L’umanità oltre 7 miliardi, demografia e sostenibilità

Entro fine mese sul pianeta saremo in 7 miliardi. In soli dieci anni la popolazione mondiale è cresciuta di un miliardo, in mezzo secolo di 4. E c'è chi mette in dubbio le previsioni che la crescita si fermierà. A fine secolo potremmo arrivare a 16 miliardi? Per affrontare la crisi ambientale ed energetica non si potrà prescindere dalla questione demografica.

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Entro novembre di quest’anno, hanno previsto i demografi delle Nazioni Unite, sul pianeta saremo in 7 miliardi. Il giorno in cui verrà sorpassata questa soglia, annuncia l’Unfpa (anche se resta difficile capire come facciano a prevederlo con tale precisione), sarà il 31 ottobre. Da qui i titoli che soprattutto sulla stampa americana tirano in ballo Halloween: “sembra esserci il sottointeso che dovremmo esserne tutti spaventati, molto spaventati. E abbiamo motivo di esserlo”, fa notare in un suo intervento su Yale 360 Robert Engelman, direttore del Worldwatch Institute che molto si è occupato della questione demografica.

Per arrivare ad un miliardo di persone in totale  – ricorda Engelman – l’umanità ha impiegato praticamente tutta la sua storia fino al diciannovesimo secolo, per il successivo miliardo e mezzo ci sono voluti circa 150 anni, poi in 6 decenni la popolazione mondiale è cresciuta di 4,5 miliardi e solo negli ultimi 10 anni è cresciuta di un altro miliardo.

Numeri che fanno impressione. E’ chiaro che la crisi ambientale non è conseguenza diretta del numero di umani sul pianeta, bensì dei loro consumi: ricordiamo che l’americano medio emette quasi 17 tonnellate di CO2 a testa, mentre che vive in India 2 (vedi dati). Ma è altrettanto chiaro che in un pianeta dalle risorse finite non si può affrontare la questione della crisi ambientale senza parlare della bomba demografica. “Stiamo inavvertitamente andando verso un’estinzione di massa non solo per i nostri appetiti e le nostre tecnologie, ma perché occupiamo e sfruttiamo gran parte della terra”, sottolinea il direttore del Worldwatch Institute.

E i sintomi dei consumi di una popolazione mai così numerosa si vedono, tanto che gli scienziati hanno definito quest’epoca Antropocene: un’epoca segnata dall’alterazione a lungo termine del pianeta da parte dell’uomo.  Basti pensare a come immettendo CO2 nell’atmosfera abbiamo cambiato il clima. Entro 14 anni – prevede l’Unep – due terzi della popolazione mondiale dovrà fare i conti con la scarsità idrica. Metà delle foreste originali sono state abbattute per far posto alle coltivazioni, le risorse ittiche – sempre secondo l’Unep – saranno effettivamente depauperate entro metà secolo. Anche se la superficie coltivata è cresciuta del 13% dal 1961, a causa dell’aumento demografico oggi ognuno ne ha a disposizione la metà di allora.

Sarà essenziale dunque, raccomanda Engelman, mentre si fa ogni sforzo per passare ad un sistema di consumo delle risorse ambientali ed energetiche più sostenibile, cercare anche di rallentare la crescita demografica. Se ad ogni donna fossero dati gli strumenti, anche culturali, per decidere quante gravidanze avere, spiega,  secondo le statistiche si riuscirebbe a contenere la fertilità media a poco più di due figli per donna, riuscendo a far raggiungere alla popolazione mondiale il picco entro il 2050 per poi calare gradualmente.

Ma le cose non stanno andando così. Anzi, le previsioni già di per sé preoccupanti che in questo secolo raggiungeremo i 9,5-10 miliardi, per poi iniziare a diminuire, potrebbero essere troppo ottimistiche. E quello che sostiene in quest’altro articolo Carl Haub demografo dell’ong americana Population Reference Bureau.  Haub mette in dubbio la teoria cosiddetta del collo di bottiglia, creata dal biologo Edward O. Wilson e sostanzialmente accettata nella maggior parte delle previsioni demografiche: una visone che assume che l’andamento demografico mondiale seguirà quanto già successo in Europa, ossia che dopo un periodo di crescita la popolazione si stabilizzi e inizi poi a declinare.

Illustrando vari dati demografici che stanno arrivando da paesi emergenti e poveri Haub avverte che ciò potrebbe non verificarsi: anziché a un collo di bottiglia potremmo trovarci davanti a un tunnel infinito, con la popolazione mondiale che invece di raggiungere il suo massimo a 10 miliardi e poi calare, continua ad aumentare raggiungendo i 12-16 miliardi entro il 2100 (come nell’ipotesi high-end Unep).

Specialmente per quel che riguarda l’Africa sub-sahariana, spiega il demografo, sembra infatti irrealistica la previsione mediana dei dati Unep, ossia che la popolazione, dagli 880 milioni attuali arrivi a 2 miliardi nel 2050, per poi iniziare a calare. Più facile che, raggiunti i 2,2 miliardi nel 2050, continui ad aumentare, fino ad arrivare a 4,8 a fine secolo. Facile immaginare le conseguenze di una tale pressione demografica: già ora, con 880 milioni di abitanti, l’Africa sub-sahariana ha seri problemi di accesso al cibo e all’acqua, cosa succederà a fine secolo quando la popolazione sarà 5 volte più grande e siccità e carestie saranno inasprite dai cambiamenti climatici?

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