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L’Italia, dopo la definitiva uscita dell’opzione nucleare con il referendum di giugno, dovrà fare delle serie valutazioni sugli scenari a medio e a lungo termine. Non è un caso, infatti, che proprio a marzo di quest’anno la Commissione europea abbia reso pubblico un documento con gli scenari al 2050.

In riferimento a tali scenari la produzione elettrica dovrebbe essere totalmente de-carbonizzata, grazie a tre possibili soluzioni: rinnovabili, nucleare, sequestro di anidride carbonica.
Quindi i singoli paesi, compresa l’Italia, dovranno fare delle scelte, tenendo conto dei singoli scenari. Le centrali che costruiamo oggi dovranno funzionare anche tra 30-40 anni e dovranno essere compatibili con uno quadro di totale de-carbonizzazione.

La manifestazione contro il carbone del 29 ottobre scorso nasce proprio con questa intenzione: evidenziare che il tema dovrà essere affrontato non in una logica di “impianto per impianto”, ma in una logica complessiva.

L’Italia deve comprendere oggi cosa fare, perché si sta pensando a nuove centrali a carbone e si parla anche di sequestro dell’anidride carbonica, una soluzione ancora sperimentale e di cui non si conoscono né i costi, né l’impatto ambientale-sanitario.

Ci troviamo di fronte a un’opzione che presenta grossi nuovi problemi e un’altra, l’opzione delle rinnovabili, che invece gode di vantaggi, primo fra tutti quello dei prezzi: per il fotovoltaico negli ultimi quattro anni i prezzi di questa tecnologia si sono dimezzati. Mentre per il carbone il sequestro di anidride carbonica è molto costoso e se la CO2 andasse in atmosfera dovremmo confrontarci anche con la borsa delle quote di anidride carbonica che pesano sui bilanci delle aziende che fanno questa scelta, ma anche sui bilanci nazionali.

L’intervento di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia a Radio Articolo 1.