Fotovoltaico su terreni agricoli: retroattività sventata

Cancellati dal maxiemendamento gli elementi di retroattività del famigerato articolo 65 del decreto liberalizzazioni sul fotovoltaico su terreni agricoli, ma anche l'equiparazione delle serre FV agli impianti su tetto. Intanto spunta un salvacondotto per gli impianti a terra in terreni del demanio militare, un bel regalo alla neonata Difesa s.p.a.

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(Aggiornato 1 marzo, h. 14,30)

Passato lo spavento, diversi operatori del fotovoltaico potranno tirare un sospiro di solievo: sembrano essere stati cancellati gli elementi di retroattività del famigerato articolo 65 del decreto liberalizzazioni, che andavano a colpire diversi investimenti già fatti su impianti fotovoltaici su terreni agricoli. Sparisce invece il comma che equiparava le serre fotovoltaiche agli impianti su edificio. E spunta un salvacondotto per gli impianti a terra in terreni del demanio militare, leggasi quelli che dovrebbe realizzare la neonata Difesa s.p.a., avvantaggiata non poco rispetto agli altri operatori.

E’ quanto emerge dal testo del maxiemendamento al decreto liberalizzazioni approvato dalla Commissione Industria del Senato, che dovrebbe essere votato con la fiducia già oggi (giovedì 1 marzo)  e dunque molto difficilmente subirà modifiche. (Aggiornamento 1 marzo: Il maxiemendamento è stato depositato senza modifiche per quel che riguarda l’art.65, si sta votando la fiducia e il  risultato finale è previsto intorno alle 17,15).

La magia contro la retroattività dell’art.65 la fa quella frase dell’emendamento (vedi allegato) secondo la quale “è fatto salvo il comma 6 dell’articolo 10 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, a condizione che l’impianto entri in esercizio entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. L’effetto è quello di restituire agli impianti su terreni agricoli più grandi di un megawatt o che occupino più del 10% del terreno agricolo il periodo di tempo utile per entrare in esercizio stabilito dal decreto Romani del 3 marzo 2011 e anche più tempo.

Per chi non avesse seguito la vicenda: il decreto Romani del marzo 2011 poneva per gli impianti a terra sui terreni agricoli (ai commi 4 e 5 dell’art.10) il limite di taglia di 1 MWp e del 10% di utilizzo del terreno, ma stabiliva anche, al comma 6 dello stesso articolo, che queste condizioni dovessero esser rispettate solo dagli impianti entranti in esercizio dopo il 28 marzo 2012. La versione pre-emendamento del art. 65 del decreto liberalizzazioni manteneva i commi 4 e 5 dell’art.10 del Romani ma abrogava il comma 6: di fatto cancellava la finestra concessa, impedendo l’accesso agli incentivi a tutti quegli impianti (che non abbiano le caratteristiche dei commi 4 e 5) che non fossero entrati in esercizio entro il 24 gennaio 2012.

Le conseguenze sono facili da immaginare (e le abbiamo raccontate qui): impianti già costruiti o in fase di realizzazione che contavano di entrare in esercizio entro il 28 marzo 2012 e che si vedevano invece di colpo cancellata ogni possibilità di accedere agli incentivi.

Ora, con l’emendamento approvato in Commissione, questa distorsione è cancellata e, una volta votata la fiducia al decreto, gli operatori potranno tirare un sospiro di sollievo: gli impianti in questione avranno 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione dello stesso decreto per entrare in esercizio conservando il diritto agli incentivi e, dunque, vedono il periodo di tolleranza esteso anche oltre il limite originario del 28 marzo 2012 stabilito dal decreto Romani.

“Sono salvaguardati gli investimenti delle imprese che hanno investito sul fotovoltaico a terra nelle aree agricole, sulla base degli incentivi in vigore”, commenta a Qualenergia.it il senatore PD Francesco Ferrante.

Sparisce poi il comma che nella versione originaria parlava delle serre fotovoltaiche, equiparandole agli impianti su edificio e garantendo loro dunque semplificazioni autorizzative e incentivi più generosi: si sarebbe scatenata una vera e propria corsa alle serre, invece con il maxiemendamento il comma è cancellato e la disciplina resta quella stabilta dal decreto Romani.

C’è poi un’altra curiosa novità introdotta all’art.65 dall’emendamento: il comma 1, quello che stabilisce lo stop agli incentivi agli impianti su terreni agricoli, si legge, “non si applica agli impianti realizzati e da realizzare su terreni nella disponibilità del demanio militare”. Un evidente regalo al ministero della Difesa, che si accinge a realizzare diversi impianti fotovoltaici tramite Difesa S.p.a., il braccio energetico del ministero la cui nascita è stata resa possibile dalla legge 99 del 2009, la stessa che prevedeva il ritorno al nucleare (Qualenergia.it, Come il fotovoltaico entrerà nelle caserme italiane).

Difesa S.p.a., dunque, a differenza di tutti gli altri operatori privati del fotovoltaico, potrà continuare a realizzare impianti su terreni agricoli, ricevendo gli incentivi presi dalle bollette di tutti i consumatori. Un vantaggio non da poco che si aggiunge a un altro che Difesa S.p.a. ha: la legge 99, all’art. 27, prevede infatti che il Ministero della Difesa “può usufruire dello scambio sul posto per impianti alimentati da fonti rinnovabili di qualsiasi potenza (quindi anche superiore a 200 kWp, ndr), senza tener conto dell’obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell’energia prodotta e il punto di prelievo dell’energia consumata”.

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