Berlusconi e il “rischio Fukushima” nei siti del nucleare italiano

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“L'energia nucleare è sempre la più sicura. Il disastro giapponese si è verificato perché la centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva”, dichiarava Berlusconi ieri. Ma, spiegano diversi esperti, i siti nei quali si vogliono costruire le centrali in Italia non sono affatto più sicuri.

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«Noi siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare è il futuro per tutto il mondo. La moratoria è servita per avere il tempo che la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l’opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare. L’energia nucleare è sempre la più sicura. Il disastro giapponese si è verificato perché la centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva.”

Tra le dichiarazioni rilasciate ieri da Silvio Berlusconi sul nucleare ci sono anche queste valutazioni sull’incidente giapponese. Difficile capire cosa Berlusconi intenda con il “chiarimento” degli eventi di Fukushima, per il quale servirebbe più tempo. Avrebbe avuto più senso dire che il tempo serve non per chiarire, ma per dimenticarsi della catastrofe ancora in atto, concetto tra l’altro abbastanza palese nelle sue esternazioni di ieri (Qualenergia.it, Berlusconi “confessa”: il nucleare si farà, lo stop è un trucco)

Pericolosa poi l’affermazione che “il disastro giapponese si è verificato perché la centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva”. Il sottointeso è che una situazione del genere non potrebbe mai verificarsi nelle centrali che si vogliono costruire in Italia. E’ così? Qualenergia.it lo aveva chiesto ad alcuni esperti all’indomani dell’incidente giapponese, ricevendo risposte negative.

I nomi che circolano nel “toto-siti” nucleare li conosciamo: Montalto di Castro e Borgo Sabotino in Lazio, Trino Vercellese in Piemonte, Caorso in Emilia, Garigliano in Campania. E ancora: Palma in Sicilia, Oristano in Sardegna, Monfalcone in Friuli, Avetrana in Puglia, Viadana in Lombardia e il Polesine in Veneto. Per la gran parte sono in aree sismiche, potrebbero esserci problemi?

“Sono molte nel modo le centrali in zone sismiche, si cerca di costruirle con criteri antisismici e al primo movimento si deve arrestare il reattore – ci spiega Fulcieri Maltini, ingegnere nucleare – ma resta comunque un rischio”. Altro problema è l’acqua: “Nel Piano di bacino del Po l’80% dei comuni è dichiarato a rischio alluvione, circostanza questa che trent’anni fa, quando si sono costruiti gli impianti, si riteneva poter non considerare”, ci fa notare l’ingener Alex Sorokin, parlando di Trino e Caorso, dove i piani interrati della vecchia centrale sono da anni allagati. Un dubbio che Giorgio Ferrari ha anche per Viadana: “ci potrebbe essere il rischio di contatto con la falda acquifera.”

E il rischio tsunami? Per il grande fabbisogno d’acqua delle centrali molti dei siti candidati si trovano in riva al mare. “A Fukushima la centrale era progettata per resistere a un onda di 7 metri, ma l’acqua è riuscita comunque a mettere fuori gioco gli impianti di raffreddamento, in Francia, a Blaye una tempesta oceanica ha distrutto le strutture di protezione della centrale, due sistemi di raffreddamento non hanno funzionato, si è evitato il peggio solo perché ce n’erano tre”, spiega Maltini. Anche in Italia possono esserci maremoti, come dimostra la Storia: all’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo a oggi 72 maremoti si sono abbattuti sulle coste italiane. “Ma di questo – sottolinea  Ferrari –  finora non si è tenuto conto”. C’è poi da escludere tutta la costa tirrenica che va dalla Campania alla Sicilia: potrebbe essere colpita da uno tsunami con onde alte 3-5 metri per i movimenti franosi dei suoi versanti del grande vulcano sommerso, il Marsili, che si trova a 150 km da Napoli, ed è attualmente attivo.

Anche senza gli incidenti, vivere accanto a una centrale atomica non sembra il massimo per la sicurezza sanitaria: un recente studio del governo tedesco ha riscontrato un aumento del 120% dei casi di leucemia e del 60% per quelli di cancro tra i bambini fino ai 5 anni di età che vivono entro i 5 km da un reattore (Qualenergia.it, I rischi della modica quantità di radiazioni).

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