Un progetto italiano di distillatore solare innovativo

Un ricercatore italiano alla Columbia University e un progetto per le aree desertiche del mondo: un distillatore solare innovativo, economico ed efficiente. Il progetto nasce a Bologna, cresce a New York e ora è in partenza per il Marocco. Obiettivo è la lotta alla desertificazione e la creazione di un'area di ecoturismo in un'oasi.

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Bisogna indossare degli speciali occhiali verdi per ripararsi dai raggi di un finto sole, fa caldo e alla parete c’è un ventilatore che imita il vento. Siamo nel Solar lab del Carleton laboratory, uno spazio dove, con un simulatore solare e una serie di software, si possono testare celle fotovoltaiche e pannelli.


In questa stanzetta all’interno del dipartimento di ingegneria civile, nel campus della Columbia University, a New York, negli ultimi mesi ha trascorso le sue giornate Andrea Conte. Al caldo di una lampada che simula il sole del deserto, circondato da termocoppie e computer, il ricercatore italiano ha testato il suo distillatore solare.


Il meccanismo è semplice e i materiali sono di uso comune, facile reperibilità e basso costo: un tubo di materiale trasparente (vetro o pvc) al cui interno c’è un secondo tubo opaco e scuro, che in questo prototipo è un semplice corrugato. Il tubo interno è aperto, l’acqua vi entra e da lì, per effetto del calore solare, evapora, crea condensa sulle pareti del tubo esterno ed esce distillata. Il distillatore solare, in sé, non è una novità, ma rispetto ai sistemi piani, questo modello tubolare offre maggiori rendimenti perché sia la superficie irraggiata che quella di condensazione sono a 360 gradi. Inoltre, un concentratore solare parabolico, realizzato con una semplice lamina metallica, aumenta l’irraggiamento e quindi la produttività. Il costo dovrebbe aggirarsi entro i 30 euro, ma il condizionale è d’obbligo, dato che i prezzi dei materiali variano di zona in zona.


Andrea Conte è un ingegnere italiano, dottorando all’università di Bologna, con un progetto dal titolo Buone pratiche e tecnologie appropriate per la gestione delle risorse idriche ed energetiche rinnovabili, in are urbane e rurali. La ricerca che ha portato alla realizzazione del distillatore solare, nasce in collaborazione con l’associazione bolognese italo-marocchina, Sopra i ponti, che ha vinto un finanziamento della Regione Emilia Romagna con il progetto “Dal deserto all’oceano”, per la lotta alla desertificazione e la creazione di un’area di ecoturismo nelle oasi di Foum Zguid, nel Sud del Marocco.


“La zona è molto poco sviluppata – spiega il ricercatore – non hanno strade, hanno poca energia elettrica e l’acqua non è potabile. Molti degli abitanti dell’area sono costretti a migrare verso i centri urbani. In quelle condizioni è difficile fare una rotta di ecoturismo per risollevare l’economia. Bisogna prima creare qualche infrastruttura e servizi. Una delle priorità è il problema dell’acqua. Da una ricerca sul campo che ho fatto l’anno scorso insieme a due allora laureande in ingegneria, Chiara Proni e Arianna Cutrupi, abbiamo constatato che per motivi climatici e geologici, le risorse idriche dell’area presentano alti livelli di arsenico e di salinità, tanto che l’acqua non può essere utilizzata nemmeno per l’irrigazione. Il sistema oasi è quindi in sofferenza. Per questo è necessario un distillatore a basso costo, ad alta efficienza e che non abbia bisogno di energia”.


Per risolvere il problema acqua, è stata coinvolta l’Università di Bologna e in particolare il l DICAM (Dipartimento di ingegneria civile, ambientale e dei materiali) e il gruppo di ricerca sulle Buone pratiche e tecnologie appropriate per la gestione delle risorse, guidato dalla professoressa Alessandra Bonoli, al cui interno Andrea Conte sta completando il dottorato. “Il distillatore in Marocco è diventato uno dei casi di studio del mio progetto di ricerca”, ci dice Conte. “L’idea era di realizzare una tecnologia che fosse gestibile in loco, di facile manutenzione. Spesso in questi casi vengo utilizzati distillatori a osmosi inversa che funzionano benissimo ma, quando il filtro va sostituito, i pezzi di ricambio non sono disponibili sul posto, e queste attrezzature restano lì come degli ‘ufo’ abbandonati nel deserto, inutilizzabili”.


La Columbia University è entrata in scena al momento della realizzazione del prototipo. Conte, che nel frattempo aveva deciso di fare un anno di scambio con la prestigiosa università americana, ha proposto l’idea all’ateneo, suscitando interesse e ottenendo supporto, attrezzature e tecnologie per metterla in pratica. In particolare a sostenere il suo lavoro sono stati il tutor in Usa, la professoressa Patricia Culligan, un ricercatore originario della Cina Dajiang Yang e il professore Upmanu Lall. “Soprattutto mi hanno messo a disposizione un piranometro per misurare l’irraggiamento solare, un software con cui potevo monitorare continuamente le temperature e uno con cui potevo valutare l’effetto dell’elemento vento. Tutti strumenti utilissimi per la mia ricerca”.


Così il distillatore solare nato a Bologna, è oggi ospitato nel solar lab del campus newyorkese dove, goccia a goccia, continua a produrre acqua pura, anche quando non è esposto alla luce solare grazie all’effetto del calore che si accumula all’interno del tubo. Il prototipo è lungo 52 cm e può trattare piccoli volumi: per un litro di liquido in ingresso in questa versione produce in un giorno circa 300 ml di acqua distillata. La tecnologia è tuttavia facilmente riproducibile su grande scala: basta allungare la tubatura. Con dimensioni maggiori si ottiene anche un migliore rendimento.


L’idea sarà presentata la prossima settimana a Ecomondo, a Rimini, e a gennaio alcuni esemplari più grandi saranno realizzati in Marocco e messi alla prova sul campo, per un primo progetto pilota. La popolazione locale sarà istruita su come gestirli e come fare manutenzione. Poi il distillatore solare nato dalla collaborazione Italia-Usa sarà pronto per essere utilizzato dovunque ce ne sia bisogno e forse anche diventare un brevetto ed essere commercializzato. Su questo, però, il giovane ricercatore italiano non si sbilancia: “Ci sono parecchie persone interessate, ma non so ancora che strada prenderà”.

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