Shale gas, per il clima è peggio del carbone

Per la prima volta uno studio calcola le emissioni del gas dagli scisti nell'intero ciclo di vita: un bilancio pessimo, peggiore del carbone. Colpa delle fughe di metano durante l'estrazione. Una brutta notizia per una fonte su cui, nonostante altri e ben conosciuti impatti ambientali, si sta investendo molto.

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Lo shale gas sarebbe peggio del carbone per il suo impatto sul clima. La colpa è del metano, gas serra potentissimo, che fugge in atmosfera durante il processo d’estrazione di questo gas dalle rocce scistose. La notizia arriva da uno studio della Cornell University, il primo a tentare di valutare le emissioni di questa fonte. I risultati sono particolarmente negativi. Con il nucleare in crisi e le rinnovabili ancora minoritarie, molti hanno infatti individuato lo shale gas come la fonte di transizione per decarbonizzare il sistema energetico; tra le fossili quella con meno emissioni di CO2.  Grandi speranze sono riposte nei giacimenti non convenzionali di quel gas, appunto, intrappolato in formazioni rocciose. Paesi come gli Stati Uniti, ad esempio, contano di ottenere così il 45% di tutto il gas entro il 2035 e grazie a questa risorsa trasformarsi addirittura da importatori ad esportatori di gas (Qualenergia.it, Gas non convenzionale, tra prospettive e criticità).

Il gas in questione viene estratto dagli scisti con un processo detto fratturazione idraulica: si inietta acqua mista a sabbia e sostanze chimiche diverse a seconda del tipo di rocce. Un procedimento con impatti ambientali molto pesanti come il depauperamento e l’inquinamento delle falde idriche, per ridurre i quali le soluzioni sono ancora in fase di studio (Qualenergia.it, Shale gas, impatti ambientali e riserve mondiali).

Fino ad ora però non si erano ancora considerate le emissioni che l’estrazione di questo gas non convenzionale comporta. Lo fa appunto lo studio della Cornell University, “Methane and the Greenhouse-Gas Footprint of Natural Gas from Shale Formations“, di Robert W. Howarth, Renee Santoro e Anthony Ingraffe (in allegato in basso). Si conclude che il bilancio del ciclo di vita di questa fonte come impatto sul clima è addirittura peggiore di quello del carbone, la fonte considerata con maggiori emissioni climalteranti.

Nello studio si stima che, nell’intero ciclo di vita del gas dagli scisti, e in gran parte durante l’estrazione, dal 3,6 al 7,9% del metano va a finire in atmosfera: fino al doppio di quel che accade per il gas convenzionale. Emissioni che pesano molto sul clima, specie nei primi 20 anni: il metano infatti ha un potere climalterante decine di volte superiore a quello della CO2, anche se ha un tempo di permanenza in atmosfera pari ad un decimo di questa. Per l’esattezza lo studio attribuisce al metano un potere climalterante sui 100 anni di 33 volte superiore a quello della CO2 e sui 20 anni 105 volte maggiore. Il quarto rapporto IPCC del 2007 parlava invece di un potere riscaldante sui 100 anni superiore di 21 volte alla CO2, ma secondo lo studio della Cornell University la proporzione fatta dall’IPCC è superata perché non tiene conto dell’interazione con gli aereosol.

Per la ricerca dunque le emissioni di metano in atmosfera nel ciclo di vita dello shale gas pesano sul clima, sul periodo dei 20 anni, da 1,4 a 3 volte più della CO2 che libera quando viene bruciato. L’impronta dello shale gas in un periodo di 20 anni è dunque dal 22 al 43% più grande di quella del gas convenzionale, mentre sui 100 anni –  per via della permanenza relativamente breve del metano in atmosfera – la differenza è più contenuta: impronta più pesante dello shale gas dal 14 al 19%.

Pessimi, come anticipato, anche i confronti con le altre fonti fossili: rispetto al petrolio, sui 20 anni, l’impatto è dal 50% a 2,5 volte più pesante, un po’ meglio il confronto sui 100 anni: da equivalente a peggiore del 35%. Rispetto al carbone, invece, sul periodo dei 20 anni, avrebbe un’impronta climatica dal 20% a oltre il doppio più grande, mentre sui 100 anni il peso sul clima sarebbe sostanzialemente simile.

Il punto è che questi risultati non sono affatto accettabili per una fonte che si vorrebbe sostitutiva delle fossili convenzionali. Lo studio – come chiarisce uno degli autori in questa presentazione video – non pretende di aver dato la risposta definitiva sulle emissioni dello shale gas e auspica una intensificazione della ricerca. Certo, quel che è grave è che finora nessuno si sia preoccupato di valutare l’impatto sul clima di questa fonte energetica che sta diventando sempre più importante soprattutto a livello di investimenti delle grandi compagnie energetiche.

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