Shale gas, disastro in atto in Pennsylvania

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Nell'anniversario del disastro del Golfo del Messico in Pennsylvania si verifica un incidente in un pozzo per l'estrazione di gas dagli scisti. Dispersi nell'ambiente migliaia e migliaia di galloni di acqua contaminata. Uno spunto per riflettere sugli impatti di questa risorsa che si vorrebbe sostitutiva delle fossili tradizionali.

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Un anno fa dalla piattaforma Deepwater Horizon, nel Golfo del Messico, iniziava la fuoriuscita di petrolio divenuta tristemente famosa e i cui effetti si stanno ancora scontando. Ieri, nell’anniversario del disastro, sempre negli Usa c’è stato un altro incidente che ci ricorda l’alto costo ambientale delle fonti fossili, anche al netto della questione climatica. In Pennsylvania dalla mezzanotte di ieri ora locale, è in corso una perdita in un pozzo per l’estrazione dello shale gas, il gas non convenzionale estratto dalle rocce scistose.


Si stanno riversando nell’ambiente migliaia e migliaia di galloni di acqua mista a sostanze chimiche, usata per estrarre il gas tramite il procedimento della fratturazione idraulica, il cosiddetto fracking. Causa dell’incidente, secondo la compagnia che gestisce il giacimento, la Chesapeake Energy Corporation, un guasto ai macchinari. Al momento sono in corso i rilevamenti ambientali e alcune famiglie sono state evacuate. La perdita non è ancora sotto controllo secondo quanto riporta al momento la TV locale 16 WNEP che ha una troupe sul posto.


L’incidente riporta l’attenzione sull’impatto ambientale di questo controverso modo di ottenere il gas, che sarà forse sempre più protagonista in futuro. Il gas in genere è visto come una fonte di transizione per decarbonizzare il sistema energetico e grandi speranze sono riposte nei giacimenti non convenzionali. Paesi come gli Stati Uniti, ad esempio, contano di ottenere dagli scisti il 45% di tutto il gas entro il 2035 e, grazie a questa risorsa, trasformarsi addirittura da importatori ad esportatori di gas (Qualenergia.it, Gas non convenzionale, tra prospettive e criticità).


Il fracking però è da tempo sotto accusa per vari “capi d’imputazione”: inquinamento delle falde acquifere, possibile innesco di rischi sismici, fughe di metano in atmosfera (Qualenergia.it, Shale gas, impatti ambientali e riserve mondiali). Per quel che riguarda le sostanze chimiche usate per estrarre il gas dalle rocce, ad esempio, non c’è ancora chiarezza su cosa si stia usando. Un recente report dei Democratici della Camera statunitense ha mostrato che l’industria, dal 2004 al 2009, ha utilizzato abitualmente almeno 29 sostanze cancerogene. L’EPA ancora sta indagando gli effetti dell’estrazione dello shale gas, mentre la Francia, una settimana fa, ha disposto una moratoria fino a giugno sul fracking per valutarne l’impatto ambientale.


C’è poi la questione delle emissioni di gas serra: con il nucleare in crisi e le rinnovabili che per ora restano minoritarie e relativamente costose, il gas è promosso come la fonte giusta per ridurre la CO2, un messaggio che stanno tentando con forza di far passare le grandi compagnie. Ad esempio il report Making the Green Journey Work (qui il pdf), commissionato dalla lobby European Gas Advocacy Forum, sostiene che, puntando sul gas anziché sulle rinnovabili, l’Europa potrebbe raggiungere l’obiettivo 2050 risparmiando 900 miliardi di euro. Peccato che, come fa notare il Guardian, le conclusioni siano tratte da uno studio che arriva ad affermare l’opposto e siano in sostanza distorte dall’interesse dei committenti. E peccato che nel futuro del gas ci sia sempre più gas non convenzionale, che in quanto ad emissioni avrebbe prestazioni addirittura peggiori di quelle del carbone.


Come si legge infatti in un recente studio della Cornell University, il primo a tentare di valutare le emissioni di questa fonte (Qualenergia.it, Shale gas, per il clima è peggio del carbone), nel processo di estrazione dello shale gas viene disperso in atmosfera molto metano, gas con un potere climalterante decine di volte maggiore rispetto alla CO2. Risultato: nel suo ciclo di vita il gas da scisti avrebbe un impatto sul clima che arriva ad essere fino al doppio, a parità di energia prodotta, rispetto al carbone, la fonte fossile convenzionale con più emissioni.

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