L’Authority boccia la Robin Tax

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Mette a rischio gli investimenti necessari in infrastrutture, frena lo sviluppo delle rinnovabili e potrebbe tradursi in un aumento del costo dell'energia. In una segnalazione l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas boccia nettamente la cosiddetta Robin Tax contenuta nella manovra.

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Arrivata ieri la segnalazione dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas sulla cosiddetta Robin Hood tax. Una bocciatura secca della tassa contenuta nell’articolo 7 della manovra economica. (vedi allegato)

La nuova versione della tassa – ricordiamo – sancisce un inasprimento di quattro punti percentuali –  – dell’addizionale Ires nel settore energia estendendola a rinnovabili e gestori di rete e diminuendo (da 25 a 10 milioni di euro di fatturato) la soglia per la sua applicazione. Dovrebbe essere pagata per i tre periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010 (dunque retroattivamente per il 2011). I maggiori oneri per le aziende – che secondo il testo non potranno scaricarli sui consumatori finali – dovrebbero portare allo Stato entrate per 1.800 milioni di euro nel 2012 e 900 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014.

Secondo il parere dell’AEEG però la Robin tax porrebbe rischi per la sicurezza energetica del Paese, impattando sugli investimenti in infrastrutture, ostacolo allo sviluppo delle rinnovabili e causerebbe un aumento dei prezzi per i consumatori.

“Si deve considerare – sottolinea il Garante – che il contesto di mercato in cui interviene la manovra in analisi è sensibilmente diverso rispetto a quello in essere a giugno 2008”, quando fu introdotta la prima Robin tax, studiata per redistribuire i profitti delle aziende petrolifere in un momento in cui il barile sfiorava i 140 dollari.
L’aumento dell’addizionale Ires, fa notare l’Autorità, “rischia di colpire il settore termoelettrico proprio nel momento di sua maggiore debolezza, riducendo la capacità di fare fronte al momento di transitorio eccesso di capacità produttiva e di ridurre, quindi, la capacità del sistema di operare in sicurezza nel medio periodo, quando la ripresa della domanda, la contrazione attesa delle importazioni dall’estero e le aumentate esigenze di riserva poste dallo sviluppo delle rinnovabili richiederanno di poter disporre di capacità produttiva tradizionale per quantità non inferiori a quelle attuali”.

Anche le rinnovabili, prosegue l’Autorità, potrebbero affrontare “criticità”, con una possibile riduzione della propensione all’investimento “in un settore fondamentale per la gestione delle problematiche ambientali e la crescita sostenibile dell’economia”.

Stesso discorso per le imprese che gestiscono le reti (Snam e Terna), per i quali il rendimento si ridurrebbe di “1-1,5 punti percentuali”, con conseguenze negative sullo “sviluppo della infrastrutturazione energetica del Paese, presupposto indispensabile affinché al settore produttivo e ai consumi domestici possa essere fornita energia a prezzi competitivi e allineati con gli altri Paesi dell’Unione Europea”.

Il tutto, sottolinea la segnalazione, potrebbe avere un impatto “particolarmente negativo sui consumatori”, visto che “nelle attività svolte a mercato è attraverso la contrazione degli investimenti e, di conseguenza, dell’offerta che può aver luogo, in linea generale, la futura traslazione degli effetti dell’aumento dell’imposta diretta sui prezzi e quindi sui consumatori”. Il divieto di traslazione della tassa sui consumatori infatti, secondo l’AEEG sarebbe di “difficile e laboriosa attuazione”.

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