Il solare termico che finisce nella rete

Grazie a innovazioni tecniche e nuovi e innovativi modelli di business, il solare termico si sta facendo largo nelle reti di teleriscaldamento in diversi europei. L’Italia non vuole rimanere al palo e si avvia a realizzare i primi impianti. Le utility del teleriscaldamento incontreranno a settembre le industrie del solare in un workshop a Ferrara.

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Come accade per l’elettricità, se il calore che utilizziamo quotidianamente proviene da una rete di teleriscaldamento, non siamo in grado di distinguere quale sia la fonte energetica all’origine della sua produzione. Ma è proprio questa fonte a fare la differenza. Poter usufruire di un calore a costo contenuto, non inquinante e inesauribile è una condizione legata all’energia che si trova a monte. Da questo punto di vista, il solare termico si presenta come un’opportunità estremamente interessante per le nuove reti di teleriscaldamento e per il “retrofit” o il “revamping” di quelle già operative.


All’estero, guarda caso, se ne sono già accorti. In Danimarca, ad esempio, dove già 140.000 m2 di collettori solari operano in impianti di teleriscaldamento, sono in progetto altri 220.000 m2, poiché, “grazie” al sempre crescente prezzo del gas (+60% nell’ultimo anno) e alle difficoltà delle unità cogenerative di competere con l’elettricità eolica, il solare mostra un costo del kWh termico fornito in linea o addirittura inferiore rispetto alle soluzioni convenzionali. Emblematico è il caso del famoso impianto di Marstal, il più esteso al mondo, che prevede a breve quasi un raddoppio della superficie solare complessiva e un’ulteriore diversificazione delle fonti per raggiungere il traguardo del “100% rinnovabile”.


In Germania, poi, continua la sperimentazione focalizzata soprattutto sugli accumuli di calore di grande dimensione, che consentono di “riciclare” in inverno quanto immagazzinato nella stagione estiva. Dettagli e informazioni sempre aggiornate sono disponibili su www.saisonalspeicher.de (sito solo in tedesco). La scommessa tedesca su questa tipologia di sistemi è anche testimoniata dall’impegno a livello politico: il Ministero dell’Ambiente ha aderito a un gruppo di lavoro dove si confrontano le utility del teleriscaldamento e le aziende fornitrici di impianti solari. Un nuovo modello di business, inoltre, è stato messo in piedi dal colosso E.ON: utenti finali che vogliano installare un impianto solare termico sulle proprie case possono, dietro pagamento di una tariffa, “parcheggiare” il calore nella rete di teleriscaldamento di proprietà della utility e vederlo restituito quando necessario, vale a dire in inverno. Ciò consente di realizzare impianti solari termici senza accumulo, risparmiando così sui costi di investimento e sulla complicazione tecnica dell’impianto.


Questa sorta di “scambio sul posto” per il calore solare è la via scelta anche in diverse esperienze in Svezia, dove si è addirittura sviluppata una sotto-stazione prefabbricata e standardizzata per regolare e misurare lo scambio termico, nei due versi, tra impianto solare e rete di teleriscaldamento.


In Italia, però, non si sta certo a guardare. Grazie all’azione di Ambiente Italia e dell’AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano), partner nel progetto europeo SDHtake-off, già alcune utility (in particolare Hera e GES Pomarance) hanno realizzato studi di fattibilità e sono “in cammino” verso la realizzazione dei primi impianti di teleriscaldamento solare del nostro Paese.


L’appuntamento per affrontare questa applicazione sarà a Ferrara, nei giorni 29-30 settembre. In un workshop tematico (International SDH Workshop at Geothermexpo), si incontreranno le utility e l’industria del solare termico con un fine ben preciso e molto pratico: “fare i conti” e verificare la fattibilità dell’utilizzo del solare termico in reti di teleriscaldamento per casi reali.

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