Le prime reazioni sul decreto rinnovabili. Prevale l’incertezza

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Non piace ad ambientalisti e alle associazioni di categoria la nuova versione del decreto di recepimento della direttiva europea sulle rinnovabili, approvata stamattina. Il provvedimento rischia di essere un duro colpo per l'energia pulita italiana e non dà certezze e prospettive agli investimenti.

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Aggiornato ore 17.20


Un dietro front solo di facciata: sparito il punto più criticato, il tetto di 8 GW per il fotovoltaico, il decreto Romani come approvato oggi resta preoccupante per il mondo dell’energia pulita italiano. Nettamente negative le prime reazioni di ambientalisti e associazioni di settore al testo licenziato stamattina (disponibile su Qualenergia.it, Un nuovo decreto per gli incentivi al fotovoltaico).
La versione di compromesso, come detto, elimina l’introduzione del tetto di 8 GW per l’incentivazione del fotovoltaico, ma tronca comunque di netto la vita del terzo conto energia: entro fine aprile dovranno essere stabilite con un decreto nuove tariffe, ribassate, che saranno in vigore già dal primo giugno. Inoltre verrà decisa una quota massima di potenza da energia solare incentivabile ogni anno.


Anche sui certificati verdi la retromarcia è solo parziale: anziché un taglio del 30% rispetto al prezzo di ritiro stabilito dal comma 148 della legge 24 /2007, c’è un riduzione, sempre retroattiva, del 22% (si stabilisce che il ritiro dei certificati verdi prosegue fino al 2016, fissando il prezzo di ritiro al 78% di quello massimo di riferimento).


“Con il decreto approvato oggi, il Governo intende dare impulso alla filiera produttiva dell’energia da fonti rinnovabili contrastando le speculazioni finanziarie che gravano inutilmente sulle bollette degli italiani”, afferma il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani. “Nessun taglio, nessun tetto, nessuno stop allo sviluppo del settore produttivo è stato mai previsto”, aggiunge Romani. Semmai, sottolinea, si voleva “il potenziamento e la razionalizzazione del sistema per incrementare l’efficienza e l’utilizzo di questo tipo di energia”. Ciò, spiega, “diminuendo gli oneri indiretti legati al processo di realizzazione degli impianti da essa alimentati e soprattutto eliminando l’effetto delle speculazioni finanziare che hanno approfittato del settore”. Il decreto secondo il ministro servirebbe a ridurre il costo dell’energia in Italia un obiettivo che “intendiamo raggiungere prima di tutto diversificando il nostro mix energetico, promuovendo quindi la produzione da fonti rinnovabili e il ritorno al nucleare“.


Soddisfatto del decreto, per la parte che regola le installazioni sui terreni agricoli anche il ministro dell’Agricoltura, Giancarlo Galan. Adesso, rimarca, “gli incentivi andranno in buona parte agli agricoltori”. Il ministro assicura: “Non permetteremo i grandi campi fotovoltaici che sono una bestemmia dal punto di vista paesaggistico ed un insulto all’agricoltura, visto che sottraggono grandi superfici”, per cui agli agricoltori si permetterà di “installare impianti che producano al massimo un megawatt e non occupino più del 10% della superficie agricola”. I pannelli fotovoltaici, invece, “dovranno essere posti a due chilometri di distanza uno dall’altro”.


Assai diverse invece le reazioni di associazioni e opposizione. “Un disastro”, secondo Pier Luigi Bersani per cui “siamo a un blocco di fatto”. Più cauto Ermete Realacci, Responsabile Green Economy del PD:  “siamo di fronte ad un importante passo indietro rispetto al colpo mortale che il governo stava per sferrare alle fonti rinnovabili. Ora è prioritario dare subito regole certe per far proseguire positivamente l’Italia nelle rinnovabili, un settore strategico per il futuro del nostro paese e che va migliorato per essere più trasparente, eliminando abusi e sprechi, con procedure semplificate e con contributi decrescenti in modo da favorire le tecnologie più innovative e sostenere il pieno ingresso nel mercato. E per questo chiediamo che il governo venga a riferire al più presto in parlamento, perché nei particolari si nasconde il diavolo”. Anche dall’Idv si aspetta di vedere come sarà la riduzione degli incentivi prevista dal decreto: “non ci fidiamo e aspettiamo a cantar vittoria, perché ancora manca il provvedimento che dovrà rimodulare le soglie e gli incentivi dando certezza agli operatori del settore e alle pubbliche amministrazioni”, afferma Patrizia Bugnano, capogruppo Idv in commissione Industria del Senato.


Legambiente, tramite il responsabile energia Edoardo Zanchini parla di “effetti gravi e dannosi sulle rinnovabili in Italia che saranno visibili già nel 2011. Per il solare fotovoltaico, imprenditori e cittadini sono lasciati nella più totale incertezza. Solo chi ha già i cantieri aperti e finirà entro maggio avrà sicurezza sugli incentivi.” Il limite annuale alle installazioni fotovoltaiche secondo Zanchini “non darà garanzie a chi vuole  investire”,  mentre per eolico, biomasse e idroelettrico “la situazione è ancora più grave, visto che è prevista l’introduzione di un fallimentare sistema di aste al ribasso, che in passato ha già dato risultati scadenti, e solo a uno sconto sul taglio retroattivo agli incentivi, passato dal 30 al 22%”. Legambiente sottolinea come siano stati stravolti il testo e gli obiettivi per le fonti rinnovabili della Direttiva Europea che si doveva recepire. Per questo chiederà alla Commissione europea di verificare la coerenza del ‘provvedimento Romani’ con gli obiettivi vincolanti al 2020 e il Piano italiano per lo sviluppo delle rinnovabili presentato pochi mesi fa a Bruxelles.


Dure parole anche dal WWF:”Il Governo dice tutto e il contrario di tutto: nel giugno scorso fa un piano che prevede lo sviluppo delle rinnovabili e poi, sull’onda di polemiche inventate a tavolino sui costi degli incentivi alle rinnovabili, le blocca. La scelta fatta oggi di rinviare la decisione, a seguito della sollevazione non solo degli ambientalisti, non solo degli operatori, ma di migliaia e migliaia di cittadini, non fa che aumentare il caos e l’incertezza, rendendo il nostro Paese troppo poco affidabile per gli investitori.
Le rinnovabili e l’efficienza energetica sono la spina dorsale della nuova economia, che si sta sviluppando in tutto il mondo e sono anche l’unica vera strada per garantirsi la sicurezza energetica . Il nucleare ci renderebbe del tutto dipendenti da tecnologie vecchie e straniere, oltre che dall’uranio. Romani dica perché è tanto difficile capire che incentivi seri e rapportati ai costi per le rinnovabili, a spese degli italiani (in bolletta) sono un investimento nel futuro. E soprattutto spieghi perché non lo preoccupa il fatto che l’80% dei soldi destinati alle rinnovabili sia finora andato a impianti tradizionali e inceneritori (CIP6) e perché ritiene accettabili i 400 milioni di euro l’anno che gli italiani tirano fuori (sempre in bolletta) per “ripagare” i costi del mancato sviluppo del nucleare (di cui non abbiamo alcun bisogno, visto che abbiamo molta più potenza istallata del reale fabbisogno di energia).”


Tra le associazioni di settore, Asso Energie Future è molto critica:  “Se sono vere le indiscrezioni che parlano di un dimezzamento degli incentivi entro maggio per il fotovoltaico, si può parlare di un tentativo di far rientrare dalla finestra quello che sembrava ora essere uscito dalla porta”, afferma il presidente, Massimo Sapienza. “Quello che serve alle rinnovabili è un piano di sviluppo che preveda anche incentivi decrescenti ma con i tempi e le certezze necessarie: tagliare del 50% nel giro di due mesi significa chiudere un comparto produttivo vitale, che rappresenta il futuro del nostro paese e che raccoglie il favore dell’opinione pubblica”.


Negativo anche il parere di Assosolare: “Un risultato persino peggiore di quello ventilato negli ultimi giorni. E’ evidente che non è stato tenuto conto delle esigenze di settore. Tenere gli incentivi del Conto Energia solo fino al 31 maggio senza un periodo “cuscinetto” compromette da subito gli investimenti in corso, perché determina il congelamento immediato dei finanziamenti bancari, di fatto fermando i cantieri degli impianti in costruzione”, spiegano dall’associazione.”Vista la mancata definizione nel dettaglio del nuovo regime e l’assenza di certezze sul relativo contenuto e sul fatto che sarà tempestivamente promulgato, si crea inoltre un vuoto normativo che sta già portando a una totale paralisi del settore, facendo peraltro perdere credibilità all’Italia nei confronti delle aziende che da tutto il mondo stavano investendo, e compromettendo decine di migliaia di posti di lavoro. Riguardo alla costituzionalità del decreto, Assosolare valuterà le azioni più opportune nell’immediato, soprattutto con riguardo ai profili di eccesso di delega per violazione dei principi, criteri e termini dettati dalla Legge Delega. Non dovrebbe poi essere sottovalutato che le agenzie di rating potrebbero considerare se ritenere questa decisione come indicatore della valutazione del rischio Paese, con le possibili conseguenze del caso”.

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