Rottamare in tempi brevi le centrali nucleari presenti sul territorio europeo e compensarne l’intero output energetico con la produzione da fonti rinnovabili, innalzando gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 30% è possibile. E’ questo lo scenario diffuso da Greenpeace in breve report dal titolo “Europa e nucleare: green exit strategy” (pdf).
I governi nazionali europei si trovano a dover fornire nuove risposte sulla questione nucleare a un’opinione pubblica sempre più preoccupata – segnala l’associazione – e, al contempo, devono fronteggiare i rapidi incrementi dei costi dell’energia. Lo scenario diffuso da Greenpeace dimostra invece come l’Europa possa velocemente rottamare il nucleare senza dover fare ricorso a un accresciuto impiego del carbone e delle altre fonti fossili.
La produzione da fonte rinnovabile è sufficiente a compensare il gap che verrebbe dallo spegnimento dei reattori. Oggi l’energia nucleare fornisce il 16% dell’energia elettrica europea (in Italia, circa l’1,5%, tramite importazioni): considerando anche i consumi non elettrici si tratta di meno del 6% del fabbisogno energetico europeo.
Va anche considerato che nell’UE, la potenza nucleare installata è diminuita di 7,6 GW nell’ultimo decennio, mentre nel frattempo sono stati installati oltre 100 GW di impianti a fonti rinnovabili. Lo scenario Energy [R]evolution (Qualenergia.it, L’evoluzione del sistema energetico) realizzato da Greenpeace con il Centro Aerospaziale Tedesco, dimostra che i 48 reattori costruiti in Europa prima del 1980 (con una potenza complessiva di 34,7 GW) possono essere chiusi entro il 2015. L’energia da essi prodotta può essere sostituita con un incremento delle produzioni da fonti rinnovabili e con una crescita dell’efficienza energetica.
Secondo Greenpeace, l’innalzamento alla soglia del 30% della riduzione programmata di emissioni di gas serra favorirebbe ulteriormente lo sviluppo della green energy, con una ricaduta occupazionale di 940.000 nuovi posti di lavoro al 2020 (1,2 milioni al 2030). Per l’Italia potrebbe essere almeno di 115.000 nuovi occupati. “Mentre suggeriamo una chiara strategia per tirarci fuori dalle sabbie del nucleare – spiega Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima – non possiamo accettare le risoluzioni adottate in materia di sicurezza”. Gli stress test alle centrali, previsti ora su base volontaria, “devono essere obbligatori per tutti gli impianti e comportare l’immediata chiusura per quelli che risultassero non a norma”, conclude Boraschi.