Costi e morti premature causate dal carbone dell’Enel

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Uno studio commissionato all’istituto indipendente di ricerca olandese SOMO stima in 366 le morti premature nel 2009 in Italia, e danni sanitari, ambientali, economici stimabili in 1,8 miliardi di euro in quello stesso anno. Ecco, secondo Greenpeace, i veri costi della produzione elettrica di Enel in Italia con il carbone.

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Greenpeace Italia ha presentato un’anticipazione di uno studio che ha commissionato all’istituto indipendente di ricerca olandese SOMO, realizzato con l’obiettivo di misurare gli impatti ambientali, sanitari ed economici della produzione elettrica da carbone dell’Enel. Un primo documento di sintesi diffuso a pochi giorni dall’assemblea del primo gruppo energetico italiano, mentre la versione integrale sarà pubblicata nella prima metà del maggio 2012 (vedi allegato).

La ricerca applica la metodologia utilizzata dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) per stimare i danni delle emissioni atmosferiche degli impianti industriali in Europa, applicata su dati di emissione pubblici e di fonte istituzionale.

Dallo studio si stima che la produzione di carbone dell’Enel ha causato almeno una morte prematura al giorno nel 2009. Se si considera inoltre che nel 2009 la centrale a carbone Enel di Civitavecchia non funzionava ancora a pieno regime, e se si valutano i piani di espansione dell’azienda, con le centrali a carbone di Porto Tolle e Rossano Calabro, si potrebbe arrivare anche a sfiorare i 500 casi di morti premature l’anno in futuro.

I dati salienti della ricerca (riferimento a dati di emissione del 2009) forniscono una stima economica dei costi indiretti della produzione termoelettrica a carbone di Enel in Italia, valutati in quasi 1,8 miliardi di euro (circa 2,1 miliardi con la centrale di Civitavecchia a pieno regime); e una stima degli impatti sanitari, espressa in termini di mortalità prematura, di 366 casi di morte attesi nel 2009 (che diverrebbero oltre 400 con Civitavecchia a pieno regime e a parità di produzione negli altri impianti).

«La metodologia che applichiamo in questa ricerca – ha detto Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace  – ha margini di approssimazione largamente precauzionali. Infatti analizza solo un numero ristretto di inquinanti ed emissioni, tralasciando gli impatti di agenti come nichel, cadmio, mercurio, arsenico, piombo o di materiali radioattivi come l’uranio. Alla luce di questi dati, che Enel può ben conoscere ma che si guarda bene dal pubblicare nei suoi rapporti di sostenibilità ambientale, la scelta dell’azienda di continuare a puntare sul carbone, sabotando a più riprese il settore delle rinnovabili, appare ancora più sciagurata. Quando diciamo Enel, e pensiamo al primato industriale che l’azienda assegna al carbone, parliamo di circa mille morti in più all’anno e danni complessivi per circa 4,3 miliardi di euro in Europa. È evidente che occorre ridefinire drasticamente gli assetti industriali dell’azienda che è ancora, per il 30%, in mano pubblica».

Secondo lo studio la realizzazione degli impianti a carbone Enel di Porto Tolle e Rossano Calabro costerebbe fino a 95 casi di morti premature l’anno, e danni stimabili in ulteriori 700 milioni di euro l’anno.

L’associazione ambientalista chiede all’azienda di dimezzare la produzione elettrica da carbone da qui al 2020 e di portarla a zero al 2030, investendo contemporaneamente in fonti rinnovabili per compensare la perdita di produzione. 

Oggi Enel ha come sue produzioni strategiche nel mondo, in Europa e in Italia principalmente carbone e idroelettrico (questi impianti in Italia comunque risalenti al secolo scorso). C’è anche da ricordare però una quota importante di nucleare europeo e una produzione, in leggera crescita negli ultimi anni, di impianti a gas a ciclo combinato (vedi tabelle rispettivamente di impianti Enel nel mondo e in Italia).

Sulla somma dei costi esterni di tutte le centrali a fonti fossili dell’Enel, valutati dallo studio, circa il 75% sono attinenti alle centrali a carbone (vedi tabella).

A questi poi andrebbero aggiunti oltre 850 milioni di euro di costi esterni delle altre 5 centrali a carbone presenti in Italia (due di A2A, e una ciascuna di Edipower, E.On, Tirreno Power) per un totale di costi esterni imputabili al carbone pari a 2,6 miliardi di euro.

I dati presentati da Greenpeace sono parte di un’investigazione che l’associazione ambientalista sta svolgendo su Enel.

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