Competitività FV, va ricercata a valle della filiera

Vittorio Chiesa, direttore dell'Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, spiega a QualEnergia.it la sua ricetta per la maggiore competitività delle imprese italiane del fotovoltaico: meglio vendere moduli e installare gli impianti direttamente o attraverso accordi con operatori locali perché c'è più marginalità.

ADV
image_pdfimage_print

“Il fotovoltaico continuerà a mantenere livelli di sviluppo molto interessanti che probabilmente sono figli di investimenti e decisioni passate. Con buona probabilità per i prossimi 12 mesi si vedranno numeri e tassi di installazioni molto importanti. Si potrebbe assistere ad una contrazione del mercato nella seconda parte del 2012, per un taglio degli impianti di dimensioni più grandi e di conseguenza una redistribuzione del mix sulla taglia medio-piccola”.


Questa è la visione di breve periodo per il fotovoltaico in Italia secondo di Vittorio Chiesa, direttore dellEnergy Strategy Group del Politecnico di Milano, gruppo di ricerca che nel prossimo marzo-aprile 2012 pubblicherà la nuova edizione del report sul mercato dell’energia solare in Italia.


Qualenergia.it ha intervistato Chiesa ai margini di un convegno nel corso di ZeroEmission 2011 a Roma, iniziando col chiedergli chi la spunterà sul terreno dei grandi impianti fotovoltaici.


Gli impianti medio-grandi saranno certamente meno facili da realizzare anche per la prudenza delle banche. Di fatto ad oggi le nuove avventure sui grandi impianti avvengono laddove l’investitore ha disponibilità di equity pura e una volta acquisita la posizione nel Registro, e quindi la garanzia della finestra di incentivazione che potrà ottenere, sarà in grado di negoziare con la banca l’eventuale prestito. Questo taglia fuori molti operatori potenziali con le spalle non così robuste. Se ne avvantaggeranno di certo le utility e le imprese più grandi.


Per quanto riguarda l’impatto sul fotovoltaico della manovra e più in generale del quadro normativo?


Sicuramente la Robin Tax non aiuterà il settore. L’aspetto comunque più importante è che venga conservata una stabilità normativa, anche sull’assetto attuale. Un elemento di incertezza molto forte è derivato dal fatto che ogni volta che si accenna ad una manovra di carattere complessivo si minaccia di toccare le rinnovabili per recuperare un po’ di soldi da quel mondo. E’ qualcosa che lascia il segno e l’idea che ci sia un quadro regolatorio incerto che possa essere rivisto di giorno evidentemente non può attrarre gli investitori nazionali ed esteri.


In Italia qualcuno vorrebbe proporre politiche ad hoc per investire nella parte alta della filiera del fotovoltaico. E’ qualcosa di fattibile oggi in Italia? E quale potrebbe essere, nel breve e medio periodo, la nicchia a maggiore livello di competitività per le imprese italiane?


Penso che oggi ci sia la necessità di integrarsi a valle, visto che quando un’impresa andrà sui mercati internazionali, anche come produttori di moduli, si dovrà proporre come integratore di sistemi o Epc contractor. E’ utile che l’impresa si possa avvicinare ai mercati, installare gli impianti direttamente o attraverso accordi con operatori locali, soprattutto perché si tratta del pezzo di catena del valore dove c’è più marginalità. Nella parte a monte della filiera le marginalità continuano a contrarsi e obiettivamente andare ad investire in tecnologie mature dominate da altri operatori, specialmente asiatici, è molto rischioso. Del resto la competitività di soluzioni alternative come il Cigs hanno avuto una risposta nel fallimento di Solyndra che ci aveva puntato. Ritengo inoltre che le tecnologie fotovoltaiche con il silicio tradizionale continueranno a dominare il mercato almeno per i prossimi 10 anni. Per l’Italia quel treno è ormai passato e forse varrebbe la pena spingere sul lato commerciale, dove un brand di un paese occidentale può sempre avere il suo vantaggio competitivo. E inoltre potrà essere vantaggioso puntare anche sull’integrazione più innovativa.


Avete fatto un’analisi sull’andamento dei costi e dei prezzi all’utenza finale? Si muovono in sintonia?


Negli ultimi anni si è assistito ad un decremento fortissimo dei costi ed oggi vista la necessità di operare sul mercato con prezzi sempre più competitivi, la marginalità tende a contrarsi e quindi i prezzi seguono in linea quel decremento dei costi. Non appena un’impresa è in grado di ridurre i costi di produzione grazie a miglioramenti nel processo produttivo o grazie agli acquisti delle materie prime, sicuramente ribalta sul prezzo di mercato questo tipo di vantaggio. Questo è il trend che stiamo notando.

ADV
×