Nuove alchimie negoziali per il dopo Cancun

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L’ultima sessione negoziale sul clima a Cancun ha scongiurato il collasso del sistema multilaterale in ambito Onu. Ma la strada per arrivare alla conclusione della discussione sul futuro del regime climatico è ancora lunga. Si rendono necessarie modifiche al sistema attuale per evitare un altro fallimento stile Copenhagen.

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La sedicesima conferenza delle Parti (COP16) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Convenzione – UNFCCC) e la sesta conferenza delle Parti del Protocollo di Kyoto (CMP6) tenutasi dal 29 novembre al 11 dicembre 2010 a Cancun in Messico si sono concluse con l’adozione degli accordi di Cancun: una serie di decisioni che, a parte qualche eccezione come per esempio in ambito di riduzione delle emissioni provocate dalla deforestazione (REDD+), poco aggiungono all’ambiguità e al caos generale che ci accompagna dalla conferenza di Bali della fine del 2007.

Tuttavia, Cancun ha dato un segnale forte alla comunità internazionale in termini di trasparenza e inclusività ad un processo negoziale uscito devastato da Copenhagen dove il testo dell’Accordo danese fu rifiutato in maniera esplicita da una minoranza di paesi che ne contestavano in primis la legittimità politico-giuridica.
In ogni caso, affinché il risultato positivo di Cancun non resti isolato e al fine di evitare che il summit di Durban a fine 2011 venga ricordato più per le belle spiaggie soleggiate che per la riduzione della CO2, il sistema UNFCCC che raggruppa 194 stati sovrani ha bisogno di svoltare e rafforzarsi in termini di efficienza, spirito di appartenenza al processo e guida politica.

Di seguito alcune raccomandazioni per migliorare l’operatività del negoziato, alcune delle quali indicate nel paper UNFCCC – The Future of the Process (pdf) dove sono raccolti i suggerimenti di alcuni dei più importanti negoziatori sul clima.

Legittimità, partecipazione e trasparenza del negoziato
La figura qui sotto indica in maniera semplificata la struttura del processo negoziale in ambito UNFCCC. Secondo una prassi ormai consolidata, la maggior parte del negoziato si svolge oramai a porte chiuse, attraverso consultazioni di tipo informale e gruppi ristretti. Le sessioni plenarie pubbliche sono utilizzate per formalizzare un accordo i cui dettagli sono quasi sempre già stabiliti e definiti nelle fasi precedenti.

Alcune delle domande che sorgono spesso e che devono prima o poi trovare una risposta adeguata sono le seguenti: In base a quali criteri e chi decide la rappresentanza dei paesi nei gruppi negoziali ristretti? Come assicurarsi che i risultati di tali negoziati siano condivisi e legittimati da tutte e 194 le parti del sistema?

In effetti, il fallimento di Copenhagen fu strettamente correlato alla mancanza di legittimità dell’accordo finale, aspetto denunciato in maniera esplicita nella notte finale da un gruppo ridotto di paesi. I gruppi ristretti, in gergo chiamati « Friends of the Chair », devono quindi includere almeno una rappresentazione bilanciata dal punto di vista geografico e politico, ossia una rappresentazione che tenga conto delle diversità geografiche e politiche dei paesi, nonché della loro importanza strategica. Ma soprattutto, la composizione di tali gruppi deve essere decisa in maniera condivisa e con l’accordo di tutti. Questo è mancato nella famosa notte danese. Di seguito, nella tabella, un’indicazione del modello di rappresentanza accettabile (Fonte: Müller, 2011).

Inoltre, sarebbe auspicabile che i lavori, i documenti e i risultati dei gruppi negoziali informali e ristretti fossero disponibili pubblicamente e comunque a disposizione delle parti interessate, anche della società civile interessata, attraverso un sito web dedicato e gestito dal segretariato UNFCCC o attraverso il sistema di webstreaming.

Guida politica
Un’adeguata guida politica di alto livello è sicuramente necessaria per l’avanzamento dell’intero processo negoziale. Parliamo qui di coinvolgimento di ministri, e, solo in occasioni eccezionali, Capi di stato e di governo, come a Copenhagen. Un coinvolgimento che al momento prevede solamente una sessione di alto livello con comunicati di una durata massima di tre minuti senza contraddittorio. Utile sarebbe intensificare le attività extra come un incremento delle situazioni e modalità di comunicazione tra i politici, che consentano un dialogo più diretto, per esempio attraverso delle tavole rotonde. Inoltre, come è avvenuto a Cancun, è fondamentale utilizzare i ministri per catalizzare la discussione e il negoziato su alcune specifiche questioni, le cosiddette crunch issues, in un modo che sia trasparente e inclusivo e che escluda sessioni parallele a livello tecnico.

Modifica delle regole procedurali
Infine, è necessaria una modifica del testo della Convenzione attraverso una procedura di emendamento della stessa che consenta in alcuni casi estremi la possibilità per le Parti di ricorrere al voto a maggioranza per l’adozione delle decisioni – comunemente approvate con il consenso di tutti i paesi. A Cancun, per la prima volta nella storia del negoziato UNFCCC, si è assistito all’adozione di una decisione della plenaria COP, la decisione conclusiva contenente l’accordo di Cancun, nonostante l’obiezione chiara, netta ed esplicita di una delle parti.
La presidente della COP16, il ministro degli esteri messicano, ha adottato la decisione con il consenso delle parti tranne quella che si era espressa in maniera negativa. Questo segna un precedente di notevole importanza e soprattutto un passo avanti per un sistema che per troppo tempo è rimasto ostaggio della regola del consenso e in alcuni casi di qualche isolata azione di bloccaggio più o meno politicizzata.

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