Politica energetica italiana: cosa c’è da fare?

Serve un quadro programmatico per una nuova politica energetica di questo paese. Ecco alcuni elementi da considerare per un cambiamento radicale. Quale governo sarà capace di discutere queste tematiche? Pubblichiamo la seconda parte dell'editoriale di Gianni Silvestrini redatto per l'ultimo numero della rivista QualEnergia.

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Le scelte energetiche devono tener conto delle difficoltà della situazione economica e avere come obbiettivo di lungo periodo la transizione verso un sistema energetico moderno, a basso contenuto di carbonio, dando per scontata l’eliminazione dell’opzione nucleare. Il ministro Romani ha dichiarato che entro metà novembre verrà presentato un documento sul futuro energetico del Paese.


Le parti sociali, Confindustria e sindacati, hanno proposto, alla luce dell’attuale grave crisi, di lavorare a un piano per la green economy. Dopo gli schiaccianti esiti del referendum, una riflessione sui futuri energetici del Paese era dovuta. Specialmente considerando il fatto che da ormai troppo tempo le scelte strategiche sono zigzaganti e nebulose. Il nostro Paese spende 60 miliardi di €/anno per le importazioni, prevalentemente di petrolio e gas, che salgono a 70 miliardi quando il barile supera i 100 dollari, un valore vicino a quello degli interessi sul debito pubblico.


Le attuali difficoltà economiche, da un lato inducono un uso più accorto delle risorse energetiche, sia in termini di risparmio che di maggiore efficienza dell’impiego, dall’altro limitano la capacità di spesa per interventi importanti sul versante dell’efficienza energetica e dell’estensione dell’uso delle fonti rinnovabili. La gravità della situazione impone scelte fortemente innovative. Indichiamo alcuni elementi da considerare per un cambio della politica energetica per il Paese.


I vincoli. Il rischio climatico implica una drastica riduzione delle emissioni di gas serra nei prossimi decenni. Vanno definiti obbiettivi intermedi coerenti con una riduzione dell’80% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050.


Modello energetico. È in atto un’evoluzione verso un sistema decisamente distribuito (nel 2020 avremo un milione di impianti di generazione elettrica) e contemporaneamente fortemente interdipendente con l’estero.


Le infrastrutture. Gli investimenti, oltre che sulle rinnovabili, si concentreranno sul potenziamento delle reti elettriche trasformate in smart grid e sugli accumuli. Andranno favoriti i collegamenti con altri Paesi europei e con il Sud del Mediterraneo. La produzione elettrica in eccesso delle Regioni del Sud potrà servirsi dei sistemi di accumulo in Albania o nei Balcani. Andrà definito il ruolo dei gassificatori e delle reti di gas alla luce di una maggiore sicurezza e competitività ma tenendo anche conto della progressiva decarbonizzazione del Paese e dell’Europa.


L’andamento dei consumi energetici. Va messo in discussione il paradigma di una domanda energetica inesorabilmente crescente, definendo obbiettivi di riduzione al 2020 e al 2030.


Mix di approvvigionamento. Va definita una quota progressivamente crescente di rinnovabili, una riduzione del ruolo del petrolio e del gas e una quota limitata e residuale del carbone.


Fonti rinnovabili. Vanno valutati scenari che consentano di coprire il 100% nella produzione elettrica entro il 2050. Il solare nei prossimi decenni è desinato a svolgere un ruolo dominante nella produzione rinnovabile, comportando la necessità di accumuli interstagionali, con la possibilità di ricorrere all’idrogeno. Nell’immediato va rivisto il PAN al 2020, tenendo conto, tra l’altro, dei 30 GW fotovoltaici che potrebbero soddisfare il 10% della domanda elettrica. Andrà inoltre prestata una grande attenzione alle rinnovabili termiche che dovrebbero triplicare il loro contributo in questo decennio.


Edilizia. Andrà accelerata la riqualificazione energetica dell’edilizia, prevedendo il lancio di programmi specifici per l’edilizia pubblica utilizzando anche capitali privati. Dal 2013 andranno introdotti parametri energetici più stringenti per la nuova edilizia, mentre gli edifici pubblici dovranno soddisfare il requisito di consumi vicini a zero. Il comparto delle costruzioni deve attrezzarsi per la rivoluzione della fine decennio imposta dagli obbiettivi europei con nuove soluzioni progettuali, materiali innovativi, ampio uso delle rinnovabili.


Trasporti. La nostra (?) casa automobilistica deve impegnarsi sui motori ibridi, cosa che finora non ha fatto al contrario della maggior parte dei concorrenti. Va impostato un serio piano a medio e lungo termine di potenziamento del trasporto pubblico, di piste ciclabili, di soluzioni innovative come il car sharing.


Biomateriali. La rivoluzione in atto non riguarderà solamente la produzione di energia, ma anche alcuni comparti industriali a iniziare da quello chimico. Già oggi l’industria tedesca utilizza per il 10% biomateriali, una strada valida anche per il nostro Paese alle prese con la crisi strutturale dei petrolchimici e già imboccata con la trasformazione verde in atto a Porto Torres.


Innovazione e ricerca. Va rilanciata una forte azione per non rimanere tagliati fuori dalle evoluzioni in atto, avviando tra l’altro un programma “Industria 2020”.


Fiscalità ecologica. Vanno introdotti elementi di fiscalità ecologica per dare segnali al mercato, a iniziare dalla maggiore tassazione delle produzioni inquinanti compensata con una riduzione dei costi del lavoro.


Non sappiamo se ci sarà mai una vera discussione su questi temi che pure sono importantissimi per il futuro del Paese. E poi, c’è la crisi. In realtà, proprio la risposta al malessere profondo che sta piegando l’Italia può essere l’occasione per rimettere in discussione scelte consolidate e introdurre elementi di reale innovazione nel nostro sistema. Magari con il prossimo Governo.


 


L’articolo è tratto dall’editoriale di Gianni Silvestrini redatto per l’ultimo numero della rivista QualEnergia, dal titolo  “È verde la risposta alla congiuntura economica” (pdf)  


credit photo title: http://www.flickr.com/photos/mizaweb/

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