Comuni rinnovabili, Clini e scontro tra modelli energetici

Nel rapporto di Legambiente 'Comuni rinnovabili 2012' la fotografia di un modello energetico pulito e decentrato che si sta affermando. Lo stesso che dice di volere il ministro dell'Ambiente, che intervenuto alla presentazione afferma: "questa è la direzione in cui si sta lavorando per i decreti sulle rinnovabili, che spero arrivino tra pochi giorni".

ADV
image_pdfimage_print

Un’Italia fatta di generazione pulita e distribuita in maniera capillare, in cui sono oltre 400mila gli impianti a rinnovabili sparsi ormai su tutto il territorio nazionale (il 95% dei Comuni italiani), in cui le rinnovabili sono arrivate a soddisfare il 26,6% della domanda elettrica e il 14% dei consumi complessivi e in cui sono sempre di più le realtà locali che soddisfano il 100% del loro fabbisogno energetico (trasporti esclusi) con le fonti pulite.

È la fotografia di un sistema energetico avviato al cambiamento quella tratteggiata nell’ultimo rapporto‘Comuni Rinnovabili” di Legambiente, edizione 2012, realizzato con il contributo del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e Sorgenia, e presentato oggi a Roma nella sede GSE (vedi allegato).

Un modello basato sulla generazione distribuita in cui c’è poco spazio per altre grandi centrali termoelettriche, sul quale vogliamo puntare nella preparazione dei decreti che spero arrivino tra qualche giorno, e anche del V Conto energia” ha dichiarato intervenendo alla presentazione il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, aggiungendo che “dobbiamo rivedere il Piano energetico nazionale e aggiornare il Piano d’azione sulle rinnovabili (PAN), e mettere insieme queste due cose tenendo presente la direttiva europea sull’efficienza energetica, ormai in fase di approvazione, e legando tutto questo alle smart grids e all’efficienza energetica”.

Una dichiarazione che fa sperare, non si sa ancora quanto fondatamente, in una riscrittura sostanziale dei provvedimenti in lavorazione. Diversamente, la transizione descritta dal rapporto e auspicata dalle parole di Clini rischia di essere stroncata dalle novità normative che si profilano: il quinto conto energia, stando alle bozze diffuse, metterebbe infatti la parola fine alla fioritura del fotovoltaico di cui hanno giovato anche molte famiglie ed enti pubblici, mentre il decreto sugli incentivi alle altre rinnovabili elettriche, nella versione circolata ieri, a causa del sistema di registri contingentati introdotti, renderebbe pressoché impossibile farsi finanziare un impianto.

Sarebbe un passo indietro rispetto ai risultati ottenuti in questi anni che il rapporto illustra efficacemente: i Comuni in cui si produce energia rinnovabile quest’anno sono 7.986, nel 2008 erano 3.190. A oggi ben 23 sono al 100% rinnovabili, cioè riescono a coprire tutti i consumi sia elettrici che termici dei residenti con un mix di fonti pulite (vi rimandiamo a pagina 25 del rapporto per scoprire quali sono e come fanno).

A livello nazionale, come detto, siamo arrivati a coprire con le rinnovabili il 26,6% dei consumi elettrici complessivi, crescendo di 3 punti percentuali in un anno, nonché il 14% dei consumi energetici finali, quando nel 2000 ci fermavamo all’8%. L’idroelettrico, rimasto sostanzialemente stabile, ora dà il 14,7% del fabbisogno elettrico, la geotermia l’1,8%, mentre il fotovoltaico è salito al 3,4%, le biomasse al 3,5% e l’eolico al 3,2%.

Questo cambiamento, fa notare Legambiente, ha diverse conseguenze. Innanzitutto le rinnovabili riducono le emissioni di CO2, con vantaggi per il clima, ma anche economici, perché le energie pulite (secondo i calcoli del Kyoto Club) hanno ridotto di 590 milioni di euro il debito del Paese per il mancato rispetto degli obiettivi del protocollo di Kyoto. Poi si riducono le importazioni di combustibili fossili, in particolare di petrolio e gas, cosa non irrilevante visto che queste risorse sono sempre più costose: quest’anno abbiamo pagato 63 miliardi di fattura energetica. Inoltre si crea occupazione: nei settori delle rinnovabili, anche in un periodo di crisi economica, si sono creati oltre 100mila nuovi posti di lavoro e le prospettive sono rilevanti: entro il 2020 250mila nuovi occupati nelle rinnovabili e 600mila nell’efficenza energetica e riqualificazione degli edifici, secondo uno studio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.

Infine ci sono le conseguenze sul sistema elettrico. Le centrali termoelettriche convenzionali servono sempre meno: tra il 2007 e il 2011 si registrano 45 TWh in meno di produzione richiesti da questi impianti, fanno notare gli autori del rapporto. A questo si aggiunga che il contributo di alcune fonti come il fotovoltaico, che produce a costi marginali nulli nelle ore diurne di picco della domanda, stanno contribuendo a far abbassare il prezzo dell’energia sul mercato elettrico, ponendo fuori mercato l’offerta di centrali più costose. Se a questo si aggiunge che dal 2002 si sono installati 78 GW di nuove centrali a fonti fossili (mentre i consumi elettrici dal 2007 sono in flessione) e che molte di queste stanno lavorando meno ore di quanto programmato, anche a causa della competizione delle rinnovabili, si ha un quadro sintetico dello scontro tra modelli energetici che stiamo vivendo: da una parte quello tradizionale e centralizzato del termoelettrico basato sule fonti fossili, dall’altra quello basato sull’energia pulita e decentralizzata che, come mostra Comuni rinnovabili, si è radicato profondamente nel Paese.

Foto titolo: Ubisol

ADV
×