Rinnovabili, come passare dal 7 al 90% del mix elettrico in 20 anni

La Gran Bretagna entro il 2030 può passare dal 7% attuale di rinnovabili sul fabbisogno di elettricità al 90%. Uno studio GL Garrad Hassan commissionato dal WWF mostra come. Basterebbe promuovere l'efficienza e mantenere costante fino al 2030 il tasso di crescita delle rinnovabili già previsto per i prossimi 10 anni.

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Il 90% dell’elettricità da rinnovabili entro il 2030, partendo dal 7% circa attuale. Solo qualche anno fa molti avrebbero parlato di fantascienza di fronte a un’affermazione del genere. Invece ci si può arrivare, con le tecnologie che già ci sono, accantonando nucleare e fonti fossili, e anche in una nazione popolosa e vorace di energia come la Gran Bretagna, priva per di più delle risorse idroelettriche e solari che invece abbiamo in Italia (dove siamo già a circa il 20% di rinnovabili nel mix elettrico). Basta la volontà politica.


Sono ormai diversi e di diversa provenienza gli studi che mostrano come sia possibile riconvertire radicalmente il sistema energetico in tempi rapidi. E in alcuni paesi questi sono diventati veri programmi: la Scozia, ad esempio, si è già data ufficialmente l’obiettivo di arrivare al 100% di rinnovabili per l’elettricità nel 2020. L’ultimo studio del genere riguarda riguarda la realtà del Regno Unito (vedi documento in allegato in pdf) ed è stato commissionato dal WWF (ma realizzato dalla società di consulenza GL Garrad Hassan, del gruppo GL, che lavora anche per l’industria delle fossili).


In Gran Bretagna, eolico, energia dalle maree, solare e le altre rinnovabili, vi si legge, in meno di 20 anni possono arrivare a dare dal 60 al 90% del fabbisogno elettrico; la parte mancante verrebbe importata tramite reti transnazionali o ottenuta da centrali a gas. Nessuna centrale a carbone o a olii combustibili e nessun reattore nucleare.


E perché tutto ciò accada, tra l’altro, non è nemmeno necessaria una rivoluzione: i risultati che lo scenario ipotizza per il 2020 sono gli stessi che il governo di Londra si è dato per quell’anno. Per arrivare al 60-90% al 2030 basterebbe che i tassi di crescita delle rinnovabili impliciti negli obiettivi governativi per il 2020 restassero costanti anche per i 10 anni successivi. I tassi di crescita delle rinnovabili previsti dallo studio WWF da qui al 2030 sono infatti addirittura più bassi di quelli previsti in questo decennio dal piano di azione nazionale britannico per il 2020 (NREAP in inglese), nonché di quelli delle associazioni delle rinnovabili.



Per arrivare ad avere un sistema elettrico quasi completamente basato sulle rinnovabili quindi non occorrerebbero misure incentivanti tali da produrre un’ulteriore accelerazione, bensì basterebbe dare alle industrie delle energie pulite una prospettiva con un orizzonte temporale più lungo a livello di leggi e di incentivi. Le previsioni del governo (contenute nella recente riforma del mercato elettrico) che le rinnovabili crescano fino al 29% della generazione elettrica al 2020 per poi stabilizzarsi crescendo solo di 6 punti (fino al 35%) nei 10 anni successivi, secondo il report, rischiano di fare un danno economico al paese, azzoppando la competitività del settore (mentre il DECC, Dipartimento per l’energia e il clima, prevede l’obiettivo comunque sottodimensionato, secondo lo studio, del 40% al 2030).


Vari gli scenari tracciati dallo studio, che portano a un peso diverso delle rinnovabili sul mix elettrico 2030 (dal 61 all’88%). In tutti si presume un aumento dei consumi che considera anche l’incremento della mobilità elettrica e del riscaldamento elettrico, ma negli scenari più avanzati (esempio dei grafici) gioca un ruolo fondamentale l’efficienza energetica (che permetterebbe un risparmio di 40 miliardi di sterline sul parco elettrico necessario) e in quello che arriva all’88% anche le interconnessioni transnazionali che permettono di importare ed esportare energia pulita.



Non c’è infine poi bisogno di dire che la decarbonizzazione del sistema elettrico avrebbe grandi ricadute positive per l’economia britannica. Il report, oltre alla competitività della green economy nazionale e alla diminuzione della dipendenza dalle fonti fossili, cita qualche numero preso da altri studi sugli impatti in termini di nuovi posti di lavoro: 145mila sono gli impieghi che secondo il DECC si creerebbero usando il 29% delle risorse eoliche offshore di cui il paese è dotato, 68mila secondo Carbon Trust quelli che potrebbero nascere nel settore dell’energia dalle onde e dalle maree, 250mila, secondo Chris Huhne, quelli che che si aggiungerebbero nel settore dell’efficienza energetica.

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