Fotovoltaico su terreni agricoli e la corsa alle serre

Dopo il blocco degli impianti fotovoltaici sui terreni agricoli, ci si attende ora la corsa, e speculazione, agli impianti su serre, visti gli incentivi del conto energia equiparati a quelli su edifici. Il Ministro delle Politiche Agricole si fa garante della corretta applicazione della norma. Tutti concordi che lo scontro sull'articolo 65 non si chiuderà così facilmente.

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Dopo la questione del blocco degli incentivi sui terreni agricoli, ancora non definitivamente chiusa dall’approvazione del decreto legge 24/1/2012, che dovrà essere convertito in legge, il fotovoltaico si becca anche il tormentone della minaccia “serre fotovoltaiche”. Non c’è proprio pace per un settore forse troppo “in crisi di crescita”.

Oggi il Ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania, ha dichiarato che “finché ci sarò io, coloro che realizzeranno serre agricole con pannelli fotovoltaici saranno marcati stretti e insieme al ministero dello Sviluppo Economico e a quello dell’Ambiente, staremo attentissimi affinché siano evitate speculazioni di tutti i tipi: saranno vere serre con fotovoltaico”. Il Ministro Catania, acerrimo nemico degli impianti fotovoltaici a terra su terreni agricoli (Qualenergia.it) sembra rispondere a un comunicato di ieri di Legambiente che paventava un rischio di speculazioni per impianti FV su serre visti gli elevati incentivi, equiparati, dal recente decreto legge, a quelli su edifici.

Legambiente afferma, in sintesi, che senza limiti di potenza e con un livello ammissibile di ombreggiatura molto elevato (il 50%) potrebbe partire la corsa all’impianto su serra con il problema aggiuntivo che l’eccessiva quota di ombra non permetterebbe coltivazioni significative. Uno svantaggio economico comunque ben compensato dai nuovi generosi introiti del conto energia per questo tipo di applicazione.

L’associazione ambientalista aveva espresso parere favorevole sul blocco degli incentivi per impianti a terra, affermando che “il boom di progetti presentati al GSE rischiava di mandare in tilt il sistema e di diventare un boomerang per il futuro delle rinnovabili”. Tuttavia si è detta critica per come è stato realizzato l’articolo 65 del decreto. Non solo per l’eccessivo incentivo dato alle serre FV, ma anche perché eliminare del tutto una possibile integrazione al reddito delle sofferenti aziende agricole italiane con piccoli impianti FV a terra sarebbe un errore.

Secondo il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, “l’obiettivo dovrebbe essere quello di promuovere una corretta integrazione tra impianti energetici e agricoltura di qualità, mentre una norma del genere può solo favorire le speculazioni e aumentare i problemi ambientali, incentivando anche la creazione di nuove serre, con conseguente aumento del consumo di plastiche che già oggi, in molte regioni rappresenta un grave problema per lo smaltimento”.

Non crediamo che il dibattito-scontro sull’art. 65 si fermerà qui. In molti ritengono che già quanto disposto dal decreto Romani fosse utile a bloccare i fenomeni speculativi per gli impianti FV su terreno agricoli (limite del MW e/o del 10% del rapporto superficie terreno-moduli FV per impianti entrati in esercizio dopo il 28 marzo 2012); impianti che avrebbero avuto già da quest’anno una redditività comunque non così vantaggiosa. Resta critica la situazione per quegli operatori che avevano ottenuto i permessi per impianti con taglie importanti e che potevano entrare in esercizio prima del 28 marzo. Certamente un rischio assunto da questi imprenditori, visti i tempi di allacciamento sempre incerti, ma che ora, senza poterci nemmeno provare, resteranno impossiblitati a realizzare i loro progetti. Investimenti persi definitivamente? Si attendono ricorsi per il carattere retroattivo delle norme entrate in vigore.

Nella foto: Serra FV Winsol

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