Coltivare sui tetti della Grande Mela e risparmiare CO2

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Un’azienda di New York propone un sistema per costruire serre idroponiche sui tetti dei supermercati, utilizzando il calore di dispersione degli edifici. Il trasporto si azzera, si riducono i consumi energetici per la produzione agricola e l'uso del suolo, oltre ad un notevole risparmio idrico. Un esempio innovativo di agricoltura urbana.

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Se tutti i tetti piani di New York fossero trasformati in orti, si riuscirebbe a coprire quasi il doppio dei consumi di vegetali dell’intera città, eliminando il trasporto e le emissioni di CO2 collegate a tale attività. La visione di una distesa verde sulla cima dei palazzi della metropoli per eccellenza può sembrare utopistica ma, ridimensionato l’obbiettivo e scelto uno specifico settore, c’è qualcuno che sta provando a trasformare l’utopia in realtà. L’azienda si chiama BrightFarms e la sua attività consiste nel creare serre idroponiche sui tetti dei grandi supermercati.


BrightFarms è una società nata nel 2006, come evoluzione di un’organizzazione no profit, dall’intuizione dell’ingegnere ambientale Ted Caplow.  “Caplow voleva cercare di limitare l’impatto sull’ambiente dell’agricoltura, il secondo settore a livello mondiale per emissioni di gas climalteranti – racconta Benjamin Linsley, responsabile sviluppo business dell’azienda – Le serre sembravano un modo molto efficiente per produrre vegetali, in particolare quelle che utilizzano sistemi idroponici. C’è un notevole risparmio in termini di uso del suolo e risorse idriche, non sono necessari pesticidi chimici e la quantità di fertilizzanti si riduce drasticamente, inoltre si può utilizzare un ciclo chiuso e riusare gli scarti agricoli. Tuttavia queste serre negli Usa le troviamo in Florida e California, mentre non ce ne sono nel nord-est perché d’inverno i consumi energetici salirebbero troppo. Questo significa trasporti su lunghe distanze e quindi consumi energetici e produzione di CO2. Allo stesso tempo Caplow aveva però notato che i palazzi urbani spesso non usano in modo efficiente la propria energia e molto calore si disperde. Da qui l’idea: mettere insieme le due cose per creare serre urbane che fossero in grado di sfruttare l’energia che gli edifici sprecano”. 


Il modello di business, sviluppato a partire dal 2011, è semplice: l’azienda firma un accordo con il supermercato o la catena di negozi. L’accordo prevede che BrightFarms possa costruire a sue spese una serra idroponica sul tetto del supermercato, per poi gestirla utilizzando impianti per la raccolta del calore disperso, per esempio, dall’aria condizionata o dai frigoriferi. Il supermercato, oltre a mettere a disposizione il tetto e il calore disperso, si impegna ad acquistare da BrightFarms, ad un prezzo fisso per un periodo di 10 anni, un certo costante quantitativo dei vegetali prodotti nella serra. Per BrightFarms il periodo è quello necessario per rientrare dell’investimento.


“Scaduto quel termine la nostra speranza è ovviamente che il cliente rinnovi il contratto in modo che per noi inizino i guadagni. In alternativa può rilevare la serra e gestirla in proprio. Come può anche chiederci di smantellare l’impianto. I vantaggi tuttavia per il supermercato sono tanti: hanno prodotti freschi, naturali e a disposizione tutto l’anno a un prezzo che non va su e giù e non risente del costo del carburante”, spiegano dall’azienda.


Le previsioni, fatte su un modello base di una serra di 0,4 ettari e supponendo di poter ottenere il 50% del calore necessario con la cattura delle dispersioni, stimano che si potrebbe evitare l’emissione di 742 tonnellate di CO2 all’anno rispetto all’agricoltura tradizionale, considerando sia la fase di produzione che quella di trasporto. A seconda dei casi, se il tetto è sufficientemente ampio, si possono installare pannelli solari o turbine eoliche che farebbero diminuire ulteriormente le emissioni di CO2. Inoltre si eviterebbe l’uso di 200 chili di pesticidi, si utilizzerebbero 5,6 ettari di terra in meno e si risparmierebbero 20 milioni di litri d’acqua all’anno. Il sistema idroponico consente infatti di riutilizzare la stessa acqua più volte.


Finora sono 11 le catene di supermercati che hanno avviato contatti con Brightfarm per realizzare questo tipo di strutture. Tra queste c’è il colosso Whole Food, una catena di supermercati di prodotti naturali diffusa in tutti gli Stati Uniti. Nelle prossime settimane BrightFarms dovrebbe firmare tre contratti e in marzo dovrebbero essere operativi i primi tetti-serra. 


Per il momento ci sono alcuni impianti dimostrativi, il più interessante dei quali si chiama Science Barge e si trova su una chiatta ancorata sul fiume Hudson all’altezza di midtown Manhattan (vedi foto a destra). Visitandolo si ha un’idea di quello che produce e quanto risparmia una serra idroponica. Secondo i dati dell’azienda, prendendo come termine di paragone un pomodoro si ha che, coltivandolo con l’agricoltura tradizionale servono 0,06 mq di superficie, 30 litri d’acqua, 1,5 centilitri di carburante, 300 millilitri di pesticidi per un totale di 340 grammi di CO2. Coltivandolo in serre idroponiche come quella realizzata sull’Hudson serve invece una superficie di 0,009 mq, 7,5 litri di acqua, 1,5 centilitri di biodiesel prodotto da scarti alimentari, nessun pesticida e le emissioni di CO2 sono ridotte a  zero (non considerando le emissioni del biodiesel, perché prodotto derivato). L’impianto dimostrativo è alimentato da pannelli solari, turbine eoliche e biodiesel prodotto da olio alimentare esausto e utilizza acqua piovana o acqua desalinizzata dell’Hudson.


immagini: credit: www.brightfarms.com

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