Dove colpirà più duro il clima impazzito?

Con le alluvioni l'Italia sta sperimentando cosa significa per un territorio mal gestito e impreparato affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici. Un report Maplcecroft mostra dove nel mondo il global warming colpirà più duro. Più a rischio i paesi popolosi del sud del mondo, potenze emergenti comprese, ma neanche l'Europa può stare tranquilla.

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Quel che è successo in questi giorni, con le alluvioni in Liguria e Toscana, rende bene l’idea di come un territorio mal gestito e che non si sta preparando ad affrontare il clima che cambia sia vulnerabile a uno degli effetti tipici del cambiamento climatico, l’alterazione nel pattern delle precipitazioni, che diventano più concentrate e intense.

Un anno fa, quando sott’acqua era andato il Veneto, Vincenzo Ferrara, uno dei più autorevoli climatologi italiani, commentava a Qualenergia.it: “Fenomeni del genere saranno sempre più frequenti e il rischio deve essere ricalcolato di conseguenza. Quando si fa pianificazione del territorio o si progettano infrastrutture, come le strade, che dureranno decenni, si dovrebbe già ragionare tenendo conto di come il clima sta cambiando e come sarà negli anni a venire. Invece questo non si fa: si continua a guardare al passato. E’ come guidare guardando solo lo specchietto retrovisore”.

E, per come vanno le cose, sembra che sulla gestione del territorio si stia continuando a guidare non solo guardando all’indietro, ma anche bendati. Come hanno osservato in questi giorni il climatologo Luca Mercalli e il geologo Mario Tozzi, la messa in sicurezza del territorio “a partire dal 2006 ha visto i fondi dimezzati, mentre si troverebbero, o si dice di trovare, i soldi per la Torino-Lione o per il ponte sullo Stretto di Messina”.

Male, perchè il nostro paese nella mappa della vulnerabilità agli effetti del global warming ha diverse zone scure, cioè aree che subiranno maggiormente degli effetti del clima impazzito. Stiamo parlando della carta (qui in pdf l’edizione 2011) disegnata dalla società di analisi del rischio Maplecroft per il suo Climate Change Vulnerability Index (CCVI), la cui ultima edizione è appena stata pubblicata.

Uno studio realizzato con l’intento, vagamente cinico, di “permettere alle aziende di rendere i loro investimenti più resilienti ai cambiamenti climatici”, che mostra dove gli effetti del global warming colpiranno più duro nei prossimi 30 anni. Diversi i fattori che Maplecroft considera per determinare dove il global warming farà più male: in primis ovviamente le conseguenze metereologiche in sè, come aumento di siccità, alluvioni e altri fenomeni estremi, ma anche fattori che amplificano la vulnerabilità a questi impatti, come questioni demografiche, sviluppo economico, risorse naturali, dipendenza dall’agricoltura, possibili conflitti, efficacia delle azioni di adattamento.

Ne esce un quadro che per diversi paesi molto importanti per economia e popolazione è allarmante: nell’elenco dei bollati come “a rischio estremo” ci sono soprattutto i giganti emergenti come Bangladesh, India, Filippine, Vietnam e Pakistan.

La preoccupazione di Maplecroft è per le conseguenze sull’economia mondiale che potrebbero avere disastri in questi paesi, che stanno attirando sempre più investimenti dall’occidente e che sono il motore della ripresa dell’economia mondiale.

Il paese più a rischio nel CCVI dell’anno scorso (sorpassato da Haiti in quest’ultima edizione), il Bangladesh, che ad esempio ha visto la sua economia crescere dell’88% dal 2000 al 2008 e si prevede che continui la crescita a tassi del 5-6% l’anno; ma, oltre ad esser ad alto rischio sia per siccità che per alluvioni, ha livelli di povertà estrema, un’alta dipendenza dall’agricoltura e un governo che sta facendo troppo poco per prevenire gli effetti del global warming.

In generale i più colpiti sono anche i paesi con popolazioni numerose, povere e in crescita. E a livello sub-nazionale le grandi città soffriranno di più: tra quelle più a rischio importanti megalopoli di paesi emergenti come Calcutta in India, Manila nelle Filippine, Jakarta in Indonesia, Dhaka e Chittagong in Bangladesh e Addis Abeba in Etiopia. Alto il rischio anche per Guangdong in Cina, Mumbai, Delhi e Chennai in India, Karachi in Pakistan e Lagos in Nigeria. Punti caldi per gli impatti che riceveranno poi saranno il sudovest del Brasile e le regioni costiere della Cina.

Se il sud del mondo pagherà il conto più salato, a poter stare relativamente tranquilli, guardando alla carta, sembrano comunque solo una manciata di paesi in tutto il pianeta: Islanda, paesi scandinavi, Danimarca e Irlanda. Per tutti gli altri il rischio è comunque medio e, andando a guardare il livello sub nazionale, anche in Italia e in Europa le zone contrassegnate con il colore scuro, che indica pesanti impatti, non mancano affatto.

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