La carenza di governance su rinnovabili ed efficienza

Mancano normative e regole stabili per rinnovabili ed efficienza energetica. Gli incentivi possono mettere in moto un settore, così come accaduto con il fotovoltaico, ma oggi in Italia la certezza del quadro generale è anche più importante della dimensione quantitativa degli incentivi. Il pressing sul Governo con il 'ritardometro' del Kyoto Club.

ADV
image_pdfimage_print

Da oggi è on line sul sito del Kyoto Club il “ritardometro” che nasce dall’idea che sia ormai necessario fare pressing sul governo per evitare quanto già accaduto con i provvedimenti sui titoli di efficienza energetica, previsti nell’agosto 2008 dal Dlgs 115 e dal decreto gemello, Dlgs 99 del 2009, ma mai venuti alla luce.

La direttiva europea 28 del 2009, recepita dal Dlgs 28/2011, prevede nel caso di mancato raggiungimento del 17% di penetrazione delle rinnovabili elettriche e termiche sui consumi finali, un sistema sanzionatorio, anche se poi sarà messo in piedi con le lunghe e farraginose procedure dell’Unione Europea. Per raggiungere questo obiettivo servono quindi i decreti attuativi indicati da quel provvedimento. Un provvedimento che – sebbene pieno di incertezze e incapace di affrontare nel profondo i temi della promozione delle rinnovabili e dell’efficienza –  contiene alcuni principi interessanti.

“Tuttavia – ha spiegato Mario Gamberale, Amministratore delegato di AzzeroCO2 e responsabile del Gruppo di Lavoro ‘Fonti Rinnovabili’ del Kyoto Club nel corso della conferenza stampa dello scorso 6 ottobre – per essere operativo questo Dlgs ha bisogno di 20 strumenti, di cui 6 fondamentali, che sono proprio quelli su cui si sta accumulando il ritardo. Oltre all’incertezza che si viene a creare, questi ritardi creano un problema di velocità rispetto alla realtà delle imprese e delle idee di politica energetica basate su questi provvedimenti; tempistiche che ormai sembrano viaggiare con passi troppo diversi tra loro e che fanno sembrare il governo e le istituzioni energetiche coinvolte nella definizioni di tali norme lontani dalla realtà e dalla necessaria ristrutturazione del sistema energetica”.

I tempi per le decisioni sono più che mai urgenti, perché c’è un’altra partita da valutare, quella del monte incentivi previsto con il decreto legislativo 28/2011. “La situazione oggi è molto seria – spiega Gamberale – perché il governo ha deciso che gran parte degli strumenti di incentivazione verranno finanziati attraverso le tariffe elettriche e gas, potenziando le tariffe omnicomprensive e riducendo di fatto l’impatto dei certificati verdi. E non si parla della mancata conferma del 55%, per citare gli altri strumenti basati sulla fiscalità”. “Quindi – ha sottolineato Gamberale – la voce principale di prelievo per alimentare le rinnovabili elettriche, termiche e l’efficienza è legata alle tariffe. Ma ora il fotovoltaico, che è l’unica tecnologia con un sistema di incentivazione e di regole per i prossimi mesi, forse anni, sta di fatto mangiandosi quel plafond di risorse previsto dal Dlgs 28/2011 per tutte le rinnovabili, circa 7 miliardi di euro all’anno. Una cifra che ha toccato adesso i 6 miliardi di euro all’anno di prelievo in tariffa per la promozione di tutte le rinnovabili, ma in cui il fotovoltaico ha un peso preponderante”.

Insomma, questa situazione fa ritenere che lo spazio per le altre tecnologie possa essere compresso se non verranno fuori quanto prima gli strumenti e un quadro regolatorio adeguato. Purtroppo, fonti ufficiose fanno sapere che per le rinnovabili termiche, biometano ed efficienza energetiche i decreti attuativi non sono all’ordine del giorno, neanche per la definizione di bozze da discutere con gli operatori.

Sempre su questa linea – e di conseguenza sui ritardi che si vengono ad accumulare su tutti i decreti applicativi e sulla normativa di settore – ci si deve porre una domanda: perché comparti così rilevanti per giro d’affari, numero di imprese coinvolte e fondamentali per gli obiettivi vincolanti al 2020 devono dipendere da  uno staff al ministero dello Sviluppo economico che, benché capace, è costituito solamente da 3-4 persone? Staff spesso impegnato, e giustamente, in audizioni quotidiane, con le associazioni le aziende di settore.

Quello che emerge è un quadro generale di cronica carenza di governance di questi  settori, che manda in sofferenza migliaia di operatori, nonostante stiamo di fronte ai comparti industriali che finora hanno meglio retto la crisi.

Questo è il timore anche di Andrea Tomaselli, Presidente di AssoESCO,  Associazione italiana delle Energy Service Company, che, nel suo intervento nella conferenza stampa del 6 ottobre, è partito dalla scoraggiante valutazione che l’efficienza energetica continua ad avere scarsissimo appeal da parte della politica.

Anche Tomaselli punta il dito verso la mancanza di certezze normative e regolatorie. Se per il presidente di AssoESCO è vero che gli incentivi possono mettere in moto un settore, così come accaduto con il fotovoltaico, permettendo un aumento dei volumi e dunque una diminuzione dei costi, oggi in Italia la certezza del quadro è quasi più importante della dimensione quantitativa degli incentivi. Un esempio evidente: il quadro normativo dei titoli di efficienza energetica (TEE) sul quale il governo entro quest’anno dovrà dire quali saranno i nuovi obiettivi a partire dal 2013.

“Sarei sorpreso positivamente di vedere in anticipo gli obiettivi dei TEE rispetto alla scadenza, visto che negli anni precedenti ciò non è mai accaduto, ma non ci credo”, ha dichiarato Tomaselli, aggiungendo: “Come potremo programmare oggi interventi di efficienza energetica per il 2013-2014 se non sappiamo quale sarà il valore dei certificati bianchi, l’unico strumento bancabile di queste iniziative. Al momento è impossibile. Allo stesso modo, anche se più avanti nel tempo, al 2016 scadrà il regime dei certificati verdi e nessuno sa cosa accadrà dopo”.

A parte i ritardi dei decreti, poi c’è anche una certa confusione tra i legislatori. “Nel corso della conferenza dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas di Milano (5 ottobre, ndr), che ha raccolto tutti gli operatori per parlare delle nuove regole dell’efficienza energetica, il GSE, i due ministeri, Sviluppo Economico e Ambiente, e la stessa Autorità, in uno scenario surreale, si sono messe a dibattere tra di loro su come interpretare il decreto sulla cogenerazione uscito ai primi di agosto”. Ma sappiamo bene che lo hanno scritto loro.

Ecco perché, un quadro generale caratterizzato da balbettii e di incertezze pesa molto più della quantità degli incentivi. “Non servono incentivi dallo Stato con cui coprire le sue inefficienze o i ritardi – spiega Tomasselli – piuttosto serve chiarezza”. “In Germania, al contrario – continua – abbiamo incentivi moderati e un quadro normativo scolpito nel granito. Quando la Repubblica federale tedesca ci dice che la cogenerazione prende 2 cent€ al kWh e per 20 anni, nessuno potrà mai dubitare di questa indicazione. E’ così che si fa l’industria ed è così che si fa l’efficienza”.

Quello che molti operatori del settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica hanno voluto dire con forza in questi settimane è che ottenere incentivi esagerati, che possono sparire domani con la prima imboscata parlamentare o con una nuova interpretazione di un ministero, di una provincia o di un TAR, non servirà sicuramente a dare fiducia negli investimenti.

ADV
×