Ora in Italia il nucleare è una scoria del passato

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Un risultato clamoroso ha messo fine al nucleare in Italia. Nonostante le difficoltà create dal Governo e un'informazione televisiva volutamente assente, i cittadini hanno fatto la loro comunicazione con passione e competenza. Come potranno domani coloro che hanno fatto dell'atomo il loro baluardo proporsi per una nuova politica energetica?

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Qualche giorno prima dei referendum girava una battuta fulminante: “Gli italiani saranno di nuovo chiamati a esprimersi sul nucleare. Finché non daranno la risposta giusta” (spinoza.it). Niente da fare. Anche stavolta abbiamo sbagliato la risposta. Ventisette milioni di italiani hanno affossato (speriamo una volta per tutte) l’atomo nel nostro paese.


Un risultato clamoroso, trascinato da una comunicazione passionale fatta in poco tempo e con i mezzi a portata di singolo: internet, passaparola, email, sms. E poi con manifestazioni più o meno estemporanee, articoli su una piccola parte della stampa generalista e soprattutto fuori circuito, video, iniziative locali. Una partecipazione ricca di inventiva e impensabile solo qualche settimana fa.


Dall’altra parte, un governo che le ha provate tutte per ostacolare queste consultazioni (no all’accorpamento con le amministrative, congelamento della legge sul nucleare, ecc.) e poi ha anche invitato esplicitamente a non recarsi alle urne. Un fatto sconcio in un paese che si dice democratico.


Una informazione televisiva che ha nascosto finché ha potuto i quesiti referendari e ha occultato le informazioni e il dibattito che comunque nel paese c’era. Anche ieri alcuni Tg sono riusciti a non dare le immagini del Presidente Napolitano che votava nella mattinata.


Quanta distanza tra questa rappresentazione della realtà e i cittadini di un paese, nonostante tutto, vitale!


Ventisette milioni di votanti, quasi tutti contro il nucleare, nonostante le informazioni scorrette che in questi ultimi due anni sono state fatte girare ad arte sulle virtù di questa tecnologia, panacea di tutte le difficoltà energetiche. Quanta confusione generata in molti cittadini incapaci (e comprensibilmente) di maneggiare un argomento di tale complessità.


Il disastro di Fukushima ha contribuito certo a risvegliare le coscienze, ma credo che anche senza questo dramma, con una corretta informazione e un ampio dibattito, nel paese il ritorno all’atomo non sarebbe comunque passato. Gli italiani hanno capito da tempo che il nucleare è una follia ma soprattutto una “trappola” per i contemporanei e per le generazioni che verranno.


Adesso bisognerà mettere mano a una politica energetica nazionale che sappia far fronte alla crisi climatica e ai problemi della scarsità delle risorse energetiche come il petrolio, che possa fronteggiare la questione della sicurezza e della crescente domanda di democrazia energetica. Risposte che sappiamo complesse, ma che altrove già ha dato vita a idee, piani e impegni innovativi.


La questione che si pone ora è con quale faccia coloro che in questi ultimi 2 o 3 anni hanno fatto del ‘rinascimento nucleare’ un baluardo, una strategia nazionale non più procrastinabile, un espediente per nuovi guadagni, possano proporre e proporsi per una nuova politica energetica di transizione, centrata sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Il governo (che ha fortemente voluto il nucleare), i grandi gruppi energetici, parte della ricerca (Enea inclusa) cosa ci diranno ora? Attori chiave di una rivoluzione energetica che non avrebbero più quell’autorevolezza necessaria per diventare parte di questo processo che è quanto mai urgente.


Non ci vuole poi molto per riportare tutte le loro dichiarazioni ufficiali di questi anni. Ma qui basterà ricordare quanto disse Berlusconi ai margini della firma con Sarkozy di oltre due anni fa (video a fianco). Chi non credeva al nucleare è un fanatico e un addormentato, diceva il nostro premier.


Ma la Storia ci riserva sempre l’ultima parola.

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