Accumuli per la rete e moratoria per le ‘fastidiose’ rinnovabili

Con la crescita delle rinnovabili non programmabili il problema di adeguare la rete dotandola di accumuli è sempre più pressante. Mentre Terna e i produttori non riescono a mettersi d'accordo, il Tavolo della Domanda di Confindustria propone la sua “soluzione”: congelare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

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Eolico e fotovoltaico sempre più diffusi possono “disturbare” il sistema elettrico o è l’inadeguatezza della rete a ostacolare lo sviluppo delle rinnovabili non programmabili? La questione è centrale in quest’epoca in cui le energie pulite, specie quelle che danno elettricità in maniera discontinua e non programmabile, cominciano a incidere con numeri rilevanti sul sistema elettrico: a fine anno, ricordiamo, probabilmente avremo 12-13 GW di fotovoltaico allacciato. Servono, se non immediatamente, di certo per il futuro, sistemi di accumulo per immagazzinare energia nelle ore in cui la domanda è inferiore alla produzione e restituirla quando ne manca (Qualenergia.it, Reti elettriche e accumulo, il paradigma che cambia). Quanto sia calda la questione lo si è visto anche nei giorni scorsi nella polemica tra Confindustria, gestore di rete, utility e associazioni delle rinnovabili


Il prologo martedì scorso, quando si è tenuto un Comitato consultivo tra gli utenti della rete, cioè i produttori, e il gestore, Terna, che ha presentato un piano (risalente al 2009) per realizzare accumuli: si partirebbe con 130 MW di accumulo diffuso (batterie) in corrispondenza dei punti critici della produzione al Sud del (Foggia, Benevento, Avellino, Salerno), come tra l’altro previsto dal d.lgs. 28/11 sulle rinnovabili e dal. 93/11 sul mercato dell’energia. (si legga parere di G.B. Zorzoli su Qualenergia.it , Sistemi di accumulo, prima si realizzano meglio è Sistemi di accumulo, prima si realizzano meglio è, Sistemi di accumulo, prima si realizzano meglio è).


A dir poco tiepida l’accoglienza dell’idea da parte delle utility in Comitato: le batterie non è detto che servano, dovranno stabilirlo Ministero e Autorità per l’Energia, se così fosse la loro realizzazione e gestione dovrà essere messa a gara, è il riassunto delle posizioni, che a dire il vero, hanno evidenziato differenti sfumature: Assoelettrica e Aiget più intransigenti, mentre Federutility e Confindustria pur non osteggiando a priori il Piano di Terna hanno chiesto approfondimenti.


Dietro la freddezza dei produttori gli analisti leggono interessi economici: si teme che gli accumuli spiazzino la già deficitaria produzione dei cicli combinati, al momento il più efficace strumento di compensazione dell’intermittente produzione da rinnovabili.


Giorni dopo arriva l’intervento del Tavolo della Domanda di Confindustria. Il Tavolo, che riunisce i più grandi consumatori di energia, non si sbilancia sulla fattibilità o sull’opportunità delle batterie (lo dovranno decidere Mse, Autorità, Terna, Enea, Cesi, ecc., sostengono), ma propone la sua “soluzione”: fermare lo sviluppo delle rinnovabili. Ci vuole una una moratoria sui grandi impianti eolici e fotovoltaici, in attesa di un piano complessivo per la rete.


Nella lettera iniviata al Mse (in allegato in basso), l’organismo confindustriale fa sentire le sue paure: lo sviluppo delle fonti pulite non programmabili secondo le loro previsioni potrebbe arrivare 30 GW già a fine 2012 (mentre il totale delle rinnovabili, comprese quelle programmabili, ha già superato quella soglia, ndr) quasi il 100% del fabbisogno in alcuni week-end, si ricorda. Al 2016 le fonti aleatorie potrebbero arrivare a 40 GW, si legge. Una situazione “critica per la sicurezza del sistema”, soprattutto nella rampe serali: il Tavolo teme “il dissolvimento totale del mercato, in una realtà dove a fianco delle fonti rinnovabili non programmabili ci sarà solo posto per le unità essenziali con la conseguenza che il prezzo della commodity sarà definito di volta in volta solo dalla gravità della emergenza raggiunta. Torneremo alla definizione delle tariffe per via politica, con la conseguenza di non avere più necessità di una Autorità, a quel punto priva di ambiti da regolare”.


Una visione, quella che vede le rinnovabili come un problema da contenere, che ovviamente non piace alle associazioni del settore. Per Anev la moratoria è “una richiesta pretestuosa che peraltro contrasta con la necessità più volte sostenuta dai consumatori di ridurre il costo dell’energia in tariffa. A fronte di un peso infinitesimale degli incentivi per le rinnovabili, infatti, il costo del mancato raggiungimento degli obiettivi Ue al 2020 sarebbe molto più alto. Senza considerare le cause di risarcimento danni che un provvedimento simile innesterebbe. Forse sarebbe più opportuno fare un’operazione trasparenza e concentrarsi su tutti gli altri oneri che incidono in bolletta, come ad esempio le accise”.


Nel comunicato l’associazione dell’eolico mette in dubbio anche che quella italiana sia una situazione di emergenza: “In altri Paesi come Spagna e Germania la percentuale di produzione rinnovabile sul totale è già molto più alta della nostra”. L’eolico ad esempio da noi pesa per il 2,6% dei consumi nazionali di elettricità e nel 2020, secondo il Piano d’Azione Nazionale, si arriverà al 6-7%. Poco in confronto a paesi come Danimarca (24%), Spagna (14,8%), Portogallo (14,4%), Irlanda (10,1%) e Germania (9,4%) che gestiscono “senza alcun problema tecnico percentuali fino a dieci volte maggiori”.


Simile il messaggio di Aper: “Non ci stiamo a fare il capro espiatorio di tutti i mali del sistema energetico ed elettrico italiano – dichiara il presidente Agostino Re Rebaudengo – e una paventata moratoria sarebbe la cosa più sbagliata che si possa ipotizzare”. Anche perché “metterebbe a rischio lo sviluppo di un settore chiave ed anticiclico”. Le rinnovabili, conclude, “non sono un problema ma una grande opportunità”.


Contro la moratoria anche l’associazione del fotovoltaico di Confindustria, il Gifi “Riteniamo importante dare avvio a un tavolo di discussione che guardi a uno sviluppo ordinato delle fonti rinnovabili in generale e del fotovoltaico in particolare, senza bloccare però la costruzione di grandi impianti. Questo rappresenterebbe l’ennesimo cambiamento e darebbe un segnale fortemente negativo al settore”, sottolinea il presidente Valerio Natalizia. Anie – Gifi  manifesta il suo “dissenso sulla recente diffusione di dati allarmanti sull’andamento del settore: sarebbe opportuno quantificare il reale impatto sulla rete elettrica della crescente quantità di energia rinnovabile non programmabile”.


Per il fotovoltaico  – aggiunge il comunicato Gifi – esistono già gli strumenti tecnici per controllare l’eventuale eccedenza di produzione di energia elettrica, attraverso, per esempio, l’utilizzo di inverter in grado di dialogare con la rete e di regolare l’erogazione di energia prodotta a seconda del segnale inviato dal gestore di rete.”Purtroppo, però, mancano le normative di riferimento già sviluppate in altri paesi in cui la quota di energia rinnovabile è anche maggiore della nostra. A nostro avviso – conclude Natalizia – occorre un’accelerazione sulla definizione e il conseguente rispetto di normative tecniche volte a regolamentare l’utilizzo di tecnologie già esistenti. È necessario programmare in tempi brevi lo sviluppo e il potenziamento della rete elettrica nazionale, non solo in termini di infrastrutture, ma anche attraverso la rapida evoluzione delle Smart Grid, che rappresentano una fondamentale evoluzione tecnologica in grado di supportare ancor meglio la produzione e l’integrazione dell’energia da fonti rinnovabili.”


Tornando alla questione degli accumuli, ieri è intervenuto nel merito il sottosegrtario con delega all’energia del Mse, Stefano Saglia: “Cerchiamo di fare delle regole per i sistemi di accumulo e le batterie, sempre tenendo conto che Terna non deve produrre”, ha dichiarato intervenendo a un convegno. “Le regole sono chiare: chi trasporta non produce e chi produce non trasporta, il terzo pacchetto energia è chiaro. Questo non vuol dire che non si debbano fare gli accumuli, si debbono fare ma bisogna programmare dove farli. Non è una cosa che possa essere lasciata alla libera opinione degli operatori. Vanno fatti dove servono e stabiliremo dove servono”.  Nel suo intervento, il sottosegretario ha spiegato che “ci vuole una rete ‘magliata’, in modo da rendere più efficienti le fonti energetiche rinnovabili a sud”.


(credit foto Mobycat via flickr)

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