Criticità e soluzioni per il nuovo conto energia

Eliminare il plafond per impianti su tetto o almeno per quelli fino a 500 kW, non considerare piccoli impianti quelli fino a 200 kW con scambio sul posto e inserire un premio fisso per la sostituzione dell’eternit. Alcuni dei punti da correggere nel nuovo conto energia secondo Mario Gamberale, intervistato da QualEnergia.it

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Qualenergia.it ha intervistato Mario Gamberale, responsabile del Gruppo di Lavoro Fonti Rinnovabili del Kyoto Club e amministratore delegato di AzzeroCO2, in merito alla bozza del quarto conto energia fotovoltaico, iniziando col chiedergli quali siano secondo lui le principali criticità che gli sembrano più evidenti.


Gamberale: Prima fra tutte direi che sono quei limiti annuali previsti per il periodo che va dal 1° giugno al 31 dicembre 2011 e per l’anno 2012, rispettivamente di 1.350 MW e 1.750 MW. Questi cap prevedono da parte del GSE una procedura di registrazione degli impianti connessi alla rete che è fatta sotto forma di bando. Nella sostanza le imprese che hanno connesso in rete gli impianti tra il 1° giugno e il 31 luglio presentano questa sorta di iscrizione a tale registro. Viene compilata così una graduatoria al fine di attribuire l’incentivo, dando la priorità agli impianti che rispondono ad una serie di parametri. Al di là dei criteri di valutazione considerati nel decreto, tutto ciò conduce di fatto una paralisi del meccanismo per due motivi. Il primo è che non c’è nessun fondo o istituto di credito che di fronte all’incertezza di ricevere il contributo finanzierà gli impianti, se non chiaramente quelli già in corso. L’altro problema riguarda il fatto che non c’è più un criterio automatico di ammissione agli incentivi, ma esclusivamente valutativo. Per accedere agli incentivi infatti si predispone una sorta di gara.


C’è anche il rischio di una forte burocratizzazione.


Sembra che questo procedimento sia stato deciso per ostacolare gli impianti a terra, ma l’effetto più grave è che va a bloccare totalmente anche gli impianti su tetto, incluse le bonifiche delle coperture in eternit che sono da sostituire con il fotovoltaico. Era stato assicurato che non sarebbero stati messi dei limiti annuali sugli impianti per coperture, ma in realtà nel decreto viene fatta una differenza solo fra impianti grandi e piccoli, peraltro senza definire quale sia la taglia per quest’ultimi. Forse qualcuno pensa ad una soglia di 200 kW in scambio sul posto, secondo quanto proposto da Confindustria. Ma se questa ipotesi venisse adottata significherebbe che tutte le iniziative di finanza per impianti FV sui tetti, così come la bonifiche di tetti in amianto con fotovoltaico, sarebbero tagliate fuori perché queste si basano su un principio di diritto di superficie scollegato dai contatori delle aziende e concepite generalmente per la vendita diretta di energia alla rete. Tutte le iniziative su tetto di dimensioni maggiori di 200 kWp non potrebbero essere realizzate perché c’è troppo incertezza per i finanziatori di rientrare in quel limite o cap. Ad esempio nel caso della bonifica dell’amianto sarebbe un’opportunità mancata, perché si tratta di un’attività che comunque i proprietari dei capannoni dovranno affrontare nei prossimi anni.


Come consideri le rapide riduzioni delle tariffe nel 2011?


Un’altra criticità è proprio il valore dell’incentivo con la sua riduzione mensile nel 2011 che non consente di programmare un valore definito. Non sappiamo se un impianto cadrà in un mese o in un altro. Forse poteva essere più accettabile almeno una tariffa bimestrale. Ma anche sul valore della riduzione è curioso vedere che ci sia una riduzione del 3% al mese nei primi due mesi e poi dell’1,6% ad agosto, per poi salire a un 4,5% a settembre e poi mediamente ad un 7% a novembre e dicembre. Un criterio non comprensibile.


E per quanto riguarda il premio relativo alla sostituzione dell’eternit con il fotovoltaico?


Definire un premio con una percentuale del 10%, che poi conferma quanto scritto nel vecchio decreto, in questo nuovo conto energia crea invece un problema già nel 2012 in termini di sostenibilità dell’extra valore necessario per andare a coprire il costo di bonifica e ricopertura. Sappiamo che in Italia il costo di rimozione, smaltimento e ricopertura mediamente oscilla intorno ai 60 euro al metro quadrato. Si tratta di un costo incomprimibile e già valutato per i grandi interventi. Con progetti di minori dimensioni questo valore per metro quadrato diventa ovviamente più alto per l’incidenza dei costi generali che pesano di più. Quindi man mano che la tariffa base diminuisce, va a diminuire anche il valore ascrivibile al premio del 10% e trasforma questo extra contributo in una cifra che non è più in grado di giustificare economicamente l’investimento.


Quale soluzione si può proporre per questa tipologia di intervento?


Dovrebbe essere fissato un premio in centesimi per kWh prodotto, in modo da svincolarlo dalla tariffa base e dimensionarlo sui costi effettivi necessari alla bonifica. L’Aper ad esempio ha proposto 5 centesimi per kWh, ma si potrebbe pensare anche ad un valore più basso, intorno ai 3,5-4 centesimi. Un adeguamento che non vedo così problematico da fare.


C’era la volontà di spingere gli impianti su tetto, ma a parte l’ostacolo del limite annuale, anche le tariffe potrebbe essere considerate un po’ limitative?


Diciamo che le tariffe vanno bene nella fascia degli impianti su tetto da 200 kW a 1 MW, una taglia ideale per i progetti a livello industriale. Ritengo invece che siano troppo basse sotto questa taglia, perché gli impianti più piccoli su tetto in genere non hanno il sostegno della finanza nazionale o internazionale, ma devono essere realizzati principalmente con il denaro dell’imprenditore. Si potrebbe rendere un po’ più alta la tariffa tra i 20 e i 200 kW che è quella legata ad interventi della piccola e media impresa italiana. Sotto i 20 kW il livello delle tariffe è discreto, ma comunque se venisse alzato l’incentivo per tutte le taglie fino a 200 kW, l’impatto generale degli incentivi sarebbe limitato, perché la questione dei costi collettivi dipende essenzialmente dalle grandi centrali a terra. Il mercato degli ultimi sette mesi è stato spinto proprio da questa tipologia di centrali, soprattutto rappresentata da impianti multimegawatt.


Ci sono margini di manovra per fare qualche cambiamento? Che cosa si renderebbe veramente necessario a questo punto?


Personalmente definirei i piccoli impianti su tetto, senza alcun cap, quelli fino a 500 kW di potenza. Una taglia che consentirebbe di fare impianti nella stragrande maggioranza dei capannoni. Su quelli di grandissima taglia bisognerebbe frazionare la dimensione dell’impianti, ma sappiamo tuttavia che anche i grandi complessi industriali sono costituiti da più coperture. Altra cosa per me fondamentale è non prevedere assolutamente il limite dello scambio sul posto fino a 200 kW nella definizione di piccoli impianti, perché questo potrebbe davvero portare alla morte del meccanismo. Un imprenditore che non ha disponibilità di denaro dovrà comunque chiedere il prestito ad un fondo o a una banca. Nessun soggetto finanziario vuole attaccarsi al contatore dell’azienda. Sopra questo limite le banche non finanzierebbero gli impianti per i limiti di potenza periodici fissati nel decreto.


Per riepilogare, quali sono le correzioni da apportare al decreto?


Secondo me, oltre all’incentivo fisso per gli interventi di sostituzione dell’amianto che ho indicato prima, sarebbe utile alzare leggermente le tariffe per gli impianti più piccoli su tetti fino a 200 kW. Ma sicuramente la maggiore criticità potrebbero essere quella rappresentata da una definizione di piccoli impianti come quelli fino a 200 kW con scambio sul posto perché, ripeto, comporterebbe che gli interventi maggiori di questa taglia, cadendo dentro un cap salterebbero tutti. Meglio allora definire i piccoli impianti quelli fino a 500 kW realizzati su tetti.

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