La nuova fase della competitività del fotovoltaico

  • 22 Maggio 2012

Dopo una crescita troppo rapida ora il futuro del fotovoltaico è nella ricerca della sua competitività. Ma come arrivarci? Una strategia è investire sulla programmabilità degli impianti. Ma ci sono altre ricette che Govanni Simoni, Presidente di Kenergia e neo presidente Assosolare, spiega in un articolo pubblicato per la rivista QualEnergia.

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Siamo ormai dentro un altro “anno fotovoltaico” che si presenta, nuovamente, diverso dagli altri. Il fotovoltaico sempre in rapida mutazione. Ma come siamo arrivati fino a qui e come continuerà lo sviluppo? Ancora regole mutanti e vincoli nuovi sono l’ambiente economico nel quale si confrontano tutti gli operatori nel decidere cosa fare “dopo”. Il Conto Energia volge al termine, ma senza di esso non avremmo potuto assistere allo straordinario sviluppo delle applicazioni fotovoltaiche in Italia.

Dobbiamo tuttavia ammettere che lo stesso Conto Energia ha “stravolto” il concetto di mercato; si è assistito a diverse fasi: in un primo momento (2006/2007) chi è stato “pronto” ha colto una rara occasione, con le tariffe alte ha incamerato una rendita ventennale pari a un rendimento del suo capitale anche del 30/35%! Ma erano ancora pochi impianti e non impensierivano troppo; poi 2008, 2009 e parte del 2010 con rendimenti calanti, ma pur sempre attorno e a volte al di sopra del 20%; il 2011 l’anno record (e certamente irripetibile), rendimenti attorno al 13/15%, ma caratterizzati dal senso di ”ultima spiaggia”: o adesso o mai più.

Con questa procedura il GSE si è “intasato” di pratiche: recenti dichiarazioni hanno fatto sapere che la capacità di gestione pratiche ha raggiunto le 20mila/mese di fronte a picchi di domanda di circa 80mila progetti/mese. Abbiamo assistito a una crescita troppo rapida e “innaturale”, una vera e propria “bolla fotovoltaica” che, come tutte le bolle, tornerà rapidamente a un livello più sostenibile da tutti i punti di vista.

La crisi dei produttori

Nel nostro Paese il fotovoltaico parte all’inizio del 1980 e, dopo un inizio “brillante”, ci siamo fermati e non per poco: un’interruzione dagli anni ‘80 al 2005. 25 anni, un quarto di secolo. In quegli anni eravamo i primi o i secondi in Europa (sempre in gara con i tedeschi); pochi ci credevano ed è mancata una strategia nazionale: non abbiamo sviluppato le nostre fabbriche, non abbiamo sviluppato le nostre tecnologie. Poi, dopo il letargo, una corsa all’inseguimento rapidissima, spinti dalle regole ambientali europee con obiettivi imposti (giusti!) e feed-in-tariff generosa.

L’inseguimento però è stato “scomposto” e di carattere puramente finanziario: scarsissime risorse dedicate alla ricerca, tempi stretti imposti dalle tariffe calanti. Non ci sono stati soldi e tempo per sviluppare una vera e propria “filiera industriale nazionale”. Non si poteva far altro che utilizzare componenti esteri, e non solo. Sono arrivati i capitali esteri e le banche, anche queste ovviamente in ritardo, hanno dovuto capire e costruire i nuovi prodotti finanziari adatti al settore, lasciando, nel primo periodo, spazio a insediamenti finanziari europei. Malgrado ciò si sono mobilitate importanti risorse nazionali, si sono creati molti nuovi posti di lavoro qualificati e il fotovoltaico italiano è diventato in poco tempo un “success case” internazionale. Inutile oggi lamentarsi troppo, specialmente da parte di chi può essere catalogato tra i responsabili dei decenni di ritardo.

La nuova fase transitoria

La fotografia della situazione odierna, quella che caratterizza le condizioni della prima parte del 2012, è la seguente:

  • 13 GW installati che producono energia elettrica pulita, una serie di impianti in costruzione che rappresentano la “coda” di autorizzazioni del recente passato e del filtro del Registro imposto dal 4° Conto Energia;
  • “blocco” di fatto alla costruzione di impianti su terreni agricoli e un ritorno alle situazioni di 2-3 anni fa verso una chiara prevalenza di impianti di potenza inferiore ai 200 kW;
  • lenta progressione di impianti che utilizzano l’integrazione architettonica e contemporaneamente l’innovazione tecnologica;
  • diffusa familiarità con le fonti di energia rinnovabili;
  • interesse verso la realizzazione di nuove coperture per capannoni industriali in presenza di amianto;
  • continua e lenta progressione delle applicazioni “domestiche”;
  • l’affacciarsi dei primi tentativi di costruire nuovi impianti di grandi dimensioni al di fuori del 4° Conto Energia;
  • per ultimo, un 5° Conto Energia all’esame del Governo.

Il tutto “condito” nel quadro di una crisi finanziaria che ha colpito le famiglie e che non permette troppi gradi di libertà per continuare a sostenere il settore con il costo sulle bollette elettriche.

In definitiva la coscienza del mercato che la “bolla fotovoltaica” ha già toccato il suo massimo e che sia giunto il momento di ragionare su un futuro con tariffe pressoché inesistenti. Un’“urgenza strategica” di capire se il mercato dell’energia elettrica rinnovabile può iniziare a muoversi con le proprie gambe senza appoggiarsi più alle bollette dei consumatori, capire se, e in quali condizioni, sia possibile che un investimento nel fotovoltaico diventi remunerativo senza 4° e 5° Conto Energia.

Il futuro

In realtà non esiste ancora un solo impianto fotovoltaico (che non sia un cimelio del passato) in esercizio e che non goda di tariffe agevolate del GSE. Ma se guardiamo attentamente le tariffe onnicomprensive già previste nel 4° Conto Energia per il prossimo anno e successivi, queste si avvicinano di molto a un prezzo che potrebbe essere “spuntato” sul mercato elettrico “retail”.

La tariffa onnicomprensiva può essere considerata come il primo passo verso una situazione di mercato generalizzato e di possibile competitività del fotovoltaico sul mercato energetico e non più come sola occasione di speculazione finanziaria. Rispetto all’urgenza strategica di un mercato fuori dalle tariffe ci si trova in una situazione di “stallo culturale” sul problema della Grid Parity.

Non tutti si sono ancora resi conto che ormai il mercato agevolato è in forte calo. Una valutazione rispetto agli oltre 9.000 MW installati nel 2011, indica in circa 5 GW il possibile installato nel 2012. Di questi, una percentuale di potenza di oltre il 60% dovuta alle code del Registro GSE. Difficile da valutare non tanto quale sia la potenza installata nel 2012, ma quanta di questa sia il risultato di decisioni prese nel 2012 sia da nuovi o vecchi Soggetti Responsabili, sia dal sistema bancario nel suo insieme.

Sono convinto che se non si fa chiarezza sul tema della competitività e delle condizioni economiche e finanziarie del fotovoltaico nel mercato energetico nazionale – almeno – ci sia un forte rischio di un rapido abbandono del settore da parte di importanti investitori e di riduzione generale agli investimenti anche privati.

Quali sono i punti “cruciali” ancora da risolvere? Sembra inverosimile, ma il problema principale non è quello di origine economica, ma l’aleatorietà della fonte, l’impossibilità della programmazione della produzione elettrica e la conseguente difficoltà di inserire quote sempre maggiori di energia da fonte fotovoltaica sia nella rete, sia – più in generale – nel sistema elettrico nazionale. Sono pochi i soggetti che conoscono davvero come stanno le cose: certamente Terna, responsabile del dispacciamento, poi solo le grandi utility, Enel in testa, ma è un tema sul quale non c’è trasparenza, i dati sono in possesso di una “oligarchia elettrica” in genere poco propensa al fotovoltaico.

Eppure è evidente come ci sia un limite non solo per i costi di dispacciamento, ma per la stessa sicurezza del servizio elettrico e della stessa rete. Il limite è quindi “strutturale”. Da qui la necessità di investire sulla programmabilità degli impianti, specialmente quelli di grandi dimensioni che immettono energia in alta tensione. Poco si è fatto per superare questo limite, che resta l’impedimento maggiore.

Ma non è solo il limite strutturale (per impianti non programmabili) a condizionare la competitività del fotovoltaico. Altri elementi importanti sono:

  • il Capex non superiore a (per ogni categoria diversi valori) 1.200/1.300 €/kW (siamo oggi nei migliori casi al 15/20% in più);
  • l’Opex non superiore a 30 k€/MW per i grandi impianti oltre i 10 MW, dipende da cosa viene incluso nel Capex (per esempio il costo dell’acquisto del diritto di superficie pagato una tantum);
  • la qualità e il prezzo delle attività O&M. Importate sarà riferirsi a operatori professionali in grado di controllare e mantenere alto il livello complessivo di efficienza dell’impianto;
  • la durata efficiente (almeno di 25/30 anni) in funzione della localizzazione degli impianti (vuol dire qualità e garanzie). Comprare moduli di buona qualità, con un progetto elettricamente corretto e una buona installazione, mantenere tutto con cura, tenere i moduli arieggiati e si potranno ottenere prestazioni anche superiori alle attese. Sfruttiamo la caratteristica di funzionamento di un impianto fotovoltaico: il silenzio, la produzione senza fluidi, la continuità, la durata;
  • un soggetto interessato a investire per sé o per una propria attività imprenditoriale;
  • che ci sia un collegamento alla rete locale in grado di garantire la continuità della fornitura e che tale collegamento sia costante per tutto il tempo di vita dell’impianto (oppure che nel tempo si riesca a ridurre l’impatto con la rete, magari ad azzerarlo);
  • che il prezzo di vendita dell’energia prodotta possa, almeno, aumentare come l’inflazione e che parta da 0,14/0,15 euro/kWh;
  • che l’acquirente paghi con continuità per non generare oneri finanziari.

Tutti questi fattori contemporaneamente nello stesso sito: allora siamo in Grid Parity.

L’articolo è stato pubblicato sulla rivista bimestrale QualEnergia (n.2/2012) con il titolo “Il Sole in bilico” (pdf)

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