Il conto energia che rilancia le biomasse termiche

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Il nuovo conto energia termico in arrivo e gli altri incentivi, il problema della definizione di 'filiera sostenibile', le emissioni di poveri sottili, la situazione del mercato dei combustibili e degli apparecchi. Facciamo il punto della situazione del settore delle biomasse legnose in Italia con il presidente di AIEL, Marino Berton.

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La settimana scorsa a Verona si è tenuto Progetto Fuoco, il principale evento italiano per il settore delle biomasse legnose: 5 giorni di convegni in cui il mondo dell’energia dal legno si è riunito per confrontarsi su diversi aspetti: dai nuovi sistemi incentivanti fino alla filiera, passando per il problema delle emissioni. Per cercare di fare il punto della situazione del settore abbiamo parlato con Marino Berton, presidente di Aiel, l’associazione italiana energia dal legno.

Sui consumi di biomassa legnosa sappiamo che i dati sono molto carenti, poiché gran parte della legna viaggia al di fuori dei canali commerciali ufficiali. Voi che più di tutti avete il polso della situazione ritenete che gli obiettivi delineati nel Piano nazionale per le rinnovabili, il PAN, e di conseguenza nel burden sharing per le Regioni, siano adeguati?

Guardando ai dati noti noi abbiamo già superato gli obiettivi sull’energia termica da biomasse previste nel PAN per il 2020. Il problema è che non possiamo contabilizzare ai fini dell’obiettivo 2020 dei risultati ottenuti con apparecchi obsoleti ed inefficienti, come i nostri 5 milioni di caminetti. Dobbiamo lavorare per riqualificare il parco di apparecchi e impianti. In questo senso il nuovo incentivo è uno strumento straordinario.

Stiamo parlando dell’atteso conto energia termico, almeno per come si sta delineando?

Sì, perché vincola l’accesso all’incentivo all’utilizzo di apparecchiature moderne, con efficienza superiore all’85% e con emissioni di polveri inferiori ai 40 mg/m3. Inoltre introduce l’obbligo di utilizzo di combustibili con certi standard di qualità e di fare regolare manutenzione dell’impianto. Un grosso passo avanti e una bella sfida per il settore.

Dalle bozze circolate sembrerebbe però che il conto energia termico sarà riservato agli enti pubblici e non ai privati, che per tutto il 2012 hanno ancora diritto alle detrazioni fiscali del 55%.

E’ così solo in linea generale. Ci sono delle deroghe: per le biomasse, per gli inverter applicati ai motori elettrici, per gli elettrodomestici efficienti e per certi edifici delle classi energetiche più alte. Dunque anche i privati potranno accedere al conto energia termico per quel che riguarda le biomasse termiche: nella pratica infatti queste non hanno mai avuto accesso alle detrazioni del 55%, perché le condizioni tecniche per accedervi erano inarrivabili per una caldaia a biomassa. Per come si sta delineando il decreto sono ammessi al conto energia sia gli apparecchi che gli impianti, ma solo per sostituzione biomassa su biomassa o biomassa su gasolio e non biomassa su gas o su gpl. Questo è un approccio sicuramente restrittivo, ma potrebbe essere comunque interessante: si tratta di un incentivo per 5 anni per tutto ciò che sta sotto ai 35 kW e per 10 anni dai 35 ai 500 kW.

Oltre al futuro conto energia quali altri incentivi sono interessanti per le biomasse legnose?

Le novità introdotte recentemente allungano la vita ai titoli di efficienza energetica (certificati bianchi, ndr) che possono essere utilizzati anche per la termica da biomasse, ma diventano interessanti solo per impianti grandi, sopra i 6-700 kW termici. Per quel che riguarda il teleriscaldamento c’è un fondo di garanzia nato con il decreto 28 (il decreto Romani del marzo 2011, ndr), ma deve ancora partire perché si aspetta un decreto attuativo. La tariffa omnicomprensiva per la produzione elettrica invece è usata soprattutto per il biogas. Continuiamo a ripetere che usare biomasse solide per fare solo elettricità è decisamente poco efficiente.

L’incentivo per la produzione elettrica non è cumulabile con quello per l’energia termica?

Ci sono pronunciamenti contrastamti tra GSE e Autorità per l’Energia. La problematica è ancora da chiarire.

Una delle questioni centrali del mondo delle biomasse è quella della sostenibilità della filiera. A che punto siamo in Italia da questo punto di vista?

La sostenibilità della filiera per noi è fondamentale, tanto che ne abbiamo fatto il primo punto del nostro ‘Manifesto’. Al momento la legislazione è carente: l’unica norma è quella che stabilisce che per ottenere il coefficiente moltiplicativo di 1,8 dei certificati verdi bisogna avere una filiera entro i 70 km. Ma la logica meramente chilometrica è riduttiva; la sostenibilità va misurata su più parametri: oltre alle distanze, la modalità di trasporto, il tipo di gestione del bosco, la sicurezza e i diritti dei lavoratori fino al tipo di benzine e di olii per motosega usati.

Avete delle proposte al riguardo?

Stiamo lavorando alla costruzione di un sistema volontario di attestazione della filiera corta che codifichi questi aspetti ambientali, sociali ed economici.

Altra questione è quella delle emissioni, visto che la combustione di biomasse solide è tra le principali sorgenti di polveri sottili. Come la si sta affrontando?

Da un lato si è spinta l’analisi sulla caratterizzazione delle polveri, per distinguere le più pericolose, quelle con molto carbonio organico, da quelle meno pericolose, fatte per lo più di sali minerali. La concentrazione delle emissioni, infatti, vuol dire poco se non si distingue il tipo di polvere. Dall’altro lato le industrie sembrano aver accettato la sfida e sul mercato stanno arrivando apparecchi e impianti che hanno abbassato drasticamente le emissioni. La Germania ha adottato una nuova norma che pone delle soglie, una per il 2012, un’altra per il 2015. Siccome molti costruttori italiani esportano in Germania si stanno già costruendo apparecchi che rispettano gli standard tedeschi per il 2015.

Non esistono standard del genere in Italia?

In Italia al momento non esistono leggi o standard: hic sunt leones. Con il nuovo conto energia termico però qualcosa cambierà perché per avere diritto all’incentivo apparecchi e impianti dovranno avere determinate caratteristiche.

Che dimensioni ha il settore delle biomasse legnose in Italia? Come sta attraversando la crisi?

Giusto per dare qualche numero: 2,5 miliardi di euro è il valore del mercato del combustibile legnoso, 13mila le imprese impegnate con 34.600 addetti, un fatturato complessivo, compresi gli apparecchi, che supera i 5 miliardi di euro, un milione e mezzo di stufe a pellet installate in Italia, il primato europeo. Il settore ha risentito poco della crisi, è stato più influenzato da fattori stagionali: l’inizio inverno piuttosto caldo ha fatto calare i consumi che hanno poi recuperato con le settimane fredde.

Sia dal lato dei combustibili che da quello di stufe e caldaie, è un settore in cui prevalgono aziende italiane o si basa sull’importazione?

Per quel che rigurada il pellet se ne importa più di quello che si produce. Al contrario per gli apparecchi domestici le tecnologie italiane sono in assoluto le più diffuse, mentre nel segmento delle caldaie a biomassa accanto alle italiane ce ne sono molte di austriache, tedesche e svizzere.

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