Referendum, ultimo vano tentativo di boicottaggio

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Berlusconi tenta l'ultima carta per bloccare il referendum sul nucleare, chiedendo alla Consulta, che si riunirà domani, di annullarlo. Eventualità improbabile, stando alle dichiarazioni odierne del neo presidente della Corte. Resta il problema degli italiani all'estero, che difficilmente riusciranno a votare sul nuovo quesito.

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Questo referendum non s’ha da fare. Anche dopo la pronuncia della Cassazione, Berlusconi non si rassegna: proprio non vuole che gli italiani il 12 e 13 giugno possano dire la loro sul nucleare. Dopo che nei giorni scorsi aveva affermato che il Governo avrebbe “tenuto conto della volontà dei cittadini”, ecco che lancia l’ultimo bastone tra le ruote della macchina referendaria: una memoria fatta arrivare alla Corte costituzionale, attraverso l’avvocatura di Stato, per chiedere che la consultazione sia annullata.

Come sappiamo, mercoledì la Cassazione ha deciso che il referendum sul nucleare si faccia e che si voti con un nuovo quesito. Si chiederà se si vogliono abrogare i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del d.l. omnibus, il provvedimento con cui il Governo (con la finalità esplicita di annullare il referendum) ha cancellato parti delle leggi oggetto del quesito originario (Qualenergia.it, Referendum nucleare, il nuovo quesito). Domani la Corte Costituzionale dovrà validare il nuovo quesito deciso in Cassazione e così il Presidente del Consiglio ha dato mandato all’Avvocatura dello Stato di chiedere alla Corte di annullare la consultazione, facendo presente che con il d.l. omnibus il Governo ha modificato sostanzialmente le norme precedenti, oggetto del referendum, e per questo gli elettori voteranno un quesito “del tutto difforme rispetto a quello in base al quale sono state raccolte le sottoscrizioni necessarie allo svolgimento”.

Insomma, dalla Presidenza del Consiglio una singolare preoccupazione per i principi ispiratori del referendum, che non sarebbero soddisfatti dal nuovo quesito.  Preoccupazione sospetta, tanto più che “l’avvocatura chiede che il referendum sia cancellato e non che questo venga modificato dalla Consulta, come sarebbe logico nel caso il nuovo quesito non fosse conforme ai principi ispiratori”, commenta a Qualenergia.it l’avvocato Gianluigi Pellegrino, che per il Pd e per il Movimento difesa del cittadino ha presentato in Cassazione le memorie per la conferma del referendum.

Vedremo cosa si deciderà domani, ma dalle dichiarazioni di pochi minuti fa del neo presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta, sembra altamente improbabile che la Consulta bocci il referendum. Alla domanda se rientri nei poteri della Corte quello di cancellare il referendum sul nucleare, nella tradizionale conferenza stampa di insediamento alla presidenza di oggi, Quaranta ha risposto: “Personalmente ritengo di no, ma la Corte di riunirà domani mattina per esaminare tutti gli aspetti di questa problematica e prenderà una decisione domani stesso, massimo dopodomani”.

Dalla Corte Costituzionale domani, dunque, uscirà il quesito definitivo su cui si voterà il 12-13 giugno. A quel punto si manderanno in stampa le schede in una corsa contro il tempo che lascia aperta la questione degli italiani all’estero. Questi infatti hanno già votato, ovviamente rispondendo al vecchio quesito. Ora si dovranno fare avere loro le nuove schede, ma sarà quasi impossibile che queste riescano a raggiungere i destinatari e ritornare indietro votate in tempo: già con le vecchie ci sono stati problemi, un nostro lettore a Berlino ad esempio ci segnala che mille plichi contenenti le schede sono stati recapitati a indirizzi non aggiornati e quindi sono tornati al mittente, cioè al Consolato italiano a Berlino.

Come si potrà fare? “Intanto – spiega Pellegrino – bisognerà vedere se il voto degli italiani all’estero sarà rilevante per il risultato, in caso contrario la questione sarà secondaria. Le ipotesi altrimenti potranno essere due: o considerare che il voto espresso sul vecchio quesito valga comunque, trasferendo sull’interpretazione del voto quanto stabilito dalla Cassazione. Oppure, se questa prima opzione non venisse giudicata giuridicamente percorribile, la seconda ipotesi è che si conteggino per il risultato e per il raggiungimento del quorum solo quegli elettori che hanno avuto la possibilità di votare sul nuovo quesito, escludendo così gli italiani all’estero che non riusciranno a votare sulle nuove schede”. Che queste due siano le alternative praticabili ce lo conferma anche il costituzionalista Marco Giampieretti, che però sottolinea i rilievi giuridici che potrebbero essere sollevati nel caso della prima soluzione, cioè considerare validi i voti sul vecchio quesito. Sarà l’ufficio elettorale della Cassazione, al momento dello spoglio, a decidere come procedere.

Infine un altro scenario ancora, che elimina alla radice il problema delle nuove schede, potrebbe aprirsi domani quando arriverà anche il giudizio della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione tra Comitato referendario e Parlamento. Il Comitato in fase referendaria è infatti equiparato a un organo dello Stato e ritiene che l’emendamento al d.l. omnibus sia lesivo delle proprie prerogative e della sovranità popolare, perché impedirebbe il referendum. Se la Corte accogliesse il ricorso potrebbe annullare l’emendamento al d.l. omnibus, e si andrebbe al referendum il 12 e il 13, votando il vecchio quesito. Che questo avvenga però secondo Giampieretti, vista la decisione della Cassazione di mercoledì, è “piuttosto improbabile”.

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