Berlusconi “confessa”: il nucleare si farà, lo stop è un trucco

Il ritorno al nucleare è solo rinviato, lo stop serve unicamente a evitare il referendum di giugno, ammette esplicitamente il premier, confermando sfacciatamente quanto molti denunciavano. Sono così diventati palesi i motivi per cui la Cassazione potrebbe decidere che il referendum si faccia comunque.

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“Siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare è il futuro per tutto il mondo. La moratoria è servita per avere il tempo che la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l’opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare“, parola di Silvio Berlusconi.
Che lo stop del governo sul nucleare fosse solo un espediente per far fallire i referendum del 12 e 13 giugno lo avevano denunciato in molti. La “confessione” ufficiale arriva oggi dalle dichiarazioni del premier rese durante il summit bilaterale con il presidente francese, Nicolas Sarkozy.

La “totale sicurezza” degli impianti è “una convinzione profonda dei cittadini francesi”, ha spiegato Berlusconi, in Italia, invece, “non c’è questa situazione”. Infatti, “l’accadimento giapponese”, è emerso, “a seguito anche di sondaggi che abitualmente facciamo” , “ha spaventato ulteriormente i nostri cittadini”. Perciò è risultato chiaro che “se fossimo andati oggi a quel referendum” – quello del 12 e 13 giugno che oltre  ai quesiti sul nucleare chiede di abolire le norme sulla privatizzazione dell’acqua e sul legittimo impedimento – “il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire“, ha rivelato.

Quindi, il governo “responsabilmente ha ritenuto di introdurre questa moratoria per far sì che si chiarisca la situazione e che, magari, dopo un anno, forse due anni, si possa ritornare ad avere un’opinione pubblica consapevole della necessità di tornare all’energia nucleare”, ha continuato Berlusconi, e, riguardo alla collaborazione atomica tra Enel ed Edf, ha rassicurato che “i molti contratti stipulati non vengono abrogati, stiamo continuando e decidendo di mandare avanti molti settori di questi contratti come quelli relativi alla formazione”.

Insomma, il programma nucleare continua, per ora sotterraneamente, in attesa di tempi migliori in quanto ad opinione pubblica. Un’ammissione al limite tra candore e sfacciataggine che lo stop al nucleare è solo un trucco per evitare di confrontarsi con la volontà degli italiani. I commenti, che in queste ore stanno piovendo dal fronte antinucleare, sono dunque superflui, perché ribadiscono quanto lo stesso Berlusconi ha dichiarato esplicitamente.

Stando così le cose, ossia essendo palese che lo stop al programma nucleare voluto dal governo è solo un espediente per boicottare il referendum, la Cassazione avrebbe un motivo in più per decidere che al referendum si voti comunque sul nucleare. Come hanno ricordato alcuni costituzionalisti nei giorni scorsi, infatti, secondo la giurisprudenza, le modifiche legislative intervenute a referendum già indetto non ne impediscono lo svolgimento a meno che l’abrogazione non colpisca “i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente” (Qualenergia.it, Nucleare, referendum o non referendum?, Referendum nucleare, partita ancora aperta).

“In tali casi il referendum si effettua egualmente, sebbene sulle nuove disposizioni legislative”, aveva ricordato ad esempio il giurista Gaetano Azzariti. “Il linguaggio della Corte sarà tecnico – commenta Azzariti – ma il senso è del tutto evidente. Ciò che si vuole evitare è che la maggioranza parlamentare introduca modifiche marginali ovvero adotti un escamotage normativo al solo fine di impedire l’espressione della volontà popolare. Il punto più delicato che la Cassazione dovrà valutare – spiega – sembra essere il carattere definitivo o meno della scelta sul nucleare. È questo infatti il «principio ispiratore» su cui si fonda l’iniziativa referendaria.”
Una questione che le dichiarazioni di oggi di Berlusconi rendono abbastanza chiara: lo stop serve solo ad aggirare il referendum e il nucleare si farà in futuro.

Per fermare il nucleare l’arma del referendum potrebbe allora restare in gioco. Di sicuro è l’unica in grado di impedire con sicurezza il realizzarsi della strategia governativa per far rientrare dalla finestra l’atomo. Una strategia sintetizzata efficacemente da Mario Agostinelli in un suo commento di ieri: “Si legga bene il dispositivo con cui il Governo vuole togliere di mezzo il quesito: rimanda ad un approfondimento «scientifico» quando saremo «lontani dall’emozione suscitata dal disastro giapponese» (come se non fosse «scientifico» l’accadimento in sé) e ad una valutazione complessiva in sede europea sulla «sicurezza compatibile» – perché di questo si tratta – dei reattori in funzione nell’intero continente.

Ovvero, se ne chiuderanno i cinque o sei più esposti, si vareranno alcune misure di sicurezza di effetto mediatico e si proporranno i reattori più recenti (gli EPR già opzionati o gli AP1000 in offerta, con buona pace di Areva e Westinghouse) come compensativi. E chi meglio di un governo Berlusconi-Tremonti, con quella maggioranza parlamentare che ci fa inorridire tutti i giorni, potrebbe far digerire, in base ad un accordo tra governi europei non certo propensi alla fine dell’atomo, la chiusura di un reattore «insicuro» vicino alle Alpi con l’apertura di uno «nuovo fiammante» sull’asta del Po?”

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