Il solare a concentrazione per quando è nuvoloso

Si chiama LSC ossia il solare a concentrazione luminescente, che convoglia la luce sui brodi di una lastra, a differenza del CPV non ha bisogno di inseguitori e funziona anche con luce diffusa. Fino ad ora è stato penalizzato da fattori di concentrazione bassi, ma un'innovazione promette di raddoppiarne le prestazioni.

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Tra le molte tecnologie adatte a sfruttare l’energia solare molte restano dimenticate e semi sconosciute a causa di handicap che le rendono meno efficienti e dunque meno competitive rispetto a quelle principali. Nei laboratori delle università però si continua a lavorare e capita che arrivino anche gli attesi progressi che promettono di rimetterle in gioco. Ad esempio, ricercatori dell’Argonne-Northwestern Solar Energy Research Center e della Northwestern University hanno recentemente annunciato su Nature Photonics di aver trovato un modo per moltiplicare per due le prestazioni di un sistema che avrebbe diversi vantaggi.

Si tratta dell’LSC ossia il solare a concentrazione luminescente. Un sistema che concentra la luce del sole ricevuta da una lastra trasparente di materiale luminescente, convogliandola sui bordi, dove sono collocate le celle fotovoltaiche. Una tecnologia molto diversa dal solare a concentrazione convenzionale (a tal proposito si veda lo speciale tecnico di Qualenergia.it). Qui si parla di fattori di concentrazione molto più bassi – si arriva, ma solo in teoria, ai 100 soli, mentre i sistemi HCPV arrivano oltre i 1000 soli. A differenza che nel CPV e in gran parte del fotovoltaico, poi, con l’LSC c’è il vantaggio di poter usufruire anche della radiazione solare diffusa, ossia di produrre energia anche in giornate nuvolose. Altro punto di forza rispetto alle altre tecnologie di solare a concentrazione, l’LSC non ha bisogno di sistemi di inseguimento, i cosidetti tracker, che sono più costosi anche perché che nel CPV devono essere molto affidabili ed estremamenti precisi.

Fino ad ora però l’LSC è stato frenato dai suoi limiti: funziona bene solo su piccola scala, mentre all’aumentare dalla taglia le performance calano poiché gran parte della luce che colpisce la lastra viene riassorbita dal materiale prima di arrivare ai bordi, dove si trovano le celle fotovoltaiche. Proprio ai fini del superamento di questo limite si sono applicati Noel C. Giebink, Gary Widerrecht e Michael Wasielewski. Come scrivono su Nature Photonics, essi dimostrano in diversi cromofori (la parte delle molecole che dà il colore alla sostanza) “propagazioni quasi senza perdita che in ultima istanza consentono di aumentare di oltre il doppio il fattore di concentrazione rispetto ai sistemi LSC convenzionali”.

A ridurre l’assorbimento della luce – si spiega – è l’effetto microcavità che si ha quando la luce passa in una struttura di dimensioni comparabili a quelle della sua lunghezza d’onda. Questi concentratori LSC sono costituiti da due sottili pellicole poste su una lastra di vetro. La prima pellicola è uno strato di materiale luminescente che contiene una tintura fluorescente capace di assorbire e riemettere la luce del sole. Al di sotto c’è invece uno strato a basso indice di rifrazione simile all’aria dal punto di vista della diffusione della luce. Questa combinazione crea le micro cavità, la cui risonanza si può modulare cambiando lo spessore dello stato luminescente. Il risultato è che la luce emessa in un punto del concentratore non riesce a rientrare nello strato luminescente in nessun punto e dunque non viene riassorbita.

La nuova tecnologia, puntualizzano i ricercatori, va calibrata. Negli esperimenti fatti finora, su lastre microscopiche, si è migliorato del 15% l’output luminoso del concentratore sulla cella FV. Per concentratori delle dimensioni di una finestra, Giebink e colleghi stimano di riuscire ad ottenere un incremento del fattore di concentrazione fino a 25 soli: vorrebbe dire circa 2,5 volte le prestazioni dei sistemi LSC attuali. Probabilmente, fanno sapere, anche la struttura del nuovo concentratore verrà ridisegnata per renderlo sia più efficiente che meno cotoso da produrre.

Possiamo dunque attenderci sorprese positive dall’LSC nel futuro prossimo? “I concentratori luminescenti non sono una novità. L’uso di micro cavità per ridurre l’assorbimento della luce è interessante ma andrebbe approfondito – commenta a Qualenergia.it, Gianluca Timò, uno dei maggiori esperti italiani di solare a concentrazione – per verificare bene la configurazione geometrica proposta e capire anche gli  svantaggi associati a questa configurazione. In teoria, l’idea è di far emettere la luce dal colorante, ma di farla propagare in un materiale non assorbente a basso indice di rifrazione. Comunque, probabilmente parte della luce emessa dal colorante si perde e non viene raccolta dal materiale ad indice di rifrazione inferiore. Questo spiegherebbe perché, per ora, gli incrementi sul fattore di concentrazione sono limitati al + 15%.”

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