Direttiva Ecodesign, per apparecchi a basso consumo

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La direttiva europea, definita anche EuP-Energy using Products, ha tempi lenti e le decisioni sono spesso annacquate da accordi volontari. Potrebbe riguardare potenzialmente gli standard energetici della metà degli apparecchi ed elettrodomestici ed arrivare ad abbattere i consumi elettrici di un terzo, aspetto strategico per il 2020.

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Il 2012 è un anno cruciale per la Direttiva europea Ecodesign, pensata per promuovere la progettazione e la commercializzazione di apparecchi con un ridotto consumo energetico.

La direttiva, chiamata anche EuP – Energy using Products, è stata pubblicata dalla Commissione Europea il 6 luglio del 2005, ma gli obiettivi prefissati sono ancora molto lontani. Su quasi 60 apparecchi da regolamentare, solo 5 hanno completato l’iter che porta alla standardizzazione delle modalità produttive e dei livelli di consumo massimo permessi, nonché alla commercializzazione con le nuove etichette energetiche. Si tratta di televisori, condizionatori e ventilatori domestici, frigoriferi e freezer, lavatrici e lavastoviglie.

Molti degli altri apparecchi dovrebbero vedere una stretta da parte della direttiva, proprio nel 2012, a meno che i problemi relativi alla gestione non continuino a rallentare il tutto.

Ne abbiamo parlato con Davide Sabbadin, che per Legambiente segue il gruppo di lavoro dell’European Environmental Bureau, occupandosi in particolar modo della direttiva Ecodesign: “Questa direttiva è fondamentale e coinvolge potenzialmente la metà degli apparecchi che consumano energia in Europa, potendo arrivare ad abbattere i consumi elettrici per un terzo. Si consideri che la direttiva da sola rappresenta un fattore importante del pacchetto 20/20/20”.

Per fare un esempio sull’entità del risparmio energetico possibile, basta guardare alle stime previste per alcuni dispositivi ancora da standardizzare con le nuove regole. I trasformatori elettrici, ad esempio, secondo gli studi preparatori conclusi nel 2009, consumano in Europa 80 TWh di energia elettrica, e 34 milioni di tonnellate di CO2. Non attuando alcuna misura, nel 2020 queste due cifre dovrebbero arrivare a 92 TWh e a 39 Mt. Secondo le stime più ottimistiche di Ecos, organizzazione europea di Ong ambientaliste, adottando fino in fondo le misure di Ecodesign, tra 8 anni il consumo di energia elettrica per i trasformatori potrebbe scendere drasticamente, risparmiando 10 TWh annui, con un consumo totale di CO2 in meno di 4 Mt.

In generale, secondo queste stime, ricalibrando la produzione dei dispositivi nel 2020 si potrebbero risparmiare nell’Ue in totale ben 556 TWh e 223 Mt di CO2. A cui andrebbero aggiunti i risparmi legati alle misure da adottare per singoli componenti o relative a più categoria, come le misure sugli standby. In questo caso il risparmio di consumi ulteriore ammonterebbe a 356 TWh di elettricità all’anno e a 150 Mt di CO2 in meno. I numeri quindi dimostrano l’importanza di misure del genere a livello continentale.

Purtroppo però, la direttiva ha tempi molto lenti, come ci spiega Sabbadin: “Per ora solo pochi prodotti hanno recepito gli standard nuovi per essere messi sul mercato. È difficile perché attorno alla direttiva si concentrano interessi politici, economici, di lobby. In più la Commissione europea su questo terreno non investe abbastanza in personale e risorse economiche, e siccome il tempo stringe, si orienta verso la costituzione di standard volontari da parte dei produttori. Ma chiaramente questa è una direzione che annacqua la direttiva”.

Per alcuni dispositivi infatti si fa avanti l’ipotesi che l’ambito dell’applicazione sia più vasto di quello inizialmente preventivato. E questo comporta discussioni estenuanti per ogni dispositivo. Entrando nello specifico, i tipi di energia considerati in maniera diretta dalla direttiva sono quella elettrica e quella termica.

Si misura il consumo di standby, del trasformatore, dello schermo, e così via. Ma ad esempio, per le macchine del caffè si è appurato che il tipo di capsule utilizzate e l’uso che se ne fa incidono sul consumo finale, e per stabilirne con certezza l’entità ci vorrebbe troppo lavoro rispetto alle risorse della Commissione. Ed è proprio questo che sta spingendo la Commissione ad accettare degli standard volontari da parte dei produttori.

“Effettivamente sono questioni molto complicate, e inoltre in questo momento è in corso la decisione se tenere tanti elettrodomestici nella direttiva e continuare ad aggiungerne, con il rischio che la Commissione non ce la faccia a seguire bene tutto, oppure se rafforzare e accelerare sugli standard già in programma”, dice Sabbadin, confermando le conclusioni del report indipendente sull’andamento della direttiva pubblicato a dicembre dal centro di ricerca Cses di Oxford.

Si tratta di una decisione delicata anche per il nostro paese, visto che l’Italia, dopo la Germania, è il più grande produttore di elettrodomestici d’Europa. Il modo in cui vengono definiti gli standard è un tema cruciale.

Ma qual è effettivamente il ruolo della Commissione europea nella determinazione degli standard? “La Commissione – spiega Sabbadin – si occupa della supervisione di tutti gli studi, li controlla. Il suo gruppo di lavoro si occupa di 37 studi preparatori, che riguardano i possibili scenari derivati dall’adozione degli standard, l’impatto sul mercato. La Commissione ascolta gli stakeholders, per arrivare a una normativa di compromesso”.

Gli stakeholder che si siedono al tavolo della Commissione sono le associazioni ambientaliste rappresentate dall’EED, gli Stati membri, le Confindustrie dei vari paesi, e le associazioni dei consumatori rappresentate nella Commissione Ue.  “Il problema della direttiva è che non esistono misure dei monitoraggi del mercato. Ci vorrebbe qualcuno che va in giro a controllare per vedere la reale applicazione degli standard”, sostiene Sabbadin. E così oggi i dispositivi più importanti per completare la procedura sono le caldaie e gli scaldabagni, che dovrebbero vedere completato il loro iter ad aprile. “Questi due dispositivi sono centrali sia dal punto di vista del consumo energetico che da quello economico-produttiva per l’Italia”, chiosa Sabbadin. Un motivo in più per tenere alta l’attenzione sulla direttiva Ecodesign.

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