Sovrapproduzione FV e la Cina spinge l’industria di casa

Nel mezzo della crisi da sovrapproduzione del fotovoltaico mondiale il governo di Pechino annuncia un nuovo piano per aumentare la capacità produttiva dell'industria domestica in tutta la filiera, silicio, celle e moduli. La Cina evidentemente punta sul mercato interno, che però rimarrà di difficile accesso per le aziende straniere.

ADV
image_pdfimage_print

Pare proprio che la pressione al ribasso dei prezzi del fotovoltaico mondiale non si fermerà, ma che anzi la discesa continuerà: tra le diverse variabili che lo fanno pensare si è aggiunto l’ultimo annuncio del governo cinese di voler far aumentare la capacità produttiva dell’industria domestica. Il ministero dell’Industria e delle Tecnologie informatiche cinese, infatti, ha annunciato dal suo sito web un nuovo piano per far produrre più silicio e celle fotovoltaiche alle aziende nazionali (noi lo leggiamo dal quotidiano in lingua inglese China Daily e da Bloomberg).

Vi si stabilisce che, entro il 2015, ognuna delle “principali aziende nazionali” (non meglio specificate) del silicio arrivi a produrre 50mila tonnellate l’anno e ognuna delle “principali aziende” che producono celle o moduli arrivi a una capacità annuale di 5 GW. Obiettivo è ridurre il costo del chilowattora FV fino a 0,8 yuan (0,09 euro) al 2015 e 0,6 yuan entro il 2020; far scendere il prezzo dei moduli sotto i 7.000 yuan (circa 830 euro) per kilowatt al 2015 e sotto ai 5000 yuan al 2020 e portare il costo di un piccolo impianto fotovoltaico a 13mila yuan/kWp (circa 1.540 euro/kWp) al 2015 e a 10mila yuan/kWp al 2020.

Il Governo di Pechino propone anche degli obiettivi tecnologici: efficienza del 21% per le celle al silicio monocristallino, 15% per quelle policristalline e 12% per l’amorfo. Occorre poi, spiega il piano, sviluppare i sistemi di accumulo e le altre tecnologie per le smart grid; importante sarà pure la spinta alla ricerca sul film sottile, tipo CIGS, per wafer più sottili (150-160 micron di spessore) e sulla tecnologia del “quasi-single crystal ingot” (nuova soluzione sviluppata da Suntech Power e JA Solar).

Insomma, sembra proprio che Pechino abbia tutta l’intenzione di supportare ancora più l’industria nazionale. Tuttavia in questo ultimo anno i prezzi di celle e moduli sono crollati quasi del 50% e continueranno a scendere: perché spingere le aziende di casa ad aumentare ulteriormente la capacità produttiva proprio in un momento in cui i magazzini sono pieni, con l’offerta che supera la domanda e la supererà anche nel 2012, visto il probabile rallentamento dei mercati europei?

La risposta è che la Cina, che non dimentichiamo essere un’economia pianificata a livello centrale, sta scommettendo sul mercato interno. A fine 2010 il paese aveva meno di un gigawatt di potenza fotovoltaica installata, nel 2011, a metà anno, è stata introdotta una tariffa incentivante nazionale e ci sono state nuove installazioni per 2 GW; le previsioni per il 2012 parlano di almeno 4 GW di nuove installazioni. L’obiettivo sul FV del piano quinquennale 2011-2015 è già stato rivisto al rialzo due volte: all’inizio, dopo Fukushima, è stato portato da 5 a 10 GW al 2015 e poi innalzato fino a 15 GW. Questo obiettivo secondo Pechino dovrà essere soddisfatto almeno per l’80% con materiale made in China.

Quel che è certo è che i nuovi programmi cinesi per l’industria fotovoltaica domestica metteranno ancora più sotto pressione i competitori del resto del mondo. La Cina, ricordiamo, già ora produce quasi la metà delle celle installate globalmente. Con lo sviluppo del mercato interno, i produttori cinesi, che puntano al ribasso sui prezzi con prodotti che non rispondono agli standard minimi per i mercati esteri, certamente troveranno sbocco in casa; e quelli che hanno prodotti di qualità adeguata potranno continuare a vendere sia in Cina che all’estero.

Nel contempo il mercato del fotovoltaico cinese rimarrà probabilmente di difficile accesso per i produttori e gli sviluppatori di progetti esteri. Anche se si fosse più competitivi sui prezzi, c’è infatti troppo controllo centrale e incertezza. Ad esempio la durata dell’incentivo per gli impianti, presumibilmente 20-25 anni, non è definita e in pratica è il governo centrale a decidere quali impianti fare: troppo fattori fuori controllo per un investitore privato occidentale.

ADV
×