Fukushima forzerà la transizione energetica mondiale

Dopo Fukushima il nucleare è al tramonto. L’effetto atteso sarà una continua e inarrestabile crescita delle fonti rinnovabili, con eolico e solare che al 2016 potrebbe produrre come tre quarti di quanto fornisce tutto il nucleare. Uno stralcio dell’editoriale di Gianni Silvestrini pubblicato sulla rivista QualEnergia (numero aprile-maggio).

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… L’incidente di Fukushima, oltre a mettere in ginocchio la già traballante rinascita nucleare, comporterà una decisa accelerazione delle politiche sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica a livello internazionale. Secondo la banca svizzera Sarasin, molto attenta ai mercati delle rinnovabili, entro il 2015 l’effetto Fukushima potrebbe portare a un incremento di 130 GW solari e 320 GW eolici, con una produzione elettrica addizionale pari al 30% della produzione nucleare mondiale. Secondo queste ottimistiche stime, sole più vento sarebbero in grado complessivamente di generare fra cinque anni una quantità di elettricità pari a tre quarti di quanto fornisce tutto il nucleare. … Ricordiamo che in ogni caso il nucleare era già considerato una tecnologia di transizione. Lo scenario del Governo tedesco prevedeva che fra vent’anni la metà dell’energia elettrica sarebbe stata verde e che entro il 2050 le rinnovabili avrebbe soddisfatto almeno l’80% della domanda elettrica.


Cosa dobbiamo aspettarci dopo Fukushima? Un’ulteriore corsa del fotovoltaico in Germania che gode di incentivi molto più bassi rispetto all’Italia e che potrebbe raggiungere una potenza di 70 GWp nel 2020, una forte crescita dei parchi eolici off-shore, il potenziamento della rete con un particolare accento sulle smart grid, e infine un’attenzione alle soluzioni per l’accumulo dell’energia. In pratica è probabile che verranno rivisti al rialzo sia gli obbiettivi al 2020 che quelli al 2050.


Ma altri segnali arrivano da Paesi come la Cina che dovrebbe innalzare  il proprio obbiettivo fotovoltaico al 2015 portandolo da 5 a 10 GW. Per finire, segnaliamo la copertina di Le Monde Magazine del 26 marzo nella nuclearissima Francia, dove campeggia la scritta “Nucléaire? Non merci, Après Fukushima le scénario solaire”. In realtà non bisogna sottostimare gli enormi interessi della filiera atomica di Paesi come la Francia e il Giappone che opporranno una forte resistenza. Ma anche grandi aziende del settore iniziano ad avere dubbi. Secondo il Financial Times la Siemens, che si era separata dalla francese Areva per legarsi sul nucleare alla russa Rosatom, starebbe per chiudere questo rapporto dopo l’incidente giapponese.


Una possibile forte modifica delle strategie è prevedibile proprio in Giappone, che possiede importanti industrie nel settore solare, eolico e geotermico. Va ricordato come questo sia stato il primo Paese a lanciare, già negli anni Novanta, un ottimo programma di sviluppo del fotovoltaico. Lo scorso anno sono stati installati 0,9 GW solari e si pensava di arrivare a 28 GW al 2020. Nel settore eolico, pur in presenza di un forte potenziale che potrebbe coprire l’intero fabbisogno nazionale, sono solo 2,3 i GW in funzione, con la prospettiva di arrivare a 10 GW alla fine del decennio. Sulla geotermia il Giappone potrebbe accelerare molto, anche considerando che le proprie industrie dominano il mercato mondiale di queste turbine.


Ma le scelte energetiche sono state finora fortemente condizionate dal  nucleare. Basti pensare che mentre la ricerca eolica ottiene 10 milioni $/anno, il nucleare può contare su 2,3 miliardi $/anno. E’ molto probabile che i finanziamenti per le rinnovabili, sia per la ricerca che per la loro diffusione, ora verranno notevolmente incrementati. In particolare si pensa a un forte rilancio del solare anche per far fronte al deficit di offerta elettrica. Gli obbiettivi al 2030 – 20 GW eolici e 53 GW solari – potrebbero venire decisamente anticipati alla luce della riduzione dei costi e della maggiore resilienza del sistema energetico garantita dalle rinnovabili. Si consideri, ad esempio, che il parco eolico off-shore di Kamisu ha resistito bene al terremoto e al maremoto pur essendo a soli 300 km dall’epicentro. In sostanza, la riflessione dopo Fukushima potrebbe portare a uno strategico riorientamento delle scelte energetiche del Paese.


In Italia l’eliminazione della “distrazione” nucleare consentirà di gestire la crescita delle rinnovabili sia sul fronte della produzione elettrica che nel settore termico, modulando con intelligenza gli incentivi in modo da innalzare gli obbiettivi del 2020. Dovranno inoltre essere rilanciate le politiche dell’efficienza energetica definendo obbiettivi ambiziosi per i certificati bianchi che traguardino la fine del decennio. La rapida espansione del fotovoltaico e dell’eolico impone di accelerare gli interventi sulla rete elettrica nelle aree critiche e di avviare sperimentazioni su larga scala di smart grid.


Alla fine del 2011 ci saranno infatti in Italia almeno 15 GW di potenza intermittente, in Germania si arriverà a 50 GW. E’ evidente che le problematiche di governo della rete che sembravano relegate alla fine del decennio, si dovranno affrontare con urgenza. La capacità di far dialogare in maniera bidirezionale una domanda elettrica fluttuante con una produzione che presenta una crescente componente non programmabile, è diventata infatti di grande attualità. Si espanderà progressivamente anche l’impiego di sistemi di accumulo a iniziare dai bacini idroelettrici di pompaggio.


 


L’articolo è stato pubblicato sul numero 2/2011 della rivista bimestrale QualEnergia

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