica. Entrambi combinano un’efficacia sul piano individuale e un positivo riflesso sulla collettività in termini di riduzione dell’inquinamento urbano e della CO2. Gli impianti a biomassa di quartiere si troveranno in una situazione neutra rispetto al vantaggio collettivo, ma certamente positiva in termini individuali (i costi ridotti).

Nel quadrante +- troveremo l’uso dell’automobile individuale, a diverso tasso di danno: la vettura euro 4 è ovviamente meno dannosa di quella euro 2. Il car-pool è meno dannoso dell’auto monouso. Tuttavia, sempre privilegiato il vantaggio individuale a danno di quello collettivo.

Nel quadrante -+ incontreremo le scelte più anticipatrici, a scapito della reale convenienza individuale: un quartiere a “energia fossile zero” ricade nel vantaggio collettivo, penalizzando il vantaggio individuale di breve periodo. Sebbene, a poco a poco, queste opzioni si stiano trasformando da scelte economicamente sprovvedute a scelte vantaggiose anche sul piano individuale.

Infine, nel quadrante — si troveranno le soluzioni più dannose, quelle che producono al tempo stesso svantaggio individuale e svantaggio collettivo (in varie forme), quali per esempio ritrovarsi con l’automobile nei blocchi di traffico urbano. L’illuminazione con le superate lampade a incandescenza. Ma anche, l’uso della bicicletta nel traffico congestionato in città senza piste ciclabili. Un esempio di idea pseudo utopica, certamente anticipatrice?

Vedere la città come possibile fonte di energia e non come struttura della domanda. Oggi la città è solo un grande dissipatore. Domani potrebbe diventare un grande collettore.

Roberto Pagani, Professore ordinario di tecnologia dell’architettura – Politecnico di Torino

L’articolo è stato pubblicato sul n.2/2012 della rivista bimestrale QualEnergia.

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