Verso la COP17 di Durban, un negoziato con pochi sbocchi

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L’euforia che aveva accolto gli accordi di Cancun si sta dimostrando prematura, con un testo ancora interpretato in modo differente a dimostrazione delle sue ambiguità. Sette giorni di negoziato preparatorio a Panama fanno pensare che il risultato della COP17 di Durban sarà deludente, ma alcune soluzioni ci sarebbero.

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Si è conclusa venerdì 7 ottobre 2011 a Panama, la terza parte della riunione dei gruppi di lavoro sul protcollo di Kyoto (AWG-KP) e sulla Convenzione UNFCCC (AWG-LCA) in preparazione della diciassettesima conferenza delle Parti della Convenzione (COP17) prevista a Durban in Sud Africa dal 28 novembre al 10 dicembre 2011.


I sette giorni di negoziato a Panama non hanno chiarito quale sarà il risultato del summit di Durban, quando 194 paesi sovrani saranno nuovamente chiamati a dare una risposta all’interrogativo che la comunità internazionale si pone ormai dal lontano dicembre 2005: quale il futuro degli impegni di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra dopo il 2012 nell’ambito del protocollo di Kyoto? Quale il futuro della Convenzione UNFCCC e come regolare le emissioni degli Stati Uniti e dei paesi in via di sviluppo con le maggiori emissioni?


Dopo il fallimento del summit di Copenhagen nel 2009 e il debole risultato di Cancun nel 2010, da Durban quasi nessuno si aspetta belle sorprese. Troppa la distanza tra le parti, troppe le ambiguità ancora in gioco, i dubbi non risolti, le posizioni più radicali ancora presenti, mentre le emissioni di gas a effetto serra sono in crescita e la battaglia contro il riscaldamento climatico sempre più difficile.


Al contrario di quanto si sente in giro, il Protocollo di Kyoto non si estinguerà il 31 dicembre 2012. Nella sua forma attuale, il Protocollo continuerà ad esistere e ad essere applicato pur mancando ovviamente della sua parte operative legata agli obblighi di riduzione vincolanti. Questo almeno fino a quando le parti non decideranno di sostituirlo con un altro trattato.


Nel negoziato internazionale per il dopo 2012, tre sono i gruppi di paesi che sembrano delinearsi a Panama:



  1. Paesi in favore del secondo periodo di adempimento del protocollo di Kyoto senza nessuna condizione (Brasile, Cina, India, Sud Africa, Argentina e la maggior parte dei paesi in via di sviluppo riuniti nel gruppo dei 77 e Cina)

  2. Paesi contrari al secondo periodo di adempimento del protocollo di Kyoto (Federazione russa, Giappone e Canada)

  3. Paesi disposti a considerare il secondo periodo adempimento ad alcune condizioni (Unione Europea, Svizzera, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda)

La differenza tra i tre gruppi di paesi è abissale tanto da far pensare a molti che l’unica via d’uscita possibile sia quella di un accordo di tipo transitorio tra i volenterosi che escluda i paesi con posizioni più intransigenti. Ovviamente questo tipo di soluzione riguarderebbe un gruppo di ristretto di paesi con l’esclusione di molte emissioni, mettendo quindi seriamente in dubbio l’efficacia del sistema Kyoto e gli obblighi di riduzione intrapresi in materia di riduzione effettiva del riscaldamento globale.


Ancora più a rilento prosegue il lavoro riguardante il futuro della Convenzione dove nella maggior parte dei casi i gruppi di lavoro ristretti non sono riusciti a ridurre il testo negoziale e si presenteranno a Durban con un bel carico di lavoro sulle spalle. Da segnalare in questo ambito la frustrazione di molti paesi in via di sviluppo che hanno visto un arretramento dei paesi industrializzati nella discussione sui finanziamenti e nell’identificazione delle fonti di finanziamento a lungo termine. In ogni caso, le parti hanno lasciato Panama con molti dubbi sul futuro del pacchetto di decisioni che eventualmente la COP17 sarà chiamata ad adottare. E ovviamente c’è assoluta incertezza sull’esito finale del negoziato sulla Convenzione, con gli Stati Uniti non ancora pronti ad un impegno chiaro e preciso su un accordo globale giuridicamente vincolante.


Le aspettative per Durban sono dunque abbastanza limitate. Sembrano davvero pochi gli sbocchi per questo negoziato e ci si domanda quale sia l’utilità e l’efficienza di un sistema di tali dimensioni. Ben presto, l’euforia che aveva accolto gli accordi di Cancun si è rilevata abbastanza prematura e soprattutto il testo degli accordi di Cancun viene ancora interpretato in modo differente a dimostrazione delle sue ambiguità diffuse.


Il destino del regime internazionale sul clima sembra quindi ancora incerto e le chiavi per il suo sbocco ancora lontane. Una soluzione potrebbe essere fornita da innovazioni da inserire nel Protocollo di Kyoto in maniera graduale al fine di aumentare l’efficacia ambientale di tale trattato e allo stesso tempo assicurare la più ampia partecipazione possibile. Un ruolo fondamentale potrebbe essere giocato dal settore forestale e dalla riduzione della deforestazione e della degradazione forestale da parte dei paesi in via di sviluppo. Il polmone del pianeta forte di un potenziale di riduzione delle emissioni globali di gas a effetto serra pari almeno al 15% potrebbe offrire la possibilità ai paesi sviluppati di incrementare il livello dei loro obiettivi e contribuire a rafforzare l’effetto positivo del protocollo di Kyoto sul clima globale.


La risposta, come in ogni COP che si rispetti, nelle ultime ore dell’ultima notte della conferenza, quando i leader mondiali dovranno decidere. Decidere se chiudere, o se, come sembra, rimandare ancora una volta.


 


photo credit: http://www.flickr.com/photos/37344396@N07

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