Obama e la sua difficile rivoluzione della mobilità

Rivoluzionare il sistema americano dei trasporti, puntando sui treni ad alta velocità e mettendo in strada un milione di auto elettriche entro il 2015. Un obiettivo ambizioso dell'amministrazione Obama che stanzia subito 2 mld di $ per le ferrovie. Per un paese che ha finora puntato su aerei e auto private gli ostacoli sono dietro l'angolo.

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Garantire l’accesso ai treni ad alta velocità all’80% degli americani, entro 25 anni. Questo l’obbiettivo dichiarato a inizio anno dal presidente Obama che sulla politica di incremento del trasporto su ferro ha giocato una parte importante della sua campagna elettorale. Ma adesso la corsa verso il trasporto pulito sembra avere incontrato qualche intoppo.

Il trasporto ferroviario è un settore su cui gli Stati Uniti, che hanno tradizionalmente incentivato più la mobilità privata che quella pubblica, sono drammaticamente indietro rispetto agli altri paesi occidentali. Le politiche dell’amministrazione Obama per colmare questa lacuna prevedono l’ammodernamento e il potenziamento delle linee ferroviarie, con un particolare sforzo sulle linee ad alta velocità che, in un paese delle dimensioni degli USA, potrebbero costituire una seria alternativa all’aereo. Di fatto si tratta di creare una rete ferroviaria nazionale ad alta tecnologia puntando sulla creazione di nuovi corridoi ad alta velocità tra i principali nodi del paese. In particolare dovrebbe essere potenziato il cosiddetto Northeast corridor che collega Boston a Washington passando per le più importanti città della costa orientale tra cui New York, Philadelphia e Baltimora. Un tratto con un alto tasso di mobilità dei cittadini (oggi quasi completamente coperto dagli autobus) e dove la densità della popolazione è tra le più alte del mondo occidentale.

Tra le azioni previste, anche un allargamento del settore ai privati, inteso a stimolare la competizione e migliorare l’offerta, attualmente di fatto monopolizzata dalla compagnia pubblica Amtrak.

In maggio il Dipartimento dei trasporti ha annunciato lo stanziamento di 2 miliardi di dollari per investimenti nell’alta velocità. “Questi progetti daranno lavoro a migliaia di americani – ha commentato in quell’occasione il vice presidente Biden – faranno risparmiare ai passeggeri statunitensi migliaia di ore ogni anno e saranno di stimolo per l’industria manifatturiera grazie all’investimento di milioni di dollari in locomotive di nuova generazione che saranno made in America”.

E anche per l’anno prossimo l’amministrazione prevede forti investimenti nella mobilità su rotaia. La Federal Railroad Administration, agenzia operativa del Dipartimento dei trasporti, ha già fatto una stima di quanto servirebbe per rimettere a nuovo il sistema ferroviario americano e dotarlo delle infrastrutture necessarie per incrementare il trasporto passeggeri. Nel budget dell’anno finanziario 2012, l’agenzia stima che dovrebbero essere stanziati 4 miliardi di dollari per l’allargamento della rete. Altri 4 miliardi dovrebbero essere utilizzati per la manutenzione e l’ammodernamento delle strutture esistenti.

Investimenti a cui la Casa Bianca potrebbe essere disposta, ma gli ambiziosi piani del governo stanno già dividendo il paese. Non tutti negli Usa sembrano convinti che la direzione su cui sta spingendo il presidente sia quella giusta. Molti argomentano che il progetto per l’alta velocità sia in realtà un buco nero dal punto di vista finanziario. Ed eclatante è stato il recente rifiuto, da parte di tre governatori, di fondi federali per realizzare nuovi tratti ferroviari. Il governatore della Florida, il repubblicano Rick Scott ha detto ‘no’ a fondi federali per 2,4 miliardi di dollari destinati alla realizzazione di un tratto ferroviario ad alta velocità che avrebbe dovuto collegare le città di Tampa e Orlando.

Stessa risposta è arrivata dai governatori, anche questi repubblicani, dell’Ohio e del Wisconsin che hanno giustificato la loro scelta sostenendo che si sarebbe trattato di un enorme e inutile spreco di denaro pubblico che avrebbe potuto invece essere utilizzato per altre emergenze come l’educazione. Non tutti vedono l’urgenza di dotare gli USA di un moderno ed efficiente sistema ferroviario e molti credono che, in zone ad altissimo tasso di utilizzo dell’auto, i treni possano restare vuoti.

Obama però va avanti e la sua politica di rivoluzione dei trasporti non si limita alle ferrovie. Le iniziative intese a dare agli Stati Uniti un futuro di mezzi pubblici e puliti si muovono su più piani. Nella bozza non ufficiale del Transportation Opportunities Act, la proposta di legge che dovrebbe contenere misure e fondi per il potenziamento della rete ferroviaria, compaiono articoli che propongono, tra l’altro, di rendere a pagamento tratti di strada attualmente gratuiti e di creare una tassa sui veicoli in base delle miglia percorse.

In maggio, inoltre, il deputato dell’Oregon, Earl Blumenauer ha portato al Congresso il Commuter Relief Act, un testo che traccia le linee generali di una legge che propone di creare un sistema di sostegno per favorire le compagnie e i loro dipendenti che scelgano alternative di trasporto sostenibili

Infine, ci sono gli investimenti sul settore dei veicoli elettrici. Con l’industria automobilistica in crisi, da tempo l’amministrazione Obama ha iniziato a mostrare un forte interesse per lo sviluppo dei veicoli elettrici, testimoniato, tra l’altro, dall’Electric Vehicle Pilot Program con cui la General Service Administration si è impegnata a dotare decine di agenzie governative di auto elettriche e di punti di ricarica.

Obbiettivo di Obama è di mettere in strada un milione di veicoli elettrici entro il 2015, un numero ambizioso che tuttavia rischia di scontarsi con politiche non sufficientemente concertate con l’industria automobilistica. Per mettere in circolazione un consistente parco di auto elettrico, infatti, sono necessarie infrastrutture, come le stazioni di ricarica, la cui creazione risulta da un processo condiviso tra le amministrazioni (centrali e locali) e i produttori di veicoli.

Queste proposte fanno parte di un piano decennale che, con uno stanziamento nel settore energetico di 150 miliardi di dollari, punta a cancellare la dipendenza degli Stati Uniti dal petrolio estero entro il 2019.

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