Il ruolo delle rinnovabili al 2050

Quali scenari per le rinnovabili a 40 anni di distanza? Milioni di punti di generazione distribuiti e grandi reti per il trasporto dell'energia dal Nord Europa e dal Nord Africa. In Italia, almeno il 40% dell'elettricità dalle tecnologie solari. Dall'editoriale di Gianni Silvestrini per la rivista QualEnergia.

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I Paesi industrializzati dovranno tagliare le emissioni dell’80% in quarant’anni. Per questo occorre muoversi con grande efficacia già in questo decennio. Il passaggio in Europa dalla riduzione prevista per il 2020 dal 20% al 30% renderà più agevole il calo successivo delle emissioni.


Centrale in questo scenario sarà il ruolo delle rinnovabili. Con sempre maggiore frequenza ci si interroga sulla possibilità che queste riescano a soddisfare larga parte della domanda energetica entro la metà del secolo. Un obbiettivo che sembrava eretico solo qualche anno fa ma che risulta praticabile nella produzione di elettricità e, seppure con qualche difficoltà, anche nel soddisfacimento delle esigenze termiche e del trasporto. Negli scorsi numeri della rivista abbiamo parlato dei diversi studi che riguardavano il comparto elettrico. A gennaio è uscito il rapporto “Future transport fuels” nel quale un gruppo di esperti incaricato dalla Commissione Europea ha valutato possibile lo sganciamento dagli idrocarburi al 2050 anche nel settore dei trasporti.

In Europa il 100% di copertura della domanda elettrica con le rinnovabili si articolerà nella creazione di milioni di punti di generazione distribuiti e nella realizzazione di una forte rete di interconnessione capace di trasferire energia dai parchi eolici off-shore dai mari del Nord e dalle centrali solari del Sahara. In termini di domanda si vedrà una forte riduzione dell’intensità elettrica accompagnata però da un aumento della domanda per nuove applicazioni nei trasporti e nell’edilizia. In prima approssimazione possiamo ipotizzare una richiesta al 2050 analoga all’attuale. In Italia parliamo di 330-350 TWh/anno.


Circa un terzo potranno essere coperti dagli impianti idroelettrici, eolici, geotermici e a biomassa. L’introduzione di soluzioni come l’eolico ad alta quota o la geotermia profonda potrebbero incrementare questo valore. Un quarto della richiesta potrebbe venire dalle importazioni di elettricità verde, prevalentemente dall’Africa. Il resto, circa il 40-45%, sarebbe generato dal Sole, prevalentemente con tecnologie fotovoltaiche. Parliamo di 140 TWh, con una superficie impegnata pari a un quadrato di 45 chilometri di lato, pari allo 0,7% dell’area del Paese, includendo la potenza aggiuntiva necessaria per i sistemi di accumulo. Oltre un terzo della superficie peraltro riguarderà l’edilizia.


L’area necessaria non è dunque certo un limite, considerando le ampie zone agricole del Paese abbandonate e marginali. Una produzione elettrica di questo tipo implica però una gestione della rete rivoluzionata rispetto all’attuale e la necessità di prevedere sistemi di accumulo in grado di superare l’intermittenza della produzione. Inizialmente si punterà sulle centinaia di laghetti collinari esistenti in particolare nel sud dell’Italia, in un secondo tempo si potranno utilizzare gli attuali bacini di pompaggio e poi soluzioni tecnologiche più avanzate, dall’aria compressa stoccata in caverne alla produzione di idrogeno.

Sul versante dei trasporti, le città vedranno una profonda modificazione con una progressiva tendenza a uniformarsi alle soluzioni del centro Europa, con un potenziamento del trasporto pubblico e dell’uso delle biciclette. Una quota crescente dei veicoli dei prossimi decenni sarà alimentata in maniera alternativa: energia elettrica, idrogeno, biocarburanti da alghe. La soluzione vincitrice emergerà in relazione alle evoluzioni tecnologiche dei prossimi 10-20 anni.

Sul versante degli usi termici va considerato che a partire dal 2021 tutti i nuovi edifici saranno a consumi fossili quasi “azzerati” in base alla direttiva europea e che una profonda riqualificazione dell’edilizia esistente, accompagnata da una diffusione su larga scala di impianti solari e a biomassa, porterà a una drastica riduzione dei consumi. La produzione di calore a media temperatura con concentratori solari potrà soddisfare parte del calore di processo industriale.


Infine, le decine di miliardi che si stanno investendo negli impianti eolici nei mari del Nord garantiscono il rafforzamento di questo asse strategico. Gli investimenti nel sud del Mediterraneo subiranno invece una battuta d’arresto in attesa che si stabilizzi il quadro politico (sperando che si estenda l’esempio tunisino ed egiziano).


tratto dall’editoriale della rivista QualEnergia, n.1/2011 (Il clima dopo Cancun)

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