Decreto rinnovabili, Aper scrive a Romani e a Galan

  • 8 Marzo 2011

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L'associazione dei produttori di energia rinnovabile scrive ai Ministri di Sviluppo Economico e dell'Agricoltura. Al primo chiede di essere ricevuta al più presto per discutere del provvedimento che rischia di uccidere il fotovoltaico, con il secondo contesta il nuovo limite alle installazioni su terreni agricoli.

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Aper l’associazione dei produttori di energia rinnovabile scrive ai Ministri di Sviluppo Economico e dell’Agricoltura. Al titolare del MSE, Paolo Romani, l’associazione chiede (vedi allegato) di essere ricevuta al più presto per parlare di un provvedimento che “avrebbe dovuto promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili ai fini del raggiungimento degli obiettivi al 2020, e si è invece rivelato uno strumento per sanzionare presunti sviluppi speculativi del settore. Questo è quanto si evince innanzitutto dal metodo utilizzato: per i principali punti chiave del “sistema rinnovabili” – in primis la definizione del valore degli incentivi – si rimanda infatti a future disposizioni attuative, introducendo così ulteriori elementi di incertezza. Si sottolinea inoltre che il pericoloso effetto retroattivo del decreto che va a bloccare non solo i progetti futuri, ma anche quelli già avviati e finanziati, mettendo a rischio fallimento aziende fino a ieri stabili e in crescita.”


Al Ministro dell’Agricoltura Aper scrive (secondo allegato) per parlare del nuovo limite alle installazioni di FV su terreni agricoli presente nel provvedimento: fino al 10% della superficie, non oltre 1 MW di potenza installata e almeno 2 chilometri da un impianto all’altro su terreni dello stesso proprietario.


“Apprendiamo dalle recenti dichiarazioni agli organi di stampa della sua soddisfazione per quanto contenuto nello schema di Decreto in oggetto, in merito alle fortissime limitazioni poste all’utilizzo dei terreni agricoli per la realizzazione degli impianti fotovoltaici, in quanto sarebbero “una bestemmia dal punto di vista paesaggistico e un insulto all’agricoltura, visto che sottraggono grandi superfici”.


A tal proposito ci preme innanzitutto osservare che ad oggi meno della metà degli impianti realizzati (3,7 GW connessi alla rete elettrica nazionale, come riportato sul portale del Gestore dei Servizi Elettrici), insiste su terreni agricoli – e se anche tutti gli 8.000 MW previsti dal PAN fossero realizzati in aree agricole occuperebbero meno dello 0,1% della superficie coltivabile in Italia – e nella maggioranza questi interessano aree agricole marginali, non produttive, o comunque non utilizzate da diverso tempo a scopi agricoli dai proprietari in quanto assolutamente non remunerativi, e praticamente in nessun caso sottraggono terreni a colture agricolo di pregio, essendo ciò normalmente (nonché correttamente e opportunamente, aggiungiamo) impedito dalle norme regionalie/o locali che regolano la realizzazione di questi impianti”.


APER dunque intende evidenziare “il grave danno arrecato dalle disposizioni di cui all’art. 10 comma 4 dello schema di decreto adottato dal Consiglio dei Ministri, in quanto ritiene che le limitazioni poste recheranno non soltanto un pesantissimo freno allo sviluppo del settore fotovoltaico in Italia, ma anche grave nocumento al settore agricolo, che invece si avviava a trarre benefici dai proventi offerti dalla diversificazione delle attività verso iniziative di produzione di energia fotovoltaica, senza che vi sia per questo alcuna effettiva contropartita a favore del settore stesso.”

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