La pressione ambientale, fenomeno globale e interconnesso

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La scarsità delle materie prime, l’inquinamento, le migrazioni causate dai cambiamenti climatici non sono più fenomeni su scala locale, ma criticità sempre più complesse e con effetti planetari. Due studi dell’European Environment Agency analizzano queste situazioni e spiegano perché serve un nuovo tipo di governance ambientale globale.

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Mutamenti climatici, crescente consumo delle risorse, urbanizzazione e nuovi rischi sanitari sono solo alcuni degli elementi che accrescono la pressione globale che il mondo dovrà affrontare nel 21° secolo. Queste sono alcune delle problematiche individuate dal report “Assessment of global megatrends“, cioè la valutazione dei principali trend planetari, pubblicato lo scorso novembre, come parte dello ‘State and Outlook of the European Environment report’ (il ‘Soer’ o ‘Rapporto sullo stato dell’ambiente europeo’) e ora pubblicato in una nuova versione e con un nuovo taglio.


Tra le criticità segnalate dal rapporto c’è la penuria di materiali: l’Unione Europea ne ha individuati 14 (vedi schede e grafici nella pagina della EEA) la cui scarsità potrebbe diventare critica nei prossimi 10 anni. Tra questi alcuni elementi essenziali per le applicazioni hi-tech come il gallio (utilizzato nei microchip e nei moduli fotovoltaici), il tantalio (condensatori in microelettronica), il germanio (cavi in fibra ottica) e il neodimio (per magneti ad alte prestazioni).


L’inquinamento, invece, non sarà più un tema locale o regionale: ad esempio, di recente un pennacchio carico di particolato inquinante è stato individuato sull’Europa, dove è arrivato dall’Asia attraversando il Pacifico, il Nord America e il Nord Atlantico in soli 8-10 giorni”. Un esempio delle cosiddette ‘Brown clouds’ che si prevedono in crescita soprattutto in Asia.


La pressione sull’ambiente sta diventando sempre più interconnessa, tanto da richiedere un nuovo tipo di governance ambientale, spiegano dall’Agenzia europea dell’ambiente (European Environment Agency – EEA), che ha redatto, come detto, anche un report aggiuntivo intitolato “Governance globale: l’ascesa degli attori non statali” che considera appunto le implicazioni di questo fenomeno e le complessità da affrontare.


Il report descrive come le organizzazioni non statali come le corporazioni multinazionali o le organizzazioni non governative e le organizzazioni scientifiche siano sempre più coinvolte nella governance globale. Questi attori “relativamente nuovi” sono oggi parte della formulazione, negoziazione e implementazione delle politiche a livello locale, regionale e globale. Una dimostrazione è il numero delle Ong che partecipano al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Economic and social council – Ecosoc) che è andato progressivamente crescendo, passando dalle circa 700 del 1992 alle quasi 3.200 di oggi.


“Il coinvolgimento delle Ong e degli altri attori non statali nella governance è andato crescendo in modo sensazionale negli ultimi decenni”, ha detto Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’EAA. “Uno dei principali punti di discussione al summit sullo sviluppo sostenibile di Rio del 2012 sarà proprio la governance ambientale, e ci aspettiamo che il modello della governance multi-livello e con più portatori di interesse sperimentato pioneristicamente nell’Unione Europea venga sempre più adottato a livello globale”, ha spiegato McGlade. Ogni genere di organizzazione, quindi, “dovrebbe essere coinvolta nella protezione ambientale – aggiunge il direttore esecutivo dell’EEA – in particolare quando i problemi ambientali diventano sempre più complessi e interconnessi”.


 


tratto da Agenzia Dire

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