Fukushima, probabile la fusione parziale del nocciolo

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Secondo Giorgio Ferrari, esperto di combustibile nucleare, intervistato da Qualenergia.it, oltre al probabile cattivo funzionamento del sistema di raffreddamento, a Fukushima potrebbero aver fallito anche i sistemi di contenimento. Le conseguenze sui lavoratori della centrale sarebbero gravissime. Un appello alla massima trasparenza.

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“La situazione è molto preoccupante, bisognerà però capire quanto. Possiamo probabilmente trovarci di fronte ad un caso di fusione parziale del nocciolo. Sicuramente non catastrofica come quella di Chernobyl, ma forse molto più grave di quello Three Mile Island nel 1978. Qui in Giappone il piano di evacuazione è stato attivato subito, mentre nell’episodio di 33 anni fa avvenne dopo parecchie ore”.

Queste le prime impressioni di Giorgio Ferrari, esperto nucleare ora in pensione, in merito agli effetti del terribile terremoto in Giappone sulla centrale di nucleare di Fukushima.

Mentre si accavallano le notizie dal Giappone sulle conseguenze alla centrale atomica di Fukushima, emerge sempre di più da fonti governative la preoccupazione e la drammaticità della situazione.

Notizie dell’ultima ora raccontano di un’esplosione del tetto del contenitore del reattore che è crollato e che la contaminazione esterna può aver raggiunto livelli molto elevati con fuoriuscita di cesio. Almeno 200mila persone sono state evacuate in un raggio di 20-25 km, ad altri è stato detto di chiudersi, sigillarsi dentro le proprie abitazioni.

Qualenergia.it ha intervistato questa mattina Giorgio Ferrari che lavorò in Enel dal 1964 al 1987 nelle centrali atomiche italiane con la responsabilità specifica di ispezionare il combustibile nucleare presente nei reattori di Latina, Garigliano Trino e Caorso. Dopo Chernobyl spedì una lettera all’Enel in cui chiedeva di non occuparsi più di queste mansioni. Una forma di obiezione di coscienza che era però maturata già anche prima di quel grave incidente.

Ing. Ferrari, quali sono le centrali atomiche coinvolte dall’evento tellurico?
Le centrali che sono state colpite fanno parte della TEPCO, Tokyo Electric Power Company, una delle compagnie elettriche più grandi al mondo. Questa società ha 17 impianti nucleari che sono concentrate in 4 o 5 siti. Di queste 17 unità al momento del terremoto ne erano in funzione solo 7; una decina erano ferme per ispezioni e manutenzione. Questo finora non lo aveva detto nessuno.

Che vuol dire che una centrale nucleare è ferma?
Significa che la produzione di calore è molto bassa, il reattore è comunque spento e il normale residuo di calore viene rimosso dai normali mezzi con l’acqua di circolazione e quindi i rischi dovuti ad un eventuale incidente sono decisamente più bassi rispetto ad un impianto a potenza. Questo ha quindi ridotto la possibilità di incidente.

Cosa sta accadendo secondo lei in quei reattori?
Da quello che ho potuto accertare, basandomi su fonti ufficiali e dalla stampa internazionale, inclusa quella giapponese, sembrerebbe che in uno dei due impianti, credo nel reattore numero 1 di Fukushima ci sia stata una fusione del nocciolo. Bisognerà capire se questa fusione sia parziale o totale. Un simile evento ricorda, almeno dai dati in nostro possesso, più Three Mile Island che Chernobyl. A Three Mile Island il 25% del nocciolo fu fuso con fuoriuscita di radioattività.

Quale può essere stata la dinamica dell’evento?
Dal quel poco che è stato detto posso ipotizzare, con molta approssimazione, che all’arrivo delle prime scosse i reattori che erano in funzione sono andati in scram automatico, mentre altri sono stati messi in scram manuale. Lo scram è un arresto rapido del reattore che comporta il veloce inserimento delle barre di sicurezze e lo spegnimento della reazione a catena, in modo da portare il nocciolo in poco tempo a potenza zero. Se questa procedura, come è presumibile, non ha funzionato in un paio di reattori, bisognerà capire il perché.

Quali sono le ipotesi al riguardo?
E’ probabile che alcune barre di controllo non sono rientrate nel modo corretto. In pratica le scosse possono aver deformato i canali guida delle barre di controllo e queste, non rientrando a dovere, possono averle tenute scoperte, quindi lasciando “in potenza” (in funzione) alcune parti del nocciolo che ha così seguitato a produrre calore con ulteriori danni e conseguenze. Un‘altra ipotesi può essere la seguente. Anche se i reattori fossero stati arrestati, in alcuni di questi si può essere creato un LOCA (lost of coolant accident), cioè una perdita del refrigerante del nocciolo, dovuta ad una rottura di una tubazione oppure per un malfunzionamento delle pompe che alimentano l’acqua al reattore. Quindi il nocciolo ha cominciato a surriscaldarsi come avvenne a Three Mile Island nel 1978. Quello che si capisce è che c’è stato un cattivo funzionamento di questi sistemi di emergenza, sistemi che gettano acqua ad alta pressione nel nocciolo per raffreddarlo.

Cosa accade quando il nocciolo si surriscalda?
In questo caso si innescano alcuni meccanismi. Innanzitutto quel poco di acqua che c’è evapora rapidamente e si surriscalda e questo vapore surriscaldato aumenta di pressione. Accanto a questo fenomeno principale, c’è un altro fenomeno altrettanto importante. Si tratta di una reazione metallo-acqua con il combustibile nucleare. Lo zircaloide con cui sono fatte le guaine che contengono le barre di combustibile dentro alle quali c’è l’uranio, a temperature di 800-900 °C porta ad una reazione tra questo metallo e acqua che sprigiona idrogeno e altri gas. Questi vanno ad aumentare la pressione del vessel di acciaio con il pericolo che tale pressione raggiunga limiti intollerabili. Per farla sfogare si lascia scaricare, facendola depotenziare, nel contenitore esterno (quei contenitori di calcestruzzo che sono visibili in tutte le centrali). Se questa operazione sia riuscita o meno lo sapremo solo nelle prossime ore o giorni. La domanda è: hanno fatto in tempo ad attivare questo processo prima di una fusione parziale o totale del nocciolo? A mio parere il nocciolo di un reattore si è surriscaldato con una sua parziale fusione.

Si è parlato di contaminazione interna ed esterna.
Oltre a non aver funzionato bene questi sistemi di emergenza, detti ECCS, bisognerebbe capire come questa contaminazione, che si sarebbe dovuta fermare entro il contenitore di calcestruzzo, sia arrivata all’esterno. Quindi l’ipotesi è che anche i sistemi di contenimento non hanno funzionato. In questo caso bisognerà capire se c’è stato errore umano, tecnico o di progettazione. Ci può essere stata forse una falla nel sistema di contenimento. Il terremoto può aver incrinato la struttura di cemento e quindi il vapore radioattivo ha contaminato l’ambiente esterno. Per i lavoratori della centrale tutto ciò è molto preoccupante. Se quello che è stato detto corrisponde al vero e cioè che la radioattività all’interno dell’impianto è risultata essere superiore 1000 volte rispetto al normale, credo che questa gente non avrà una vita lunga e per quella che gli resta potrebbe essere molto dolorosa.

All’esterno si parla di una radioattività superiore a 8 volte il normale.
Siamo di fronte a numeri poco verificabili. C’è troppa differenza tra 1000 volte maggiore all’interno e 8 volte all’esterno. Uno dei due dati non è vero. Non ci può essere questo distacco tra radioattività interna ed esterna.

Quello che serve in questo momento, ci fa capire Ferrari, è trasparenza. “Atteggiamenti minimalisti e di sottovalutazione non fanno bene neanche alla causa dei filo nuclearisti perché ormai le gente è molto più scaltra che in passato e quando sente da fonti ufficiali che non è successo nulla di grave stenta a crederci ed aumenta il suo sospetto nei confronti di queste fonti”. Conclude con un appello: “A chi gestisce queste tematiche chiedo la massima trasparenza. Questo è l’unico modo per decidere sempre in modo consapevole”.

Nota: Qualenergia.it seguirà l’evolversi della situazione che, nonostante le rassicurazioni del Governo nipponico, si fa di ora in ora più preoccupanti.

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