Il (poco) rassicurante report sul nucleare britannico

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Dopo Fukushima, l'autorità sul nucleare britannica pubblica una relazione sulla sicurezza delle centrali di casa. Nonostante i diversi i problemi che emergono, e che ricordano l'insicurezza intrinseca dell'atomo, il report tranquillizza il paese, che ha un piano per 8 nuove centrali. Per qualcuno però si tratta di un lavoro lacunoso e di parte.

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Anche se il nucleare britannico “non presenta fondamentali problemi di sicurezza”, sono circa 38 le aree in cui gli operatori sono stati chiamati a fare qualcosa per ridurre i rischi associati ad eventuali allagamenti e la non preparazione alle emergenze. E se non lo faranno si potrebbe anche arrivare a fermare le centrali. Ma l’ipotesi è remota e la sicurezza complessiva buona. E’ questo il sunto estremo di quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Office for Nuclear Regulation (ONR) sulle centrali del paese, ordinato dopo Fukushima per valutare eventuali rischi in patria (vedi allegato e sito ONR) .


Gli esperti della ONR, dopo aver visitato Fukushima e studiato le raccomandazioni della International Atomic Energy Agency, sono andati a ispezionare siti e impianti del nucleare di casa. Ne esce una relazione relativamente rassicurante (e secondo alcuni confezionata per rassicurare) ma che ricorda comunque l’insicurezza intrinseca del nucleare. Tra righe si legge infatti che le debolezze che hanno portato al disastro in Giappone non sono affatto assenti negli impianti del Regno Unito.
Si parla ad esempio di necessità di rivedere la dipendenza delle centrali da infrastrutture esterne, come la rete elettrica. E proprio la mancanza di elettricità a Fukushima impedì di pompare l’acqua necessaria raffreddare i reattori, causando la tragedia.


Il report poi mette in evidenza i problemi e le sfide da affrontare per il decommissioning e lo smaltimento delle scorie: su questo sito abbiamo ricordato altre volte i costi in continuo aumento che la Gran Bretagna si trova ad affrontare su questo versante. (Qualenergia.it, I costi per chiudere con il nucleare). Dove si segnalano i rischi più concreti è negli stabilimenti per la produzione di armi atomiche, che, dice il report, in seguito ad alluvioni o terremoti potrebbero disperdere radioattività nell’ambiente e dove si hanno impianti ancora totalmente dipendenti dalla rete elettrica.


“Resto convinto che gli impianti nucleari britannici non hanno carenze fondamentali di sicurezza (…) Ma la nostra filosofia e di continuo miglioramento”, dichiara comunque alla stampa il direttore dell’ONR, Mike Weightman. Allo stesso tempo però fa sapere che se gli operatori non dovessero accogliere i suggerimenti, l’ONR avrebbe “i mezzi legali per farli mettere in pratica”, compresa la possibilità di far fermare le centrali, ipotesi comunque remota.


Insomma, il report evidenzia alcune lacune ma in genere rassicura, facendo contento il governo di Londra. “Il rapporto rende chiaro che il Regno Unito ha uno dei migliori sistemi di sicurezza sul nucleare al mondo e che l’energia nucleare può continuare a dare energia a case e aziende in tutto il paese, dando anche lavoro”, dichiara il segretario per l’energia Chris Huhne. La Gran Bretagna dunque può proseguire nel suo piano atomico, che prevede 8 nuove centrali. Un piano che l’esecutivo aveva approvato ancora prima di vedere il rapporto ONR: per questo motivo Greenpeace ha intrapreso un’azione legale.


L’imparzialità del report, d’altra parte, è messa in discussione da diverse voci: “Vedo una grande influenza della mano nascosta dell’industria”, spiega al Guardian l’analista indipendente John Lange. Diverse le lacune che rileva nel lavoro: ad esempio non si tiene in considerazione l’ipotesi di attacchi terroristici con aerei contro le centrali – Fukushima, spiega “è stato un regalo per i terroristi, ora sanno quanto vulnerabili sono questi reattori” – ma il vero “buco” nel report è che non dice che “i reattori britannici non sopravviverebbero più di un ora senza elettricità. Penso che i regolatori si siano semplicemente allineati al governo”.


Una relazione di parte e lacunosa anche secondo Paul Dorfman, ricercatore della University of Warwick, e membro del Nuclear Consultation Group, sempre sentito dal Guardian. Tra le mancanze segnalate “lascia aperta la questione sui rischi in caso di allagamenti e altri rischi”. Per Louise Hutchins, di Greenpeace, infine si tratta di un report “fatto in fretta, prima di conoscere tutte le implicazioni di quanto successo a Fukushima. E’ stato realizzato con un obiettivo: dare il via libera a una nuova generazione di centrali nucleari”.

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