Le sfide della Germania dopo l’uscita dal nucleare

Dopo la decisione di chiudere entro il 2022 i suoi 17 reattori, che fornivano il 22% del fabbisogno elettrico, la Germania affronta senza l'atomo la sfida energetica riducendo le emissioni del 40% al 2020. Efficienza e rinnovabili i pilastri della nuova politica energetica del governo di centrodestra tedesco. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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La Germania, con la decisione di chiudere entro il 2022 i suoi 17 reattori che fornivano 150 TWh/anno, pari al 22% della domanda elettrica, dovrà affrontare congiuntamente tre ardue sfide. La prima riguarda l’innalzamento dell’attuale target del 35% della domanda elettrica coperta dalle rinnovabili entro il 2020. L’industria verde ritiene che queste potrebbero arrivare a soddisfare il 47% della domanda entro la fine del decennio (Qualenergia.it, Germania, l’industria delle rinnovabili pronta a rimpiazzare il nucleare). Il dibattito delle prossime settimane ci dirà dove si posizionerà il nuovo obbiettivo del governo, che sarà comunque molto ambizioso tenuto conto che lo scorso anno la quota rinnovabile era del 17% (ed era solo del 6,4% nel 2000, vedi grafico sottostante).



La seconda sfida riguarda il contemporaneo ambizioso obbiettivo di ridurre entro il 2020 del 40% le emissioni climalteranti. E’ evidente che ciò potrà avvenire solo accompagnando la forte crescita delle rinnovabili, che dovranno sostituire una quota importante del nucleare, con una riconversione di qualche centrale a carbone in cicli combinati a gas e con una riduzione dei consumi di energia.


Servirebbe poi un’altra rottura di paradigma, quello della ineluttabile crescita della domanda di energia. In realtà, in Germania i consumi sono stabili già da più di 15 anni. Per ridurre la domanda occorrerà però attivare un piano straordinario sull’efficienza energetica.


Infine andrà molto anticipato il potenziamento delle linee elettriche e l’introduzione di smart grids e di sistemi di accumulo, alla luce della crescita della potenza eolica e solare intermittente, che alla fine di quest’anno raggiungerà già 50.000 MW e che è destinata a crescere notevolmente nel corso del decennio.


Al di là dei numeri, va sottolineato come la CDU della Merkel punti ad un drastico cambiamento energetico verso le rinnovabili nell’arco di una sola generazione, affermando che questa transizione potrà essere gestita con successo in un paese fortemente industrializzato come la Germania (si veda grafico sottostante sull’occupazione verde nel paese). Quale abissale e sconfortante differenza di visione con le forze di centrodestra del nostro paese…



 


 

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