‘Un paese senza strategia energetica’

  • 5 Ottobre 2011

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La strategia energetica italiana? “Inesistente”. La Robin Tax? “Pessima” e “improvvisata”. L'incentivazione delle rinnovabili? “Schizofrenica” e “non dà garanzie”. Otto interviste sulla politica energetica ad altrettanti “opinion leader” realizzate da Ispo per conto di Anev.

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“La politica energetica si definisce a tavolino, come una somma di decisioni di lungo periodo che servono da quadro contestuale per dare un orizzonte di chiarezza. L’Italia, da moltissimi anni a questa parte, non fa nulla di tutto ciò”.  Questo, stando a una delle considerazioni emerse dalla serie di interviste condotte da Ispo, per conto di Anev, su un campione di otto “opinion leader” nazionali (politici di Governo e di opposizione, giornalisti – caporedattori di economia e responsabili di grandi aziende) sul tema delle politiche energetiche in Italia e il futuro delle rinnovabili (in allegato).


Quelle che emergono sono considerazioni nette sul Paese secondo cui “manca una politica energetica”, “c’è confusione” e dopo il caso Fukushima c’è anche “troppa emotività”. In particolare, nel giudizio sulla politica energetica nazionale si evidenziano due aspetti: la valutazione negativa della “contraddittoria” introduzione della Robin tax e dello “schizofrenico” sistema d’incentivazione.


Il campione intervistato denuncia una sorta di improvvisazione politica nel caso della recente Robin tax: “Un pessimo provvedimento che incide sulla capacità d’investimenti”, “dà incertezza regolatoria” e “non consente di fare previsioni”. Per quanto riguarda le politiche d’incentivi alle rinnovabili, invece, “schizofrenica è la parola giusta” visti i continui cambi. In questo modo l’effetto è di “non dare garanzie di mantenere l’impegno nel tempo”; “non si ha certezza che chi scrive le leggi sia competente”, visto che l’efficacia “dell’incentivazione ha bisogno di lunghi periodo per avere senso”.


In generale, si ritiene che una corretta strategia energetica sia impedita da una certa fragilità della politica: “Se si creano strategie da campagna elettorale, le decisioni e i progetti sono troppo permeabili al contesto politico e non possono reggere sul lungo periodo”; oltre a una forte ideologizzazione della materia, “la prospettiva cambia se c’è la destra o la sinistra”, e una parcellizzazione delle responsabilità tra Stato centrale e regioni.


Secondo gli intervistati “non c’è visione d’insieme” e “la politica energetica non è stata percepita come sviluppo reale”. Le considerazioni degli opinion leader sembrano riflettere una doppia valutazione nei confronti delle rinnovabili, un paradosso. Da un lato, infatti, sono considerate essenziali per il futuro del Paese: “In un momento di crisi la Green economy è fondamentale perché consente una forte accelerazione per la ripresa”; “certamente sono considerate un investimento”. D’altro canto, però, costose per il presente perché ritenute con “poco mercato e poco profitto”, “concorrenti delle fossili” e “gravate dal nodo infrastrutturale”.

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